Ai confini del Male, la recensione

In uno sperduto paese circondato da boschi, due ragazzi spariscono dopo aver partecipato ad una festa. Uno dei due è il figlio di Rio (Massimo Popolizio), capitano dei carabinieri e uomo rigoroso ed inflessibile. Ad indagare sulla sparizione dei due giovani c’è anche Meda (Edoardo Pesce), detto Cane Pazzo, giovane carabiniere con un passato traumatico alle spalle. Entrambi si trovano a fare i conti con la propria storia, imparando a far luce non solo su un mistero che si infittisce, ma anche su loro stessi. Nella cornice di un paese totalmente immerso dalla natura, chi è il vero animale? La ricerca del mostro si rivela una ricerca interiore e personale, fatta di flashback e realizzazioni improvvise.

Sfortunatamente, Ai confini del male non è un film riuscito. Non funziona come thriller, la costruzione del ritmo è zoppicante e fatica a catturare l’attenzione dello spettatore. Dall’equazione viene a mancare totalmente la suspence e il tentativo di creare un climax narrativo di tensione si sgretola fin da subito ed anche quelli che dovrebbero essere i colpi di scena risultano ampiamente prevedibili. Ai confini del male è un film piatto e pigro, nonostante avesse del materiale di partenza che, seppur non innovativo, poteva portare a qualcosa di interessante.

Il regista Vincenzo Alfieri cerca di sviluppare un discorso sull’ossessione ma lo relega ad un paio di frasi nella seconda metà del film e fatica a portare avanti questa linea narrativa a livello registico. Ed è un vero peccato perché la storia, liberamente tratta dal libro Il confine di Giorgio Glaviano si presterebbe ampiamente a questo tipo di discorso. I due protagonisti sono personaggi pieni di ombre e zone scure, tormentati e intrappolati da loro stessi. Sono allo stesso tempo simili e profondamente diversi, il loro è un rapporto codipendente e l’uno completa l’altro. Alfieri prende dal libro un personaggio unico dal quale ricava Meda e Rio, e questa si rivela una scelta intelligente, che aiuta a mantenere gli equilibri della storia.

Ma se Ai confini del male cerca di guardare alla costruzione dell’ossessione presente nei film di De Palma e strizza l’occhio a prodotti come Enemy e Prisoners di Denis Villeneuve, sicuramente fatica ad avere lo stesso impatto e la stessa potenza emotiva. Alfieri tenta anche di costruire un discorso sul complicato rapporto padre-figlio e cerca di analizzarlo guardandolo da punti diversi. Il film si chiede “cosa saresti disposto a fare in quanto padre?” ma lo fa in una maniera meno densa e accattivante di tanti altri thriller, come ad esempio Searching di Aneesh Chaganty.

Alla fine, il terzo film di Vincenzo Alfieri dopo la commedia I Peggiori e il crime Gli uomini d’oro si presenta come un prodotto appena abbozzato, con problemi di scrittura e buchi di trama, nonché amputato della parte emozionale. È un noir con poca anima e con poca voglia, che si adagia spesso e che con difficoltà mantiene vivo l’interesse dello spettatore.

Ai confini del male è disponibile in esclusiva su Sky Cinema e in streaming su Now a partire dal 1° novembre.

Agata Brazzorotto

PRO CONTRO
  • Edoardo Pesce e Massimo Popolizio hanno una buona alchimia e funzionano bene insieme.
  • Costruzione della tensione totalmente inesistente.
  • Problemi di scrittura dell’intreccio narrativo.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 4.5/10 (su un totale di 2 voti)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Ai confini del Male, la recensione, 4.5 out of 10 based on 2 ratings

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.