Black Widow, la recensione

Con l’uscita nei cinema di Avengers: Endgame nel 2019 tutti gli spettatori del Marvel Cinematic Universe hanno visto chiudere un’epopea cinematografica durata oltre dieci anni, la cosiddetta Saga dell’Infinito: da quel momento in poi, la canonica divisione progressiva in “fasi” che caratterizza l’MCU appare quasi superflua. Una Fase 4? E perché non una nuova Fase 1? In effetti, vedendo come si sta muovendo per il momento l’Universo Cinematografico Marvel, tra l’introduzione della narrativa seriale televisiva e stand-alone che fungono da midquel, quel senso di progressione narrativa un po’ manca.

Se non contiamo le tre serie per Disney+ già edite (WandaVision, The Falcon and the Winter Soldier, Loki) e il film-ponte Spider-Man: Far From Home che in piccole dosi ci mostrando il mondo post “blip”, il primo film Marvel Studios a inaugurare la famigerata e fin troppo rimandata Fase 4 è Black Widow, che paradossalmente è l’unico tra i prodotti citati a fare un passo indietro, riportandoci al 2016, per mostrarci le immediate conseguenze della Civil War dal punto di vista di Natasha Romanoff.

Un prologo ambientato negli anni ’90 ci mostra la spensierata quotidianità di Natasha e della sua sorellina Yelena in una fattoria nello Utah, il loro bel rapporto con i genitori Alexei e Melina che improvvisamente viene sconvolto da un evento apparentemente inspiegabile che porta tutta la famiglia a una rocambolesca fuga. Tutti loro erano spie russe sotto copertura negli Stati Uniti e nessuno di loro, nella realtà, è figlia, moglie, marito, madre o padre e le bambine fanno parte di un programma di arruolamento e addestramento di future spie/combattenti chiamato Black Widow e gestito dal misterioso Dreykov.

Salto temporale in avanti. Natasha è adulta, ha abbandonato l’agenzia spionistica in cui si è formata e fa parte degli Avengers, anzi, all’indomani degli Accordi di Sokovia e del suo “no” al sottostare alle regole delle Nazioni Unite, Natasha è una ricercata in fuga. Giunta nel suo nuovo nascondiglio tra i ghiacci del Nord Europa, Natasha riceve però un pacco da sua “sorella” Yelena che non vede da moltissimi anni. Il contenuto di quel pacco porterà le due donne a riunirsi e a combattere contro lo stesso sistema che le ha trasformate nelle più letali assassine del pianeta.

Creata nel 1964 da Stan Lee, Don Rico e Don Heck (ai disegni), Black Widow doveva inizialmente incarnare il subdolo avversario sovietico degli USA nel periodo della Guerra Fredda, caratteristica che si è andata in parte a perdere al cinema visto lo spostamento temporale in avanti dei fatti. Introdotta, infatti, nel 2010 in Iron Man 2, Natasha Romanoff ha tenuto per qualche film l’ambiguità originaria del personaggio e le sue esplicite qualità seduttive, spostando poi l’attenzione sulla sua risolutezza, pragmaticità, sulle doti da leader e sullo spirito di sacrificio che ne hanno dettato il destino in Avengers: Endgame. In questo stand-alone tutte queste caratteristiche dell’evoluzione di Natasha rimangono intatte e si vanno ad aggiungere a ulteriori inedite sfaccettature che contribuiscono a rendere Black Window un personaggio molto più complesso e accattivante di quanto possa essere potuto emergere nei film corali che fino a questo momento l’avevano vista in azione.

Innanzitutto, la sceneggiatura di Eric Pearson (Thor: Ragnarok; Godzilla vs Kong) ci tiene fin dal prologo a delineare l’importanza che per Natasha ha la famiglia, intesa non tanto come legame di sangue ma gruppo fortemente unito e collaborativo. Che sia un nucleo famigliare di facciata creato da KGB o gli stessi Avengers, per la nostra Vedova nera questa unione ha un’importanza basilare non solo per la riuscita delle missioni, ma anche per colmare quel vuoto che, per forza di cose, ha sempre fatto parte della sua vita. Per questo motivo, la riunione con la sorellastra Yelena è un’occasione di vivere un’avventura ma anche di rivedere quella bambina (ora cresciuta) con la quale ha condiviso alcuni momenti di gioia pura e sincera.

