Gli orsi non esistono, la recensione del film di Jafar Panhai

Jafar Panahi è uno dei più famosi registi iraniani, che per il contenuto dei suoi film si è spesso trovato in contrasto con l’autoritario governo iraniano, fino alla sentenza del 2010 che lo ha condannato a 6 anni di prigione e il divieto di girare o prendere parte a produzioni cinematografiche per 20 anni.

Al momento il regista Jafar Panahi è in prigione.

L’11 luglio 2022 è arrestato, mentre si era presentato alla procura per chiedere informazioni su un altro regista arrestato, trovandosi quindi a scontare quei 6 anni di condanna prescritti 12 anni fa.

Dal 2010 fino all’arresto di pochi mesi fa, Jafar Panahi ha continuato a fare film di nascosto. Nel 2015 ha diretto Taxi Teheran, vincitore dell’Orso d’Oro al festival del cinema di Berlino, un mix tra film e documentario dove il regista iraniano si finge l’autista di un taxi attraversando la città e riprendendo con una telecamera i suoi passeggeri.

Sette anni dopo, Gli orsi non esistono sembra essere in diretta continuità con Taxi Teheran: se prima infatti Panahi descriveva in questo modo il tumulto della città con il suo miscuglio di personaggi eterogenei, Gli orsi non esistono invece è ambientato in un villaggio al confine, dove Panahi si rifugia di nascosto in una casa affittata.

Da questo alloggio il regista iraniano dirige i suoi film in videochiamata con il resto del cast, in un film nel film di cui a un certo punto quasi si confondono i livelli narrativi, in uno stile metateatrale tipico anche del maestro di Jafar Panahi, Abbas Kiarostami.

In questo villaggio Panahi ha più libertà rispetto a Taxi Teheran, lo stile non è quindi quello di una camera nascosta ma semmai una camera documentaria, che osserva gli eventi con distacco, fotografando una realtà messa in posa attraverso la finzione.

Gli orsi non esistono non ha forse il ritmo coinvolgente e più vicino agli standard occidentali di Taxi Teheran, ma i due film assieme compongono un ritratto importante dell’Iran di oggi, oltre che completarsi in una testimonianza dell’eterno conflitto tra città e campagna, le differenze sociali, gli usi, le superstizioni contadine contro la modernità caotica.

Mentre risiede nel villaggio, Panahi scatta alcune foto e gli abitanti del villaggio vorrebbero controllarle per vedere se una di queste confermasse una relazione illegittima. Nel villaggio vi è infatti un’antica usanza di tagliare il cordone ombelicale di una neonata in nome ad un altro giovane del villaggio, in una promessa di matrimonio dalla nascita. Il regista si ritroverà quindi coinvolto in una situazione difficile, tra il rispetto per le usanze popolari del villaggio che lo sta ospitando e l’apparente assurdità della situazione.

Gli orsi non esistono è documentario attraverso la finzione cinematografica, raccontando l’altra faccia della realtà iraniana dopo quella di Taxi Teheran. Un film interessante, coraggioso e importante, che riesce anche con ironia a raccontare una realtà dura e che in alcuni momenti può sembrare senza speranza.

Mario Monopoli

PRO CONTRO
  • Continua il discorso di Taxi Teheran mettendo al centro la campagna al posto che la città.
  • Descrizione documentaria attraverso la finzione.
  • Nulla da segnalare.
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