Un giorno all’improvviso, la recensione

Prima opera del regista napoletano Ciro D’Emilio, fattosi notare prima di Venezia 75 con i due cortometraggi Piove e Massimo; probabilmente è perché si tratta di un esordio che ha deciso di non sbilanciarsi troppo, con Un giorno all’improvviso. Scelta sicuramente registica, visto che quando c’è da creare del dramma il regista napoletano dimostra notevoli capacità.

Aiutato da una fantastica Anna Foglietta, che veste i panni di una madre dei rioni napoletani più poveri, dove va avanti a droga e gioco d’azzardo. La sua fortuna è quella di avere un figlio (Giampiero de Concilio) che pensa molto a lei (il marito l’ha abbandonata subito dopo averla messa incinta), che negozia i pagamenti agli strozzini, ma che ha soprattutto un enorme talento: il calcio.

La trama perciò lascia uno spazio di manovra che il regista decide di non prendersi del tutto, forse sbagliando. Perché è vero che ci sono un paio di scene “forti”, ma la narrazione complessiva risulta così fluida che lo spettatore finisce per dimenticarsele.

Nonostante poi la trama non si possa considerare una vera e propria opera in tre atti (inizio, sviluppo, conclusione), dato che i personaggi non subiscono mai un cambiamento dagli accadimenti che li contornano, è possibile individuare tre fasi nel dramma. La prima è quella per cui veniamo catapultati nella folle routine di questi personaggi; la seconda è quella in cui ci siamo abituati e la vediamo protrarsi per gran parte del lungometraggio; la terza è quando quello che deve accadere accade, ma arriva all’improvviso e non sortisce effetto particolare, la suspense non è abbastanza alta.

D’Emilio è sicuramente bravo, ma avrebbe potuto andare ancora più a fondo nella questione, lasciandoci capire come i personaggi poi si adattano agli avvenimenti.

Oltre a questi aspetti, che fanno pensare a un regista che non osa abbastanza, si accompagna la scelta delle musiche. Presenti fino a un certo punto, in un mondo (quello della provincia, dei campi di calcio di ultima divisione) dove la componente territoriale è molto forte, più musiche napoletane avrebbero forse giovato all’identificazione.

Per spezzare una lancia a favore di Un giorno all’improvviso, però, c’è da dire che il prodotto complessivo ha della consapevolezza che gli permette di salvarsi, anche se narrativamente non aggiunge niente ai più classici film italiani. Forse per la fotografia (davvero ben curata), forse per la scelta di uscire dalla logica di “campo, contro campo”, forse per ambientazioni a cui non siamo abituati (il piccolo orto in cui madre e figlio lavorano assieme), ma Un giorno all’improvviso mostra un carattere internazionale.

In generale sembra che a tirare avanti è il rapporto che c’è tra i due personaggi principali, che ha il pregio di essere vero e molto intenso, ma che inevitabilmente finisce per esaurirsi dopo una settantina di minuti.

Il film ha poi il pregio di puntare le luci sul calcio – e lo sport in generale – visto come uno dei pochi mezzi capaci di salvare ragazzi e famiglie che hanno problemi nella vita di tutti i giorni. Giorni che passano e tu non te ne accorgi, fino a quando…

Roberto Zagarese

PRO CONTRO
  • Fotografia.
  • Regia.
  • Narrazione statica.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Un giorno all'improvviso, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

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