Eva, la recensione

Quello di Benoit Jacquot, regista di Lintouchable, con Isabelle Huppert è un film che non splende né è sporco.

La trama di Eva è in parte già vista: lui non è nessuno, fa la fame lavorando come assistente a un anziano con il vezzo della scrittura. Quest’ultimo muore all’improvviso dopo aver scritto una pièce teatrale molto buona, che il ragazzo appena trentenne ruba e commercializza a suo nome. Da qui un gran successo, che gli cambia la vita sia professionale che personale: conosce, infatti, una donna figlia di un chirurgo che inizia a lavorare con lui, diventando presto la sua fidanzata. Tutto bene insomma, se non per il fatto che tutti si aspettano dal ragazzo una seconda opera, almeno all’altezza della prima. A chiudere il quadro, la conoscenza da parte del ragazzo di Eva (Isabelle Huppert), escort dal cuore di pietra e un marito in prigione.

Innanzitutto, bisogna dire che non ci sono i presupposti per chiamare Eva “film thriller”. Per trama e sviluppo il lavoro può essere considerato drammatico, più che altro. La trama si sviluppa secondo un filo logico ben preciso e invece che sorprendere lo spettatore con colpi di scena, risulta al contrario abbastanza prevedibile. Un colpo di reni lo si ha nel finale, quando un paio di svolgimenti sono stati lasciati a loro stessi, e le vicende subiscono un’accelerazione in direzione nowhere.

A tal proposito sono d’esempio le due scene finali, che il regista si sarebbe potuto tranquillamente risparmiare, e che ricalcano la morale più volte definita. Ragionando sul senso delle ultime due scene, appunto, queste funzionerebbero se il comportamento di Eva fosse mai stato contraddittorio, cosa che non avviene nemmeno per un secondo. Ecco che continuando a usare la logica, si preferirebbe non vedere violenza fisica e sentire solo quella psicologica, ma il film ne è carente già da subito, quando ci si propone di scavare nell’intimo dei personaggi.

Alla pellicola, tuttavia, non manca il ritmo, tutto scorre alla giusta velocità ma chi guarda chiede di più. Chiede di più dal punto di vista musicale, ad esempio: con più suono le ricerche interiori e gli effetti di alcune azioni sulla scena avrebbero avuto il risalto che meritano. Perché, attenzione, il film non è banale come potrebbe essere La ragazza del treno, che comunque un po’ gli somiglia in ritmo e narrazione. Non è banale e ha comunque un suo tentativo di fidelizzare chi siede sulla poltrona. Ma il tentativo non dà neanche il risultato che si voleva. Il motivo è un po’ la qualità della recitazione (tenuta in piedi dalla Huppert), un po’ come le scene sono state scritte. Un esempio? Avete mai visto una coppia che non si scambia mai un bacio, nemmeno quando sono sotto le coperte e stanno facendo pace? O meglio, che quel bacio se lo dà proprio nel momento dopo che lei si scopre essere corteggiata da un collega? Tutte queste messe in scena creano confusione in chi guarda, e spesso un’azione vanifica l’effetto iniziale di quella precedente.

Altro neo sono alcuni personaggi, di cui si inizia a vedere l’intimo proprio nel momento in cui devono fare spazio ad altri. E qui l’effetto è doppiamente sconsolante, se si considera il fatto che ci sono un paio di citazioni teatrali all’inizio, dopo cui ci si aspetterebbe anche qui un altro approfondimento (lo studio dello spazio, di come gli uomini si relazionano con lo stesso ecc ecc.).

Stiamo parlando dunque di un film che il suo lo fa, con un ritmo incalzante e che comunque non ci porta mai a pensare di abbandonare la sala, ma che allo stesso tempo rimane come una delle prime pasta asciutte che potrebbe cucinarsi uno studente fuori sede: o indietro con la cottura, oppure priva di sale. Perché, non dimentichiamo, che il tema di fondo è la “Passione”, la passione che fa pensare a una coppia non tanto stabile di sposarsi, la passione che ha una donna capace di fare sesso con tre uomini diversi la stessa mattina, e che ha ancora la forza di sedurne un quarto. Una passione che va via via scemando con il passare dei minuti, lasciando un piatto vuoto a tavola imbandita con i commensali che aspettano pazientemente l’arrivo di camerieri che hanno ammanettato al forno il cuoco e che preferiscono tenere per sé portate squisite. Perché è questo che rimane, quando davanti abbiamo solo un piatto e i condimenti fissi dentro i loro involucri.

Roberto Zagarese

PRO CONTRO
  • Recitazione di Isabelle Huppert.
  • Location.
  • Ritmo.
  • Recitazione generale.
  • Assenza di musica.
  • Storytelling superficiale.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Eva, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

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