Antlers – Spirito insaziabile, la recensione

Ricordate la fiaba di Riccioli d’oro e i tre orsi? Nella versione di Robert Southey, la piccola protagonista riusciva a sfuggire all’ira dei tre orsi e imparava una lezione importante: mai appropriarsi delle cose che appartengono agli altri. È proprio da questa massima, a cui si fa diretto riferimento, che si sviluppa metaforicamente Antlers – Spirito insaziabile, horror sul folklore dei Nativi Americani diretto da Scott Cooper e prodotto da Guillermo del Toro e David S. Goyer.

Siamo in una tranquilla cittadina mineraria dell’Oregon, qui vive Julia Meadows, un’insegnante con un passato traumatico che in seguito ad alcuni difficoltà personali è andata ad abitare con suo fratello Paul, sceriffo del paese. Julia comincia a interessarsi alla vicenda di Lucas Weaver, gracile e introverso studente della sua classe che manifesta comportamenti sospetti e riporta strane cicatrici sul corpo. La vicenda personale di Lucas è anche la chiave di alcuni terrificanti omicidi che si stanno verificando nei boschi che circondano le miniere.

L’uomo ha sottratto alla Natura ogni suo bene, stravolgendola, violentandola e lasciandola in agonia così come l’uomo bianco ha sottratto ai Nativi d’America il territorio, la cultura, portando avanti con una logica di conquista ed espansione un vero e proprio genocidio. L’uomo bianco è Riccioli d’oro, ma nella versione più antica della fiaba, quella in cui i tre orsi non risparmiano la piccola usurpatrice, ma si vendicano in maniera cruenta. In Antlers – Spirito insaziabile il parallelismo tra la fiaba e la Storia degli Stati Uniti si tramuta in una terrificante vicenda di abusi famigliari in cui viene evocato il mito del wendigo.

Appartenente alla mitologia dei Nativi Americani Algonchini, la leggenda del wendigo racconta di uno spirito demoniaco che si impossessa del corpo degli esseri umani spingendoli al cannibalismo e tramutando il loro corpo fino a trasformarli in creature mostruose, dalla testa cerviforme irta di corna e aculei. Questa leggenda è legata alla grande fame che alcune tribù pativano nel periodo invernale, attenta ad ammonire gli umani dal praticare il cannibalismo, ma ha dato origine anche a molte storie dell’immaginario popolare a cui spesso hanno attinto il cinema e la tv. Se è ormai un classico l’episodio 19 della prima stagione di X-Files che racconta questa leggenda, al cinema il wendigo è stato protagonista del bellissimo film di Antonia Bird L’insaziabile (1999) ma anche del suggestivo Wendigo (2001) di Lerry Fessenden e, unito al mito del licantropo, nel terzo film della saga Ginger Snaps Licantropia (2004).

Ora il wendigo torna, più spaventoso e aggressivo che mai, in Antlers – Spirito insaziabile che lo sceneggiatore Nick Antosca, creatore delle serie Netflix Al nuovo gusto di ciliegia e Channel Zero, trae dal suo racconto The Quiet Boy, affidando la regia a Scott Cooper.

Cooper non è di certo un veterano dell’orrore, visto che il suo talento fino ad oggi è stato al servizio di storie cariche di dramma e umanità, come il bellissimo Crazy Heart con Jeff Bridges, l’intenso Il fuoco della vendetta con Christian Bale e il crime metropolitano Black Mass con Johnny Depp. Una prima volta con l’horror, dunque, supportata in produzione da un nome che l’horror invece lo mastica a dovere, Guillermo del Toro, dalla cui influenza infatti si può far risalire la sensibilità alla dimensione infantile e la derivazione fiabesca. Antlers, però, racchiude molto dello stile narrativo e dalle tematiche care a Cooper a cominciare dal contesto proletario da cui si sviluppa l’intera vicenda. L’ambientazione minerario/industriale, inoltre, ricorda molto da vicino quella de Il fuoco della vendetta, così come il tema della violenza alla cultura dei Nativi richiama alcuni snodi cruciali del suo western Hostiles. Il film risulta, così, un felice connubio tra le personalità di diversi autori che riescono a infondere nella storia le caratteristiche vincenti del loro modo di far cinema, in maniera coerente e anche originale.

Se il fulcro di Antlers è indubbiamente la tragedia famigliare che lega fatalmente il piccolo Lucas (Jeremy T. Thomas) alla protagonista interpretata da un’intensa Keri Russell, l’interesse dello spettatore è ovviamente catalizzato dall’aspetto orrorifico che ruota attorno al wendigo e alle creature che infestano gli anfratti del paese. Per certi aspetti la mente non può che andare al capolavoro di Neil Marshall The Descent, così come si presentano e si comportano coloro che vengono invasi dallo spirito del wendigo prima della mutazione completa, ma subentra anche una riuscita componente da body horror che segue proprio la fase di transizione da umano a wendigo, fino al momento della trasformazione, il cui la creatura si manifesta in tutto il suo macabro splendore.

Cooper riesce a dare al suo film una costruzione da thriller rurale ma di base realizza un creature-feature, un bel film di mostri vecchio stile, intriso di gore e di effetti tradizionali, che pesca dal folklore e dalla fiaba per approfondire tematiche delicate come l’abuso sui minori.

Il risultato è davvero soddisfacente, Antlers – Spirito insaziabile è un film oscuro, crudo e audace, ma anche profondo, empatico e intimistico, una vera sorpresa che non ci sorprenderebbe se potesse diventare un piccolo classico del genere horror.

Antlers – Spirito insaziabile sarà nei cinema italiani dal 28 ottobre distribuito da Searchlight/Disney.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Fonde brillantemente la profondità del dramma famigliare con l’intrattenimento del monster movie.
  • Il look del wendigo è davvero riuscito e spaventoso!
  • Keri Russell e il piccolo Jeremy T. Thomas sono molto bravi.
  • Se vogliamo trovare il pelo nell’uovo, la questione culturale dei nativi americani passa molto in secondo piano, nonostante anche la presenza di un personaggio di questa etnia.
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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Antlers - Spirito insaziabile, la recensione, 7.5 out of 10 based on 2 ratings

One Response to Antlers – Spirito insaziabile, la recensione

  1. Maverick ha detto:

    Per me invece è stato un’immensa delusione, altro che piccolo classico.

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