Il piano di Maggie – A cosa servono gli uomini, la recensione

Di “relazione tascabile” parlava la scrittrice Catherine Jarvie e Zygmunt Bauman teorizzava l’“amore liquido” nella società postmoderna: l’amore cambia e, anche se qualcuno cerca ancora la scarpetta di cristallo nella metropolitana o il cavallo bianco sotto casa, noi siamo in balia di questi cambiamenti. L’amore si trasforma esattamente come qualunque altro aspetto della nostra vita e la sua metamorfosi è dovuta a cambiamenti sociali e culturali rilevanti. Ma il cinema si è accorto di questo cambiamento, si è adeguato? O si continua a portare sul grande schermo delle fotocopie (belle ma pur sempre inattuali) di Pretty Woman?
Il piano di Maggie, diretto da Rebecca Miller (Personal Velocity, La vita segreta della signora Lee) e tratto dal romanzo A cosa servono gli uomini di Karen Rinaldi, desidera raccontare diversi amori problematici che possono essere accostati al termine “amore tascabile”: in questo film, tutte le persone s’innamorano e poi si disamorano con l’irrequietezza tipica del mondo contemporaneo.
La Maggie del titolo (Greta Gerwing) è una trentenne newyorkese che prende la vita in maniera studiata e calcolata nei minimi dettagli; nonostante non abbia molto successo in amore e sia completamente sola, decide che è arrivato il momento di avere un figlio. Contemporaneamente a questa decisione, entra nella sua vita John (Ethan Hawke), un uomo infelicemente sposato. Dopo l’incontro con John, i piani di Maggie saranno completamente alterati e la pianificazione tanto desiderata sarà destabilizzata dall’imprevedibile complessità dell’amore moderno.
Tutti i personaggi del film (uomini e donne senza alcuna distinzione) non hanno le idee molto chiare su cosa significhi per loro l’amore; gli stessi risultano incompleti negli altri ambiti della loro vita, da quello familiare a quello lavorativo. Realizzati o meno, l’amore sembra non accontentarli mai e appare come un cavallo su cui non puntare mai troppi dei propri risparmi, o in questo caso troppi sentimenti. La narrazione soffre di un’introduzione eccessivamente lunga e di una seconda parte che corre troppo e risolve le relazioni in maniera affrettata.
Il personaggio di Maggie, interpretato da Greta Gerwig (volto simbolo del cinema indipendente americano, vista di recente nel delizioso Mistress America), crea immediatamente una forte empatia con il pubblico che in lei rivede tutte le incertezze nell’intraprendere la strada dell’amore. Ethan Hawke è John, un personaggio particolarmente interessante che continua a comparire nelle commedie made in USA: un uomo che si fa “mammo” per lasciare posto alla sua donna, alla sua carriera e per questo si sente metaforicamente castrato e non realizzato. A completare un cast di grandi nomi, troviamo Julianne Moore nei panni di Georgette, la moglie di John, la quale, però, non riesce a comunicare le sue ragioni e i suoi desideri allo spettatore.
Il punto forte de Il piano di Maggie risiede nella sua contemporaneità, ma i problemi nascono dal non riuscire a gestire le complicate riflessioni emozionali che mette in gioco: i rapporti presentati tra femminile e maschile sono attuali e di grande importanza ma, in questa storia, risentono di un’eccessiva estremizzazione.
Più problematico che romantico, poco comedy ma lontano anni luce dall’essere d’autore, la pellicola desiderava più far riflettere che ridere, ma i dialoghi non permettono di fare nessuna delle due cose veramente bene.
Matteo Illiano
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