Oxygene, la recensione

Uno dei più grandi vantaggi che il cinema di genere offre ai registi che vi si cimentano è la miriade di possibilità di sperimentare e fondere i suoi diversi filoni, ribaltarne gli stilemi allo scopo di creare film affascinanti dal punto di vista visivo e al tempo stesso ricchi di contenuti narrativi, metafore e critiche alla società che ci circonda. L’esempio più immediato è quello della fantascienza il cui prototipo nel corso dei decenni ha assunto diverse declinazioni e si è contaminato con altri linguaggi del cinema di genere: si va dai film dalla forte componente horror con tanto di alieni e creature mostruose, a navicelle spaziali trasformate in teatri action allo stato puro, passando per storie più tendenti al dramma volto a raccontare lo sfascio e le evoluzioni di protagonisti e di un’intera società.

Una lezione che sembra essere stata assorbita in maniera soddisfacente dal francese Alexandre Aja il quale, dopo aver esplorato diversi sotto-filoni e utilizzato approcci narrativi (slasher, ghost story, remake di grandi classici e beast movie), decide di cimentarsi con lo sci-fi. Come spesso accade con i suoi lavori, il risultato non è banale e l’autore transalpino con il suo Oxygene mette a segno un film di fantascienza molto teso e vibrante, nel quale troviamo dinamiche da thriller psicologico e investigativo, unite a qualche lieve incursione da dramma e atmosfere intriganti e suggestive. Un lavoro che, seppur non privo di difetti e passaggi a vuoto, consacra ancora di più Aja come uno degli autori più apprezzati dai fan del genere nonché abile e versatile dal punto di vista stilistico.

Una donna si sveglia avvolta da una tuta collegata ad elettrodi e con macchinari che le conferiscono sostentamento e, soprattutto, l’ossigeno necessario per sopravvivere. La situazione, già difficile ed inquietante di suo, viene aggravata dal fatto che la donna non sa perché si trovi all’interno di questa capsula e ha perso del tutto la memoria, a partire dal suo nome. L’unico strumento “amico” è un computer, di nome Milo, che la aiuterà a venire a capo di un mistero dai contorni oscuri e a ricostruire le dinamiche che hanno condotto la protagonista all’interno di una capsula criogenica.

Riuscire a raccontare la trama e fare un’analisi di un film come Oxygene è un esercizio alquanto difficile e svolto con il pericolo di svelare troppo di quello che è un trap movie in piena regola. Seguendo lo schema narrativo esposto da film come Buried e Frozen – solo per citare gli esempi più famosi -, Aja si cimenta con una storia mono-location e con un’unica protagonista a reggere la scena. Un progetto ambizioso che riesce al meglio per più di metà del film grazie ad una sceneggiatura, scritta da Christie LeBlanc, il cui grande pregio è quello di conferire alla storia un ritmo sempre pimpante e una tensione crescente capace di coinvolgere lo spettatore e tenerlo incollato allo schermo.

Il regista francese si rivela dunque molto abile a sfruttare il poco materiale a sua disposizione e a disseminare svariati colpi di scena che lasciano il segno e scalfiscono lo stato psicologico della protagonista. Quest’ultima, interpretata dalla convincente Mélanie Laurent, diventa il centro nevralgico di un’atmosfera angosciante e opprimente nella quale l’unico appiglio è rappresentato da un computer, la cui voce monocorde e serafica, che riporta alla mente cult del cinema di fantascienza come 2001: Odissea nello spazio, cozza con le urla della giovane donna e l’ansia di una corsa contro le lancette del tempo e di una riserva di ossigeno quasi agli sgoccioli.

Il grande pregio del lavoro di Aja, però, diventa alla lunga il suo difetto in quanto la troppa carne messa a cuocere regala sì colpi di scena e risvolti sorprendenti, ma al tempo stesso suscita aspettative troppo grandi che vengono disattese da un finale nel quale la forza e la carica accumulata in precedenza si disperdono e si trasformano in qualcosa di non troppo avvincente. A poco servono poi, in tal senso, immagini suggestive e una regia sempre attenta e sapiente a ravvivare un meccanismo i cui ingranaggi vanno via via inceppandosi.

Al netto di tutto ciò, Oxygene si pone in fin dei conti come un film ben riuscito e l’ennesimo buon lavoro di Alexandre Aja la cui mente sarà già proiettata al prossimo filone da esplorare.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Atmosfere opprimenti e claustrofobiche ben sfruttate.
  • Ritmo serrato e coinvolgente con tanti colpi di scena.
  • L’interpretazione ottima di Mélanie Laurent.
  • La parte finale non è all’altezza delle ottime premesse.
  • La sceneggiatura alla lunga dimostra una troppa voglia di strafare e mette troppa carne a cuocere.
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Valutazione: 6.5/10 (su un totale di 2 voti)
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