Money Monster – L’altra faccia del denaro, la recensione

C’era un tempo in cui Hollywood preferiva non palare di economia, borsa o finanza. Argomenti troppo ostici per il pubblico medio e potenzialmente noiosi. Poi Oliver Stone osò con Wall Street, dove il Dio-Denaro si faceva ovviamente metafora della corruzione con una efficacia da thriller morale che ha fatto scuola. Al di là dell’inutile sequel di Wall Street, diretto dallo stesso Stone nel 2010, negli ultimi anni – anzi mesi – l’argomento finanza sembra essere stato altamente sdoganato al cinema e se Michael Moore con Capitalism: A Love Story ha affrontato l’argomento con la sua classica verve ironico/polemico/satirica e Martin Scorsese con The Wolf of Wall Street l’ha tenuto come contesto per raccontare la parabola discendente di un pessimo esempio di essere umano, è stato Adam McKay con La grande scommessa a sdoganare l’aspetto più pornografico della finanza.

Ora i “giochi di potere e denaro” tornano nuovamente alla ribalta cinematografica con Money Monster – L’altra faccia del denaro, un tesissimo thriller diretto da Jodie Foster che è stato presentato fuori concorso al 69° Festival di Cannes.

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Lontano dagli astrusi e frustranti tecnicismo di La grande scommessa, la Foster affronta la sua quarta regia affidandosi a una solidissima sceneggiatura di Alan DiFiore, Jim Kouf, Jamie Linden che ha il suo incipit nel mondo di Wall Street per concentrarsi, poi, su una storia di ostaggi e rivincita verso lo strapotere economico.

Lee Gates (George Clooney) sta andando in diretta con una nuova puntata del suo show sul mondo della finanza Money Monster, un programma in cui l’anchorman disquisisce di alta economia con il fare smargiasso di uno showman, abbandonandosi anche a consigli sui titoli sui quali investire. Ma quel giorno, che è anche l’ultimo della regista Patty Fenn (Julia Roberts), la diretta non andrà come previsto: in studio irrompe Kyle (Jack O’Connell), un ragazzo armato di pistola e con un pacco contenente un giubbotto esplosivo, che fa indossare al conduttore. Kyle ha perso tutti i suoi averi investendo sulla IBIS, una società sui cui titoli lo stesso Lee Gates aveva consigliato di investire. Da quel momento inizierà una lunghissima diretta in cui la vita – e i soldi – di molte persone sono letteralmente nelle mani di un uomo che non ha più nulla da perdere.

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La struttura di Money Monster si rifà ai classici sugli ostaggi tenuti in scacco da un criminale dalla parte del giusto, una lunga tradizione di film che annovera nelle sue fila, per esempio, Jonh Q con Denzel Washington. In questo caso, però, oltre all’attualissima tematica della crisi economica, c’è anche una particolare centralità data ai mass media, alla tv nello specifico, che avvicina questa opera a un’altra molto recente che utilizza lo stesso linguaggio, il coreano The Terror, Live.

Imbastendo uno spettacolo che si sviluppa quasi in tempo reale, Jodie Foster ha il grande merito di donare a Money Monster un ritmo incalzante che riesce ad uscire al di fuori della dinamica rapitore/ostaggi. Money Monster è innanzitutto un film fatto di personaggi e, soprattutto, non è un film furbo scritto per compatire la situazione di un poveraccio. Paradossalmente, infatti, colui che dovrebbe essere la voce del popolo (e quindi dello spettatore), ovvero il rapitore interpretato da Jack O’Connell, ci viene presentato come un ingenuo ragazzetto che palesemente non sa gestire la situazione in cui si incastra e la visione populista che potrebbe generare è molto ridimensionata dalla sua mancanza di determinazione. A uscirne idealmente come eroe è invece un essere spregevole come Lee Gates, che rappresenta la tv impegnata più bassa che potremmo immaginare, col suo fare strafottente, i suoi siparietti trash a suon di rap con ballerine svestite. A Lee non interessa la questione del suo rapitore, non interessa nulla di nessuno se non se stesso e la sua cinica arroganza emerge anche dagli affronti diretti che rivolge a Kyle.

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Probabilmente ci troviamo di fronte a una delle migliori interpretazioni di George Clooney, perfettamente in linea con il suo fare sornione che qui non è atto alla costruzione di una macchietta, ma di un personaggio ben scritto e palesemente sentito dall’attore. Anche la regista interpretata da Julia Roberts ha un’interessante costruzione e un adeguato sviluppo: stanca e annoiata dal suo lavoro, che chiaramente svolge senza passione, Patty Fenn trova nella lunga diretta di Money Monster un nuovo input, finisce al centro dell’azione, anzi se ne trova al di sopra, la dirige!

E dalla cabina di regia di uno show televisivo si sviluppa una lucidissima critica al telespettatore medio odierno, assuefatto a tal punto da quello che il piccolo schermo gli dice da vivere le notizie con un distacco tale da indurre uno strano confine tra realtà e finzione. Gli eventi, per quanto grandi e importanti possano essere, esistono solo nel mentre la tv li rende noti e l’immagine immediatamente successiva alla fine della lunga diretta di Money Monster è ben chiara di questa direzione.

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Sembra superfluo ribadirlo, ma il film della Foster si pone in termini molto critici verso lo strapotere dell’impero economico mondiale, mostrandoci come gli imprenditori e i loro traffici (spesso illeciti) abbiano il potere di gettare sul lastrico milioni di persone dall’oggi al domani, fino a quelle estreme conseguenze che Money Monster ci racconta.

Alta tensione e ironia si susseguono in quello che possiamo definire un thriller tesissimo e attuale, ottimo cinema d’intrattenimento che si rivela anche la miglior regia fino ad ora realizzata da Jodie Foster.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Ritmo incalzante e narrazione avvincente.
  • Personaggi ottimamente scritti e interpretati con passione dai volti giusti.
  • Si approccia a una tematica scottante e attuale con il linguaggio del grande pubblico, ben lungi dalla furbizia di recenti prodotti che affrontano lo stesso argomento.
  • Il realismo della prima parte cede il passo a una spettacolarizzazione tipicamente hollywoodiana che richiede un po’ di sospensione dell’incredulità.
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