Old Boy, la recensione

Joe Doucett è un uomo gretto e dalla vita sregolata. Dirigente di un’agenzia pubblicitaria in declino, marito divorziato e padre assente, Joe affoga i suoi dispiaceri nell’alcool. Una notte, mentre è ubriaco, Joe viene attirato da una donna e quando si risveglia è nudo in una stanza d’albergo. Senza ricordare come ci è arrivato e chi ce l’ha portato, Joe si rende conto ben presto che è chiuso dentro e non c’è modo di evadere da quella prigione. Passano ben 20 anni, durante i quali Joe apprende dalla televisione che sua moglie è stata uccisa, dell’omicidio è stato incolpato lui e la sua bambina è stata data in affidamento a un’altra famiglia. Durante questo lungo periodo di prigionia, l’uomo si trasforma in una macchina da guerra, pieno di rancore e auto-addestrato al combattimento, finché un giorno viene liberato. Ora nella mente di Joe corrono solo due pensieri: riabbracciare sua figlia ormai ventitreenne e trovare la persona che l’ha tenuto rinchiuso tutti questi anni, così da vendicarsi nel più atroce dei modi.

Spesso ci lamentiamo di una tendenza che da alcuni anni ha preso piede in maniera esponenziale in quel di Hollywood, ovvero la remake-mania coatta. Ma non parlo del rifare film di 30, 40 o 50 anni prima, piuttosto di remake-lampo, quelli che arrivano 2-3 anni dopo l’uscita del film originale. Una tendenza che interessa però solamente i film non-americani dall’evidente high concept, con predilezione per quelli orientali e nord-europei. Nella maggior parte dei casi si tratta di remake molto simili agli originali, che si limitano a decontestualizzare le vicende portandole su suolo americano, popolandole di attori noti al grande pubblico occidentale. A che serve gettarsi in queste “inutili” operazioni di yankeezzazione? Chiederete voi. Semplice: gran parte dei film originali nei cinema statunitensi non ci arrivano e se ci arrivano sono in lingua originale con i sottotitoli in inglese, il che preclude una fetta di pubblico amplissima. Per queste ragioni spesso non è conveniente distribuire questi titoli e allora, constatato l’appeal che determinate storie possono avere per il pubblico americano, si preferisce acquisire i diritti per produrre una nuova versione filmata di queste storie, accessibile al grande pubblico americano, e di conseguenza internazionale.

Questa lunga premessa per spiegare (e in parte giustificare) l’esistenza di un film altrimenti obiettivamente inutile come Old Boy di Spike Lee, remake dell’omonimo capolavoro del coreano Park Chan-wook diretto nel 2003. Inutile per un pubblico che già ha potuto godere del film coreano, dunque, ma un’occasione per fruire di una bellissima storia di vendetta (e non solo) per chi – come gran parte degli americani – il film di Park Chan-wook non lo conosce neanche.

Josh Brolin è stato misteriosamente rinchiuso in una stanza

Josh Brolin è stato misteriosamente rinchiuso in una stanza

Ispirato al manga di Garon Tsuchiya e Nobuaki Minegishi, Old Boy era salito all’attenzione degli Studios già all’indomani del premio speciale della giuria a Cannes del film d’origine e dopo che Quentin Tarantino si era impegnato a far sapere al pubblico che il film di Park Chan-wook era per lui uno migliori film di vendetta mai realizzati… e se detto dal regista che aveva appena ricevuto plausi per Kill Bill, c’era da crederci! È stato Spielberg il primo ad interessarsi al progetto e si facevano i nomi di Will Smith e Nicholas Cage per i ruoli di protagonisti; poi venne fuori che i soli diritti di acquisizione del film coreano non bastavano a coprire la realizzazione del remake e servivano, giustamente, anche quelli del fumetto da cui tutto aveva avuto inizio… troppi soldi e forse il gioco non valeva la candela. Ma non deve essere stata dello stesso parere la Vertigo Entertainment, che ha continuato l’impresa abbandonata da Spielberg e dopo una genesi pre-produttiva molto travagliata, il progetto è stato accettato da Spike Lee, con risultati decisamente soddisfacenti.

