Il noir secondo Stephen King: The Outsider

Il materiale di base di tutta l’opera kinghiana si presta perfettamente ad un racconto di ampio respiro, come può essere una miniserie TV, piuttosto che ad un unico arco narrativo di due ore. Questo perché oltre ad essere la mole del romanzo spesso una “mattonata” (raramente meno delle cinquecento pagine) sono i punti di vista molteplici, lo sciorinamento quasi maniacale dell’interiorità dei personaggi, l’analisi dei loro demoni personali ed affettivi a plasmare una narrazione così complessa da rendere quasi impossibile una riduzione non tanto fedele (il cinema e la letteratura sono due linguaggi differenti), ma almeno ricca quanto la controparte cartacea.

Quando si cerca di restringere il tutto a bignami o compendi dell’opera originale, ecco che si hanno pastrocchi indifendibili come IT capitolo 2, trasformando il tutto in un luna park dello jumpscare che poco ha a che fare con il cinema.

HBO e Richard Price (lo showrunner) hanno ben chiare queste dinamiche che hanno reso Stephen King lo scrittore più venduto al mondo, e ne fanno tesoro confezionando uno dei migliori adattamenti mai tratti dall’autore originario del Maine.

The Outsider

In una piccola cittadina della provincia americana, viene ritrovato in un bosco il corpo profanato e parzialmente divorato di un bambino. Ad occuparsi del caso viene chiamato il detective Ralph Anderson (Ben Medelsohn), che ha un passato di depressione per via della morte del figlio avvenuta pochi anni prima.

Tutte le prove video, le testimonianze oculari e i riscontri forensi (DNA, impronte digitali) indicano come colpevole Terry Maitland (Jason Bateman): quest’ultimo si dichiara completamente estraneo ai fatti, ed emergono altri filmati video che nell’ora del delitto lo posizionano in una conferenza culturale in un’altra città. Per far luce su questo inestricabile mistero viene consultata la detective Holly Gibney (Cynthia Erivo), donna con un principio di autismo ma dalle doti deduttive e mnemoniche straordinarie.

 The Outsider

La cosa che immediatamente salta all’occhio è l’approccio noir che ha la miniserie, dove l’orrore ed il soprannaturale sono presenti in minima parte. Il male che uccide come un virus questi bambini in modo ciclico, nutrendosi della loro carne, non può non far tornare alla mente il malefico IT, ma senza esplosioni sovrannaturali invasive. Siamo più dalle parti della prima stagione di True Detective, con un andamento ondivago delle indagini, con dialoghi filosofici e profondi ripresi in interni d’auto oppure con totali fissi più che con l’uso canonico del campo e controcampo.

C’è la volontà innanzitutto di creare prima dei personaggi a cui ci si affeziona, poi si pensa a sviluppare l’inquietante intreccio poliziesco/horror.

E questo è possibile solo con un minutaggio da serie TV, che rende realizzabile l’amplificazione dell’umanità fragile dei protagonisti.

 The Outsider

Ma chi è l’outsider del titolo? In primo luogo è questo uomo nero, the boogeyman, El cuco, It ecc… viene chiamato in molti modi durante le dieci puntate che compongono la serie: il suo aspetto è umanoide e tende ad assumere le fattezze di una persona che ha ferito. Usa il suo sangue per creare un doppione, di modo che una volta compiuto il crimine la colpa ricada sulla sua controparte umana. Può schiavizzare esseri umani con il dolore causato da una piaga sul collo, che fanno tutto il lavoro sporco per lui (come procacciargli cibo ausiliario): in questo è palese il richiamo alla figura di Dracula, che si serviva di Renfield come spia tra gli esseri umani.

The Outsider

Gran parte del dilemma che affligge i protagonisti che cercano di sconfiggere questa creatura è proprio la capacità di credere alla sua esistenza, di credere ad un qualcosa che il loro raziocinio da poliziotti rifiuta per principio. E finché non si riesce a credere a qualcosa, non lo si può affrontare e tanto meno sconfiggere.

Solo la detective Gibney, l’altra outsider della storia, può insegnare agli altri membri della squadra investigativa ad accettare la creatura, perché non tutte le cose che esistono nel mondo posso essere spiegate con raziocinio e pragmaticità.

E lei lo sa benissimo, trattata fin da piccola da estranea solo perché dotata di facoltà superiori rispetto ad un comune essere umano: lei è il Van Helsing che crede al vampiro, e che traccia la via agli increduli che porterà all’annientamento del mostro.

 

The Outsider è una miniserie che si prende i suoi tempi, dilatati in maniera funzionale alla storia e che può deludere solo chi si aspetta un ritmo frenetico e indiavolato. No, qui si parla di persone normali che cercano di dare un senso a qualcosa che non concepiscono: ci vuole tempo e tanto per credere nel (presunto) impossibile.

Da vedere assolutamente, uno dei migliori prodotti seriali dell’anno.

Stefano Tibaldi

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