Incompresa, la recensione

Asia Argento è un “personaggio” singolare, tanto eccessivo quanto vicino alla forma più pura di cinema, sintesi dell’artista che non sa (o non può) trovare una sua dimensione personale e autore con una cifra stilistica ormai rodata. Asia Argento vive di contraddizioni, lo ha dimostrato come attrice, come persona e come regista e Incompresa è forse la sublimazione di questa schizofrenia professionale, un’opera che ti fa costantemente chiedere: ma ci è o ci fa?

Presentato nella sezione “Un certain regard” dell’ultimo Festival di Cannes, Incompresa racconta la vita di Aria, una bambina di 9 anni che vive nella Roma degli anni ’80, in una famiglia di artisti alquanto disfunzionale. Suo padre è un celebre attore e sua madre una musicista francese attenta a cornificare il marito a qualsiasi occasione, poi ci sono due sorelle, la mite Donatina e la dispettosa cocca di papà Lucrezia. Quando, in seguito all’ennesima lite, Mamma e Papà si separano, Aria si trova ad essere scarrozzata da un genitore all’altro, con la conseguenza che la sua voglia di attirare l’attenzione si avvicina pericolosamente a un processo di autodistruzione.

Aria viene ripresa dal superstizioso padre attore

Aria viene ripresa dal superstizioso padre attore

Incompresa è un rebus, un film composto da talmente tanti elementi e capace di cambiare tono e stile così tante volte da rispecchiare in toto quella schizofrenia artistica che si attribuiva alla regista Asia Argento. Forse tutto ciò è un bene, perché, nel suo essere film diversamente d’autore, Incompresa guadagna una singolarità che lo rende ben ancorato alla memoria dello spettatore. È tutto costantemente sopra le righe, dalle situazioni rappresentate alla recitazione degli attori, tanto che non si riesce mai a capire realmente se il tono genuinamente trash che il film possiede sia voluto o risultato della situazione sfuggita al controllo. Eppure tutto ciò fa guadagnare a Incompresa un fascino particolare, un alone da “so bad it’s so good” che lo rende un’opera dannatamente divertente e forse anche divertita.

Vedere recitare malissimo (come da consuetudine) Gabriel Garko, che qui interpreta il padre della protagonista, e poi assistere a litigi in cui sua moglie lo accusa di essere un attore cane, ha quel sapore di auto-presa per i fondelli che farà sghignazzare di gusto gli spettatori. Ma c’è tanta roba in Incompresa che tocca le corde dell’affetto e della simpatia, dalla quasi surreale odissea di Aria, che viene cacciata di casa continuamente dai suoi genitori e finisce a familiarizzare e vivere per strada con drogati e prostitute, al rapporto neanche troppo velatamente incestuoso tra il papà e la burrosa figlia maggiore simil-Barbie. Ma anche la “fauna” di fidanzati che mamma porta a casa sono talmente incredibili da risultare praticamente delle macchiette, dal viscido riccastro interpretato da un Giammarco Tognazzi simpaticamente sopra le righe, al musicista punk che scarabocchia i muri di casa e distrugge la mobilia.

Alla sua terza opera da regista, dopo Scarlet Diva e Ingannevole è il cuore più di ogni cosa, Asia Argento decide di calcare la mano più che in precedenza sulla dimensione biografica del racconto. Aria è Asia, c’è poco da dire. E non è solo per l’assonanza di nomi, ma anche perché le due condividono l’infanzia nello stesso periodo storico e nella stessa città, l’esser cresciuta in una famiglia di artisti e – scommettiamo – la stessa voglia un po’ autodistruttiva di attirare l’attenzione su di se. Ma se non si fosse capito da tutto questo, Asia Argento da la parte della genitrice alla musa di Lars Von Trier Charlotte Gainsbourg e la concia come Daria Nicolodi, la sua vera madre, in maniera così palese che in alcuni momenti sembra di rivedere sullo schermo l’attrice di Profondo Rosso e Tenebre in azione.

Charlotte Gainsbourg è la madre della protagonista

Charlotte Gainsbourg è la madre della protagonista

Nel mezzo di trovate bizzarre, che comprendono anche una scena in stop-motion con bambole che si accoppiano selvaggiamente, ironia voluta o meno, c’è spazio anche per una bella concessione narrativa che va contro tendenza nel classico processo formativo adolescenziale. Solitamente, quando un bambino o un adolescente è protagonista di un racconto, si tende a fargli percorrere una strada che sia una chiara metafora della sua formazione, del suo ingresso nell’età adulta. In Incompresa questo non accade, anzi è accuratamente evitato. Gli adulti che circondano Aria sono dei pessimi esempi, nessuno escluso, e di conseguenza anche la bambina carpisce il peggio dell’essere adulti fino a un processo di involuzione che la porta ad essere cattiva con se stessa e con gli altri.

La piccola Giulia Salerno nel ruolo della protagonista è bravissima, il film è visivamente molto curato, con una bella fotografia vintage e una selezione di musiche che ben contestualizza l’epoca pur non risultando mai facile o nostalgica.

Incompresa è un film coraggioso e anomalo, ma allo stesso tempo è maldestro e grezzo nel voler essere autoriale senza mai riuscirci. Merita assolutamente una visione ma è un oggetto che non si sa con che metro giudicare: probabilmente diventerà irrinunciabile motivo di sberleffo da parte di certa critica, ma si presta anche a diventare un cult per una cerchia di pubblico che preferisce il cinema alternativo ma non sperimentale.

Chi vivrà, vedrà.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Cast scult ma azzeccato, anche se c’è da dire che Giulia Salerno è davvero brava.
  • Visivamente curato.
  • Belle musiche.
  • Coraggioso e anomalo.
  • Non si capisce se l’ironia sia voluta o meno.
  • In alcune occasioni si degenera, finendo nel trash.
  • Portarlo a Cannes, nella selezione ufficiale Un certain regard, sembra quasi una presa per i fondelli.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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