La sceneggiatura di Mark Protosevich rimane piuttosto fedele al concept originale, rispettando la caratterizzazione di gran parte dei personaggi e i colpi di scena, con l’approfondimento del personaggio del carceriere (qui interpretato da Samuel L. Jackson) e qualche variante su alcune motivazioni e il finale. Eppure l’Old Boy di Spike Lee ci appare subito come profondamente diverso dall’Old Boy di Park Chan-wook. È l’anima del film a mutare in maniera piuttosto vistosa perché se l’opera coreana ad un certo punto abbandona quasi l’ottica del revenge-movie per concentrarsi sui sentimenti e sugli stati d’animo, con tocchi di originale poesia, il film americano ha l’anima del film d’exploitation tout court. Un robusto b-movie che fa della vendetta l’elemento cardine e dello splatter l’ingrediente inedito.

Il remake di Old Boy, dunque, sembra avere ambizioni meno nobili, la yankeezzazione ne banalizza alcune componenti, ma questo non vuol dire necessariamente che ci troviamo di fronte a un film di per se non valido. Il segreto per godersi l’Old Boy di Spike Lee è tutto nello scinderlo da quello di Park Chan-wook. Se partiamo immediatamente con il confronto (che è assolutamente legittimo per lo spettatore che ha avuto il privilegio di vedere entrambi i film), il remake ne esce massacrato, distrutto sotto il peso di un’opera unica e originale che amalgama alla perfezione generi e umori; se ci avviciniamo alla visione del remake dimenticando per un attimo lo scomodo precursore, ci ritroviamo di fronte un film di genere che è una spanna sopra gran parte dei thriller attualmente in circolazione. L’approccio è determinante.

Josh Brolin assetato di vendetta in Old Boy

Josh Brolin assetato di vendetta in Old Boy

Dunque che dire dell’Old Boy made in U.S.A. svincolandolo da impietosi confronti? Regia solida e di mestiere ma per nulla personale – e questo per un regista che ha fatto di determinate tematiche e di uno stile il marchio di fabbrica è un po’ grave –, sceneggiatura che arrangia con efficacia il soggetto originario rendendo decisamente più pulp il mondo che gira attorno al protagonista e alla sua nemesi e cast di ottimi attori. Josh Brolin sta acquistando una dignità da protagonista che si è decisamente meritato in tutti questi anni di carriera, caratterizzando il suo Joe Doucett come il perfetto uomo che chiunque di noi rinchiuderebbe per 20 anni in una stanza. La capacità di Brolin (e dello sceneggiatore) è soprattutto quella di renderci questo pessimo esempio di essere umano estremamente vicino, mai simpatico, sia ben chiaro, ma alla fine si riesce a provare empatia per lui e per la sua causa. Magnifica Elizabeth Olsen, già apprezzata in La fuga di Martha, che offre un’ottima prova confermandosi un’attrice versatile e talentuosa. E, dulcis in fundo, non delude neanche Sharlto Copley nei panni del tormentatissimo “cattivo”, un attore trasformista che forse qui gigioneggia un po’ troppo ma offre un’accattivante interpretazione di villain da fumetto… e questo grazie anche a quel suo volto sghembo che ben si adatta a rendersi malvagio (e si veda a proposito anche il suo Agente Kruger del bellissimo Elysium).

Old Boy è dunque questo strano oggetto che si presta allo stesso modo ad essere amato e odiato. Fare della bizzarra storia raccontata da Park Chan-wook un violentissimo e amorale (ma con morale!) b-movie è stato tanto affascinante quanto incosciente e alla fine si esce dalla sala con quel sorrisetto sardonico che non si riesce a interpretare se è di compassione o soddisfazione. Sicuramente un film da guardare più di una volta e con ogni probabilità farà letteralmente impazzire i cultori di certo cinema di genere che l’Old Boy coreano non l’hanno visto.

Roberto Giacomelli

 

PRO CONTRO
  • Un thriller solido e ricco di sorprese.
  • Un terzetto di attori bravissimi e in parte: Josh Brolin, Elizabeth Olsen, Sharlto Copley.
  • Fondamentalmente si tratta di un film inutile se già si conosce l’originale coreano.
  • Regia impersonale.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +2 (da 2 voti)
Old Boy, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

2 Responses to Old Boy, la recensione

  1. Michela ha detto:

    Gran bella recensione, complimenti.

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