Venezia 73: Gukoroku – Traces of Sin

In questa edizione 2016 del Festival del Cinema di Venezia la parola esordio sembra far rima con delusione, almeno per quanto visto finora. A confermare tale andamento questa volta è il giovane regista giapponese Kei Ishikawa che con la sua opera prima Gukoroku – Traces of Sin, presentata all’interno della sezione Orizzonti, confeziona un thriller deludente, pretenzioso per larghi tratti e che mostra una conoscenza addirittura approssimativa del genere. Un film, insomma, che tra tanti sbadigli e momenti morti interminabili, scorre via a fatica e ha deluso non poco anche i fan più incalliti del cinema orientale.

Il reporter investigativo Tanaka sta attraversando un periodo abbastanza complicato a causa dell’arresto di sua sorella Mitsuko. Deciso a darle una mano a tutti i costi, il protagonista torna ad indagare su un caso vecchio di un anno che riguarda il massacro di una famiglia all’apparenza tranquilla e impeccabile. Ma è solo apparenza, appunto. Quando Tanaka intervista tutti gli amici delle vittime, infatti, il ritratto che ne viene fuori di quest’ultime è completamene diverso da quello iniziale, così come la verità sul loro vero assassino.

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Proprio traendo spunto dal mestiere che svolge il protagonista, si può tranquillamente dire che il film non risponde in alcun modo alla famosa regola delle cinque “w”, che in cinema equivale a non dare nessuna coordinata e punto di riferimento allo spettatore riguardo la storia a cui assiste. La sceneggiatura, infatti, si presenta lacunosa e soprattutto carente nel fornire una motivazione ai gesti e al ruolo dei personaggi; basti pensare che la motivazione che spinge Tanaka ad indagare sul caso viene spiegata con colpevole ritardo e in modo superficiale. A tutto questo vanno aggiunti ritmi soporiferi e una disonestà di base del regista che non semina nessun indizio lungo il racconto per preparare lo spettatore al colpo di scena finale, anche piuttosto telefonato per la verità.

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Leggendo la recensione fino a questo punto, si direbbe che non c’è niente da salvare in questo lavoro di Ishikawa, ed invece qualche bagliore di luce c’è, ovvero un montaggio che nella parte centrale riesce quasi a rendere la storia interessante (prima di ricadere nel torpore generale) e i due protagonisti, Satoshi Tsumabuki  e Hikari Mistushima, che da soli riescono a reggere il peso di una storia insignificante.

Gukoroku – Traces of Sin, in conclusione, è vivamente sconsigliato, soprattutto agli amanti del genere dal palato fine.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Attori bravi.
  • Montaggio che rende quasi avvincente la parte centrale.
  • Sceneggiatura lacunosa.
  • Personaggi poco analizzati.
  • Storia di per sé poco interessante.
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Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Venezia 73: Gukoroku – Traces of Sin, 4.0 out of 10 based on 1 rating

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