Imaginary, la recensione

Negli ultimi dieci anni, il cinema horror ha intensificato la produzione di film che raccontano di orrori infantili, ovvero quelle minacce soprannaturali che cercano nell’innocenza e nell’ingenuità dei bambini una facile porta d’accesso alla dimensione terrena. Nello specifico, da Babadook in poi, sembrano proliferare soprattutto quelle storie che raccontano di terrificanti amici immaginari che minano la stabilità mentale dei bambini spingendoli a fare e farsi del male. Uniamo a questo mini-filone anche il recente successo – di cui si è fatta artefice Blumhouse – di quegli horror che raccontano il mondo dei bambini spesso puntando a un target di età più giovane, come è accaduto con gli imprevisti campioni del box-office M3GAN e Five Nights at Freddy’s. Avremo così il piatto servito per un altro fiero esponente dell’horror PG-13 che punta alto al botteghino americano, Imaginary, sempre targato Blumhouse e rigorosamente focalizzato sull’esplorare le paure più recondite del mondo infantile.

Jessica torna nella sua vecchia casa di famiglia, ormai abbandonata da anni dopo il ricovero di suo padre, per ristrutturarla e abitarla insieme alla famiglia di suo marito. Nello scantinato dell’abitazione, la piccola Alice trova un vecchio orsacchiotto di peluche che battezza Teddy e che promuove subito a suo migliore amico. Con il passare dei giorni, Jessica nota che Alice ha instaurato un vero e proprio legame con Teddy mostrando di aver trovato in lui un amico immaginario. Quando la donna sorprende però la bambina a farsi del male per soddisfare le richieste di Teddy, inizia a preoccuparsi e contatta un’esperta. Quel che emerge dalla seduta è tanto inquietante da riportare alla mente di Jessica il suo traumatico passato: forse Teddy non è immaginario come pensava ed è ben più pericoloso di quello che potrebbero aspettarsi!

L’idea alla base di Imaginary non è di certo una novità, anzi, di film horror incentrati su un malefico amico immaginario ne abbiamo davvero a bizzeffe e il film scritto e diretto da Jeff Wadlow non fa proprio nulla per distinguersi dalla massa. Buona parte della narrazione di Imaginary si rifà in maniera abbastanza sospetta- – colpi di scena compresi – a Z vuole giocare, horror del 2019 diretto da Brandon Christensen, a cui aggiungiamo il feticcio di peluche che richiama il coniglietto assassino dell’horror demenziale Benny Loves You oltre che un chiarissimo punto di riferimento in Annabelle.

Ma Imaginary dà il meglio di sé nel terzo atto che oltre ad essere quello più accattivante per ritmo e forza orrorifica è anche un compendio esagerato di richiami ad altri film di genere. Fermo restando che è quasi una versione horror di Monsters & Co. (non a caso il vero aspetto di Teddy richiama quello del mostro blu Sully del cartoon Pixar), ci sono “citazioni” più o meno evidenti a Insidious, The Conjuring – Il caso Enfield, Ninghtmare – Nuovo incubo, Coraline e la porta magica, Ork, Phenomena… e sono sicuro che ne sto dimenticando qualcuno! Insomma, Wadlow ha tra le mani un soggetto poco originale e invece che cercare un modo personale per raccontarlo lo riempie di momenti ed escamotage che abbiamo visto in dozzine di altri film.

Teddy l’orsetto ha quella carica inquietante dettata dal suo essere inerme, un giocattolo appunto, caratterizzato da piccoli movimenti, quasi impercettibili, alcuni fuori campo, che ci fanno capire la sua vera natura. In alcuni momenti funziona l’ambiguità del suo essere, come quando spuntano le sue orecchie ai piedi del letto, oppure parla fuori campo attraverso la voce della piccola Alice e funziona anche il suo aspetto mostruoso, che si rivela nell’ultimo atto del film. Il problema, invece, sta tutto nella tecnica adottata da Jeff Wadlow, che non è affatto un fine narratore di paure, basti vedere i suoi precedenti disastrosi Nickname: Enigmista, Obbligo o verità e Fantasy Island.

Il regista di Kick-Ass 2 punta sull’atmosfera ma non sa gestirla così Imaginary, per tre quarti del suo tempo, oscilla tra il noioso/ripetitivo e il ridicolo involontario. Approfondire l’aspetto psicologico della vicenda, in questo tipo di film, è sicuramente un bene – basti vedere, appunto, Z vuole giocare, Babadook, Nascosto nel buio o Come Play – ma in un film che non possiede quell’ambiguità di fondo e palesemente tenta di creare una sorta di nuovo boogeyman è controproducente “perder tempo” dietro dinamiche introspettive e ragioni legate a traumi del passato quando poi la storia cerca uno sbocco in dimensioni parallele da incubo e mostri bavosi. Mostri che, tra l’altro, risultano bellissimi! Realizzati con effetti old style, animatronic e protesi, dall’aspetto affascinante e vintage e sui quali – a questo punto – sarebbe stato meglio puntare di più.

Anche nella costruzione dei personaggi non tutto fila liscio perché ok la protagonista standard interpretata dalla brava DeWanda Wise (Jurassic World – Il dominio), essenziale la piccola Alice che ha l’aspetto della bravissima Pyper Braun, ma l’anziana vicina di casa interpretata da Betty Buckley quanto è gestita male? Un personaggio inserito solamente per fornire lo “spiegone” allo spettatore nel momento giusto. Abbastanza banale il personaggio di Taegen Burns nel suo essere la solita adolescente ribelle che si ravvede, e inconsistente il giovane padre interpretato da Max Payne visto che per oltre metà del film non è in scena.

Insomma, Imaginary è senz’altro un’occasione sprecata, un film che sulla carta è il “solito film” e che non fa proprio nulla per dimostrare il contrario fino all’adrenalinico finale. Allora, perché non dare a tutta l’opera l’identità che assume nell’ultimo atto? Perché non puntare immediatamente alla baracconata? Almeno avrebbe fornito un motivo per essere ricordato, grazie a un sapore cheap e per i mostri animatronici che così rimangono, purtroppo, in scena troppo poco rischiando di non lasciare il segno.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il terzo atto del film è tanto assurdo quando divertente.
  • Gli effetti speciali e il look delle creature.
  • È troppo derivativo.
  • Più della metà del film gira a vuoto e risulta ripetitiva.
  • Personaggi di contorno scritti male o banali.
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Valutazione: 5.5/10 (su un totale di 2 voti)
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