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Venezia78. Inu-Oh, la recensione
Il nuovo film del regista di animazione Masaaki Yuasa, dopo il successo su Netflix di Devilman Crybaby, è Inu-Oh, un film ambientato nel periodo Edo e che racconta con uno stile fiabesco e leggendario la storia di due grandi antichi musicisti realmente esistiti che hanno profondamente innovato il teatro Noh, per poi quasi scomparire dalla storia e dalla memoria.
Tomona è un giovane che perde la vista da bambino e diventa un suonatore di biwa. La sua storia è quella di un uomo in cerca del suo nome e della sua identità. Se infatti il padre si raccomanda con lui di continuare a farsi chiamare Tomona per poterlo trovare come spirito, una volta entrato nella compagnia del maestro Kakuichi deve però cambiare il suo nome in Tomoichi, per poi scegliere di mettersi in proprio con il nome Tomoari.
Charlie Says, la recensione
Qual è la storia dietro il “pluriomicida” più conosciuto nella storia moderna?
Questa domanda dice abbastanza della trama di Charlie Says, che ha accompagnato una tarda serata al Lido di Venezia in occasione della 75esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, in una delle due sale allestite a lato delle pareti dello storico Casinò. Quello che però non è specificato è che la regista Mary Harron (American Psycho) ha optato per adottare un punto di vista diverso rispetto a quello di Charles Manson; più precisamente, ha scelto di ruotare attorno a una delle tre ragazze che nel 1969 hanno compiuto congiuntamente a Manson due stragi a Los Angeles (in una di queste due perse la vita Sharon Tate, attrice e moglie del regista Roman Polanski).
Quel giorno d’estate, la recensione
David è un ragazzo di 24 anni che gestisce un condominio a Parigi e pota come volontario gli alberi della città. Sandrine è sua sorella, madre single della bimba di sette anni Amanda con cui David ha un legame fraterno.
Quel giorno d’estate (Amanda in originale) inizia così: un nucleo familiare scombinato e sempre di fretta che viene presentato con semplicità quasi frivola.
Ma il regista Mikhaël Hers (al suo terzo film dopo Memory Lane e This Summer Feeling), che ha presentato il lungometraggio nella sezione Orizzonti della 75esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, ha in mente tutt’altro.
Un giorno all’improvviso, la recensione
Prima opera del regista napoletano Ciro D’Emilio, fattosi notare prima di Venezia 75 con i due cortometraggi Piove e Massimo; probabilmente è perché si tratta di un esordio che ha deciso di non sbilanciarsi troppo, con Un giorno all’improvviso. Scelta sicuramente registica, visto che quando c’è da creare del dramma il regista napoletano dimostra notevoli capacità.
Venezia 75. Jinpa
La produzione è cinese, l’ambientazione tibetana. Parrebbe un paradosso, ma in quella parte del Mondo le cose vanno così e non c’è niente da fare.
“Se ti dico il mio sogno, potresti dimenticarlo. Se nel mio sogno faccio qualcosa, forse te lo ricorderai; ma se ti coinvolgo, diventa anche il tuo, di sogno.” Con questo proverbio tibetano inizia Jinpa.
Venezia 75. L’enKas – The Truk
Sarah Marx (già conosciuta per Fatum) è in concorso a Venezia 75 nella sezione Orizzonti , con L’EnKas un lavoro estremamente minimale sotto alcuni aspetti (registriamo l’assenza di una qualsivoglia colonna sonora, così come i profili psicologici che delineano i personaggi sono limitati il più possibile), per altri invece estremamente dettagliati. È il caso dei rapporti che intercorrono fra tre coppie di soggetti, la cui vicinanza è limitata a un forte legame parentale (madre depressa/figlio che dopo essere uscito dalla prigione si deve occupare di trovare, e finanziare, la terapia migliore), rapporti di semplice amicizia (i proprietari del furgone che verrà dato in uso al proprietario), rapporti di lavoro (quello tra il ragazzo e il contatto per spacciare Ketamina).
Brutti e Cattivi, la recensione
Presentato in concorso Orizzonti alla 74esima Mostra dell’Arte Cinematografica di Venezia, Brutti e cattivi, opera prima del regista italiano Cosimo Gomez, è un tripudio di eccessi senza filtri, ma di quelli che ci piacciono.
Papero (Claudio Santamaria) figlio di circensi e nato senza gambe (con un fratello siamese, Pollo, da cui è stato separato in tenera età), è sposato con la Ballerina (Sara Serraiocco) bellissima ragazza senza braccia ma con i piedini “magici” con cui fa tutto (ma proprio tutto…).
Deciso a dare una svolta alla sua vita, Papero organizza il colpo perfetto che gli frutterà un sacco di soldi e la possibilità di farsi (finalmente!) un bel paio di gambe nuove. Insieme all’amico Merda (Marco D’Amore), un rasta strafatto, e al nano rapper Plissé (Simoncino Martucci) riesce a rapinare la banca come da piani. Ad aspettarlo sulla strada del ritorno troverà però un’amara verità, che lo costringerà a una travagliata avventura per riacquistare il controllo della sua vita e soprattutto dei “suoi” soldi.
Il più grande sogno, la recensione
La Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia ha da sempre rappresentato anche un territorio per nuove proposte ed esordienti che, almeno nelle intenzioni, dovrebbero apportare una ventata di novità, idee fresche sia dal punto di vista narrativo che stilistico. Ma non sempre è così, purtroppo, e in alcuni casi il nuovo che avanza è ancora più vecchio di chi lo precedeva.
È questo il caso del giovane regista Michele Vannucci che con la sua opera prima, intitolata Il più grande sogno, propone un lavoro nel complesso mediocre, inconcludente e popolato da personaggi già visti e rivisti, protagonisti oltretutto di una storia debole e poco appassionante.
Liberami, la recensione
Da diversi anni a questa parte il cinema italiano sta vivendo un nuovo periodo d’oro grazie al documentario, un filone da sempre un po’ snobbato e di non facile fruizione per il pubblico medio, ma in grado di entrare in territori che il cinema di finzione non sarebbe in grado di approfondire più di quanto non abbia già fatto all’interno dei suoi confini narrativi. Un esempio lampante di ciò che stiamo dicendo è Liberami di Federica Di Giacomo, vincitore della sezione Orizzonti all’ultima Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia, che racconta un mondo tanto inquietante quanto interessante e ricco di contenuti sociologici come quello dell’esorcismo e il rapporto fra i fedeli e il demonio.
Venezia 73: Gukoroku – Traces of Sin
In questa edizione 2016 del Festival del Cinema di Venezia la parola esordio sembra far rima con delusione, almeno per quanto visto finora. A confermare tale andamento questa volta è il giovane regista giapponese Kei Ishikawa che con la sua opera prima Gukoroku – Traces of Sin, presentata all’interno della sezione Orizzonti, confeziona un thriller deludente, pretenzioso per larghi tratti e che mostra una conoscenza addirittura approssimativa del genere. Un film, insomma, che tra tanti sbadigli e momenti morti interminabili, scorre via a fatica e ha deluso non poco anche i fan più incalliti del cinema orientale.