Allo stesso tempo, Black Widow è un’allegoria della prostituzione: l’odine delle vedove nere, il training a cui le assassine sono costrette, la loro fedeltà a Dreykov descrivono – neanche troppo metaforicamente – la tratta delle donne, lo sfruttamento delle loro “abilità”, l’assoluta accondiscendenza che viene loro chiesta. In quest’ottica, la battaglia ideologica e personale che Natasha conduce è anche un riscatto morale e fisico per anni di soprusi e sfruttamento, un gesto di liberazione per tutte quelle donne che sono ancora vittime di uomini meschini, viscidi, violenti e sfruttatori. Ma tutto ciò accade sottotesto, è una chiave di lettura, evitando quella retorica spesso ingombrante che negli ultimi anni viene previlegiata da una parte consistente delle produzioni mainstream.

La lettura che si può fare di Black Widow inquadra immediatamente questo primo film della Fase 4 come uno degli esempi più adulti all’interno dell’MCU, confermato da una violenza grafica abbastanza accentuata. Anche se poi non mancano momenti di leggerezza con quel tono comedy tipici di tutta la produzione Marvel Studios, qui rappresentati per lo più dal personaggio di Alexei Shostakov/Red Guardian, interpretato da un magnifico David Harbour (Stranger Things, Hellboy), una versione comunista e sovrappeso di Captain America.

Pur mostrandosi nettamente differente dalle produzioni Marvel Studios esistenti, per certi versi Black Widow si avvicina a Captain America: The Winter Soldier ma con una spiccata propensione all’azione. E proprio il poderoso contributo action che questo film vanta ne fa il capitolo dell’MCU con le migliori e più complesse scene d’azione. A questo proposito la scelta della misconosciuta Cate Shortland, regista australiana del thriller Berlin Syndrome, è stata assolutamente vincente grazie a un talento straordinario nel gestire scene di una complessità coreografica incredibile, passando dal minimalismo del corpo a corpo tra Natasha e Taskmaster nel loro primo incontro sul ponte, alla spettacolarità della sequenza dell’evasione dal carcere o della lunga sequenza aerea finale, passando per l’adrenalinico inseguimento auto/moto/auto per le strade di Budapest.

Black Widow vanta anche un cast particolarmente felice perché se Scarlett Johansson è una conferma e per questo suo ultimo film nei panni di Natasha Romanoff ha finalmente avuto la rivincita che il suo personaggio meritava, del carisma di David Harbour abbiamo già detto, nel film c’è anche un’efficacissima Rachel Weisz nella parte di Melina, la madre adottiva di Natasha, ma soprattutto c’è una magnifica Florence Pugh nei panni di Yelena, personaggio su cui chiaramente tutta la produzione ha puntato moltissimo. I puristi dei fumetti Marvel potrebbero storcere il naso su Taskmaster e su come è stata gestita la sua genesi, ma i film di Marvel Studios ci hanno ormai insegnato che il fumetto è solo un’ispirazione e loro sono liberissimi di tradirlo.

Il primo film della Fase 4 da una parte ci riporta nell’accomodante luogo sicuro che è l’universo CINEMATOGRAFICO Marvel, ben più ricco e gustoso delle recenti prove televisive, ma allo stesso tempo disorienta perché non va avanti ma torna indietro e lo fa con toni ben più adulti di quanto ricordassimo. Attese verità saranno svelate, immancabili colpi di scena faranno capolino e tanto tanto sano divertimento andrà a caratterizzare Black Widow. Insomma, benvenuta Fase 4!

Black Widow

Ah, sembra ormai superfluo ricordarlo, ma non alzatevi fino alla fine dei titoli di coda c’è una (una sola) scena bonus post-credits molto importante per il futuro dell’MCU.

Black Widow sarà nei cinema dal 7 luglio e dal 9 luglio sarà disponibile anche su Disney+ con accesso VIP (quindi con un costo aggiuntivo sull’abbonamento di base).

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Scene d’azione spettacolari e gestite magnificamente.
  • Cast affiatato e ben assortito, con menzione particolare a Florence Pugh.
  • È un film diverso a quello che fino ad ora ci ha offerto Marvel Studios, più adulto.
  • Se vogliamo, quell’ironia immancabile in ogni film dell’MCU qui stona più che in altri.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Black Widow, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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