Mr. Holmes – Il mistero del caso irrisolto, la recensione

Cosa sarebbe Sherlock Holmes senza Watson, Mycroft, Mrs Hudson e soprattutto, senza la sua disumana intelligenza? Provano a raccontarcelo il regista Bill Condon e il bravissimo Ian McKellen, che collaborano per la seconda volta dopo Demoni e Dei, in Mr. Holmes, adattamento cinematografico del libro di Mitch Cullin, A Slight Trick of the Mind del 2005.

Dopo aver interpretato Gandalf e Magneto, Ian McKellen veste i panni di un’altra grandissima icona dell’immaginario letterario e, ormai, anche cinematografico e televisivo, interpretando uno Sherlock Holmes profondamente diverso dagli altri; un Holmes più umano che non rispecchia del tutto il leggendario investigatore privato raccontato dal Dottor John Watson nei suoi famosi diari. Questa volta, infatti, Sherlock Holmes non è trattato come un personaggio inventato, bensì come una persona reale con tutte le sue fragilità e debolezze, trasformato nel protagonista di un romanzo dal suo amico Watson e lontano anni luce dall’uomo che indossa il celebre Deerstalker e che fuma la pipa (elementi assenti anche nei romanzi originali di Conan Doyle e inseriti, poi, nelle rappresentazioni teatrali successive). Ci si concentra sull’uomo che si cela dietro all’investigatore che tutti conosciamo e, nonostante le tantissime versioni della storia, nessuno ancora l’aveva raccontata in questo modo, dando a Holmes la possibilità di scegliere la strada dell’emotività a discapito di quella della logica razionalità.

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Lo Sherlock Holmes di Mitch Cullin, impersonato da McKellen, parte dal futuro immaginato anche da Conan Doyle, in cui il vecchio e stanco investigatore si trasferisce in una campagna del Sussex diventando un apicoltore. Holmes ha ormai 93 anni, suo fratello Mycroft e il suo grande amico e assistente Watson sono morti da tempo e lui sta disperatamente lottando contro le conseguenze della senilità che minacciano terribilmente le sue grandi doti mentali che lo hanno reso famoso. Il film, come il romanzo di Cullin, si muove tra il 1919, anno in cui Sherlock lavora al caso che ha sancito la fine della propria carriera d’investigatore e che lo tormenta nel presente, e il 1947 quando con tutte le sue forze Holmes tenta di scrivere la sua vera biografia in contrasto con le storie inventate da Watson. Ma la sua memoria non è più quella di una volta, la pappa reale prodotta dalle sue api non è più sufficiente a lenire i processi d’invecchiamento, e Sherlock Holmes si decide ad intraprendere un viaggio nel lontano Giappone distrutto dalla guerra per procurarsi il miracoloso pepe del Sichuan. Ad aiutarlo, però, non sono certo i rimedi naturali che usa per migliorare la sua memoria, bensì il rapporto che Holmes costruisce con il piccolo Roger, il figlio della severa governante che si occupa di lui in Sussex. Con la sua innata curiosità, infatti, Roger diventerà il vero erede di Watson e riuscirà ad aiutare il vecchio investigatore a vedere la vita in maniera nettamente diversa, una volta perdute le proprie particolari capacità deduttive che fino a quel momento erano per Holmes di vitale importanza. Solo così Sherlock riuscirà a ricostruire nella sua labile memoria il caso misterioso che lo ha fatto ritirare, e riuscirà a comprendere e ad accettare meglio la sua situazione attuale.

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Per la prima volta in assoluto, conosciamo Sherlock Holmes intimamente e riusciamo persino a provare per lui infinita tenerezza, non è più il personaggio che abbiamo conosciuto. Il vero Holmes fuma sigarette, veste la tuba, non vive al 221 di Baker Street, ride del personaggio che Watson ha creato e ha dei sentimenti reali, forti e ci dovrà fare i conti.

Senza dubbio, Mr Holmes è un esperimento interessante che, dopo gli adattamenti cinematografici ultra-pop di Guy Ritchie e quelli televisivi della BBC, tra le trasposizioni più moderne del personaggio, cambia decisamente strada e ci ripropone una visione tutta nuova e inedita di Sherlock Holmes.

Rita Guitto

PRO CONTRO
Ian McKellen interpreta magistralmente uno Sherlock Holmes completamente diverso dall’immaginario collettivo ma nello stesso tempo fedele a quello creato da Arthur Conan Doyle. La decisione di trattare l’investigatore come una persona vera è l’elemento più interessante della pellicola.

 

La sola componente investigativa del film, il famoso “caso irrisolto” del titolo italiano, non è abbastanza interessante nonostante sia un consapevole espediente narrativo per indagare più profondamente nei sentimenti di Sherlock Holmes.
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