Lockdown all’italiana, la recensione

L’instant movie non è di certo una novità al cinema, ne in Italia ne nel resto del mondo. Anche se al giorno d’oggi sembra essere più vicino alla logica della tv (o delle piattaforme vod) che della sala, cavalcare l’onda di un fatto di strettissima attualità (cronaca, politica o costume) e costruirci attorno un film è una pratica sedimentata nella settima arte e, soprattutto negli anni ’70, ha dato vita a una quantità di film che forse oggi in molti non ricordano neanche, o magari non legano alla contemporaneità tra accadimento e opera di fiction. Questo è ben chiaro a leggere le immotivate critiche che si è tirato addosso Lockdown all’italiana, la nuova commedia della ditta Vanzina, che rappresenta anche l’esordio alla regia di Enrico, sbeffeggiata (anche violentemente attaccata) sui social nel momento dell’annuncio della sua esistenza.

Il motivo? Non si scherza con una cosa seria come il covid-19! Peccato che buona parte dei tuttologi dei social network non hanno (e non avranno) una reale conoscenza di quello che è l’argomento del momento e allora è più facile indignarsi che capire, “studiare”, guardare con occhio proprio, magari aspettare e riflettere un attimo. Infatti, Lockdown all’Italiana non scherza affatto con il coronavirus, anzi, non pretende neanche di toccare l’argomento, semmai utilizza l’espediente del lockdown (che dal 9 marzo al 18 maggio 2020 ha colpito tutta l’Italia) per mettere in scena una storia di convivenza forzata di due coppie appena scoppiate. Ma, appunto, si tratta di un innesco e non c’è nessuna pretesa di scherzare, ne di far satira sociale sui tragici avvenimenti che hanno e stanno funestando il 2020.

Lockdown all'italiana

Fatta questa doverosa premessa, ci troviamo a parlare di un film che si inserisce perfettamente nel panorama tricolore del genere commedia, mettendo alla berlina vizi (tanti) e virtù (poche) dell’italiano medio e correndo su quel filo di rasoio che si prodiga nell’illustrare il fenotipo del “mostro”. Si, perché il tassista Walter e la sua poco fedele compagna, così come l’ereditiera Mirella e il marito avvocato azzeccagarbugli, sono la naturale trasposizione al 2020 dei tanti prototipi, ormai archetipi, che hanno popolato la commedia all’italiana fin dai gloriosi anni ’50, poi estremizzati sagacemente dall’episodico I Mostri (1963) di Dino Risi. Lockdown all’italiana parla proprio di questi personaggi bordeline ma realisticamente inseriti nella società di tutti i giorni, omuncoli e donnine che provano sempre e comunque a fregare il prossimo, che sia il/la coniuge o un estraneo, mossi da gelosia, vendetta, cattiveria, a tratti buona fede, ma sempre con deflagranti effetti sociali distruttivi.

Quella messa in scena da Vanzina è si la classica pochade che ha animato tante storie più o meno riuscite del nostro cinema popolare, ma non vuole dire “in fondo in fondo siamo delle gran belle persone”, non è edificante, è un film cattivello, con personaggi meschini fino all’ultimo e per questo richiama così fortemente alla mente certi esempi del passato che oggi giustamente ricordiamo come capolavori della commedia. Non è un caso se Enrico Vanzina, mosso da una verve citazionista, mette i suoi personaggi a guardare (a volte ne ascoltiamo solo le battute) sì alcuni must see della filografia famigliare (Sapore di mare, Eccezzziunale… veramente, una foto di Selvaggi), ma anche grandi film di Scola, Monicelli, Risi che racchiudono la Storia di questo genere.

Lockdown all'italiana

Lockdown all’italiana è onesto. Un film semplice, scritto proprio durante il lockdown, realizzato con pochi mezzi e girato in due settimane tra quattro mura, con cinque attori e un buono script. Essenzialmente, l’esordio (a 71 anni suonati!) alla regia di Enrico Vanzina, sceneggiatore da una vita, è proprio un film di sceneggiatura, molto incentrato sui personaggi e capace di inserirli in un arco narrativo completo e appagante, mai complesso ma giusto per quel che vuole raccontare. Abbiamo l’uomo nel Nord arricchito, fedifrago, scaltro e acculturato (Ezio Greggio) sposato con una donna romana benestante, viziata, annoiata dalla vita e che cerca di mascherare con la classe la sua ignoranza (Paola Minaccioni). Poi c’è la coppia di Roma Est, umili lavoratori, lui (Ricky Memphis) tassista di buon cuore, fidanzato e innamorato di una bella ragazza (Martina Stella) di origini toscane con cui convive, cassiera in un supermercato che mette le corna al compagno proprio con l’avvocato che, di fatto, la mantiene. Questi personaggi, che sicuramente lo spettatore già conosce da dozzine di altre commedie, si muovono all’alba del 11 marzo 2020, inconsapevoli che da lì a qualche ora da quando i rispettivi partner hanno scoperto le loro tresche, il DCPM del Presidente del Consiglio li costringerà alla convivenza forzata, durante la quale dovranno affrontare la situazione, con tutte le complicazioni che la reclusione genererà.

Lockdown all'italiana

Prendendo palesemente spunto da Carnage di Roman Polanski, ma seguendo la lezione di Paolo Genovese con il suo fortunato Perfetti sconosciuti (Medusa spera di bissare le vendite del format), Enrico Vanzina mostra di conoscere molto bene il mestiere (papà e fratello registi avranno pure insegnato qualcosa!) cavandosela egregiamente anche dietro la macchina da presa, anche se a volte si nota qualche evitabile ingenuità, come l’espediente di far leggere agli attori quello che scrivono in chat, e qualche soluzione arrangiata (il carrello circolare fatto con la macchina a mano). Ma fondamentalmente Lockdown all’italiana si affida alla solida scrittura, come si diceva, e all’ottima sinergia tra gli interpreti, al loro sicuro carisma, tra i quali spicca per bravura Paola Minaccioni.

Per i patiti dei cammeo, abbiamo piccole partecipazioni degli amici fidati di casa Vanzina Biagio Izzo, Maurizio Mattioli, Fabrizio Bracconeri, Enzo Salvi (sua è la voce del trucido con cui chatta Mirella) e Riccardo Rossi in una significativa particina. Nella colonna sonora scorgiamo anche il fondamentale contributo di Umberto Smaila. In un ruolo di supporto troviamo la conduttrice sportiva (e concorrente in Temptation Island) Maria Luisa Jacobelli, che recitativamente però non convince troppo… anzi, per niente.

Lockdown all'italiana

Non sempre brillante, forse un po’ lungo, ma non privo di battute divertenti e sagace nel (ri)proporre alcune tipologie da commedia nostrana, Lockdown all’italiana è un film innocuo ma perfetto per scaricare la tensione di giornate un po’ grigie e tutte uguali, spesso scandite dai ritmi dello smartworking, un piccolo film che fa sorridere e non pretende nulla dallo spettatore se non suscitare un po’ di felicità, perché, come anche il personaggio interpretato da Greggio declama, in alcune situazioni non ci rimane altro da cercare che la felicità stessa.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un film di scrittura che gioca con gli archetipi della commedia all’italiana.
  • Cast efficace e affiatato.
  • Paola Minaccioni.
  • Qualche ingenuità nella messa in scena.
  • Maria Luisa Jacobelli.
  • Se siete quei tromboni che “il cinema italiano è una merda” non provate proprio a cercare di cambiare le vostre convinzioni iniziando da questo film.
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