Prey, la recensione del prequel di Predator

Nel 1987 un film di medio budget (15 milioni di dollari) indirizzato al pubblico del cinema action, visto il ruolo di protagonista affidato all’allora lanciatissimo Arnold Schwarzenegger, avrebbe cambiato per sempre l’approccio a una determinata fantascienza; parliamo di Predator, l’opera che di fatto ha lanciato la carriera di John McTiernan permettendogli di dirigere, l’anno seguente, il blockbuster Die Hard – Trappola di cristallo. Se fino a quel momento l’alieno era un essere che privava l’uomo della propria coscienza e identità, oppure una terrorizzante creatura ferina che agisce solo nello spazio profondo, o ancora un affettuoso e simpatico ometto con poteri taumaturgici, non avevamo mai visto un crudele cacciatore antropomorfo con fisico statuario che si sposta di pianeta in pianeta in cerca di prede. Dunque, non più l’orrore subdolo da Guerra Fredda, ne l’immagine rassicurante di un incontro ravvicinato pacifico, stavolta l’alieno è ostile e tangibile e tratta l’essere umano alla stregua di un animale chiedendo un confronto fisico, seppur non alla pari.

L’enorme successo del film di McTiernan, che portò nelle tasche della 20th Century Fox oltre 100 milioni di dollari e un’inaspettata richiesta di merchandising, diede il via anche a un vero e proprio franchise cinematografico che si concretizzò già nel 1990 con il bellissimo e sottovalutato Predator 2 di Stephen Hopkins. Una saga che, nonostante il proliferare di fumetti e videogames che ne hanno fuso le avventure con quelle di Alien (ma anche Batman!), al cinema ha visto un ritorno solo nel 2004 proprio con il cross-over Alien vs Predator di Paul W.S. Anderson, seguito nel 2007 da Aliens vs Predator 2 e solo nel 2010, a interesse del pubblico rinnovato, con il terzo capitolo ufficiale della saga madre, Predators di Nimród Antal. È del 2018, invece, il tentativo con The Predator di giocare nel campo del requel cercando un collegamento diretto al primo film pur reinventando da zero la saga: alla regia c’era Shane Black, interprete nel primo film, ma nonostante il gran ritmo e la frizzantezza dell’operazione, ne critica ne pubblico hanno risposto positivamente.

Eppure la Fox, che nel frattempo è stata assorbita da Disney diventando 20th Century Studios, ha avviato un altro capitolo che, nel mentre, è stato destinato al solo circuito delle piattaforme streaming. Stiamo parlando di Prey, un film scollegato dai precedenti – se non per un dettaglio nel finale di Predator 2 – che funge da prequel all’intera saga ambientandosi nel 1719, nel confine tra Stati Uniti e Canada. Al centro della storia c’è Naru, una giovane della tribù dei Comanche che aspira a diventare una cacciatrice, nonostante la sua determinazione con coincida con la sua reale abilità e questo la rende oggetto dello scherno dei suoi coetanei della tribù. Però Naru avrà modo di mostrare tutte le sue capacità quando un misterioso essere venuto dal cielo comincerà a interferire con le attività di caccia dei Nativi, sterminando sia la fauna locale che gli stessi comanche.

Per fornire un antefatto alla saga di Predator, parola che per la prima volta scompare dal titolo pur tenendo il riconoscibile font, è stato chiamato il regista Dan Trachtenberg, che oltre ad essersi fatto le ossa con alcune serie cult (Black Mirror e The Boys) aveva esordito nel 2016 con il ben riuscito 10 Cloverfield Lane, sequel/spin-off del monster movie Cloverfield.

Quello che nasce vincente sulla carta, porta a un ottimo risultato anche sullo schermo e se già l’idea di ambientare una battuta di caccia dei predator nel territorio dei Nativi americani prima della nascita degli Stati Uniti sembrava molto accattivante, Prey ne conferma le aspettative. Dan Trachtenberg è riuscito a reinventare il franchise riportandolo direttamente all’origine, dirigendo così uno dei migliori capitoli della saga.

Naturalmente la sceneggiatura di Patrick Aison guarda al primo indimenticabile film: un manipolo di uomini addestrati immersi nella vegetazione e una creatura letale che da loro la caccia. Solo che in questo caso gli uomini addestrati sono dei giovani cacciatori comanche e il Duke della situazione non è un muscoloso e granitico Arnold Schwarzenegger ma una minuta (seppur “cazzutissima”) ragazza nativa che non può neanche contare sulla solidarietà del suo popolo. Il primo ostacolo con cui Naru deve scontrarsi è proprio l’ostilità dei suoi coetanei, tra cui c’è anche suo fratello Taabe, che non la ritengono all’altezza del titolo di cacciatore, tanto per il suo sesso quanto per l’effettiva inesperienza. A proposito di questo elemento, Prey non è quel tipo di film, come ne esistono a bizzeffe oggigiorno, che vuole costruire la sua ossatura sul girl power o su una variante qualsiasi del metoo. A Trachtenberg e la sua squadra interessa il confronto/scontro fisico tra un essere esperto nella caccia e nella sopravvivenza e un essere che invece sta imparando e che parte incredibilmente svantaggiato. Prey, in questo senso, è un puro survival-movie e lo stesso utilizzo del “girl power” non è dissimile da quello che si faceva in film ormai cult che hanno forgiato il genere, come Alien o Terminator 2 – Il giorno del giudizio.

Piuttosto, Prey può essere letto come un puro coming of age in cui da un’esperienza estrema si sviluppa la formazione caratteriale e la crescita di un personaggio giovane; è una presa di consapevolezza del proprio ruolo nella società, un modo per dimostrare a se stessi e agli altri le capacità che si posseggono. In questo caso non è la forza bruta o l’abilità nel combattimento, fattori ai quali Naru viene meno, ma l’intelligenza, la pianificazione, l’abilità nell’affrontare il nemico sfruttando i suoi punti deboli. E il lavoro, sia fisico che espressivo, che compie l’attrice Amber Midthunder, già vista nella serie tv Legion e in The Ice Road – L’uomo dei ghiacci, è notevole facendo apparire l’attrice venticinquenne una scelta felicissima per questo ruolo.

Poi ovviamente c’è il Predator, motivo per il quale lo spettatore guarda realmente il film. Si tratta coerentemente di una forma “primitiva” dei cacciatori extraterrestri che abbiamo conosciuto negli altri film, priva di elementi hi-tech, con frecce al posto dei laser e una maschera d’osso invece della classica placca metallica per celare il mostruoso aspetto, che in questo caso è meno insettiforme e più vicino a un volto umano gravemente deformato. Non può mancare la scena in cui la creatura pulisce il suo trofeo, ne quella della medicazione, così da fornire un famigliare appiglio ad alcuni dei momenti più iconici della saga.

A livello di gore e violenza Trachtenberg e co. alzano di molto l’asticella facendo di Prey il capitolo più sanguinolento della saga, insieme al numero 2 e al secondo AvP. Giusto la CGI sugli animali, in alcuni casi, mostra la sua artificiosità, ma per il resto Prey è un film pienamente riuscito, un modo intelligente e originale per riportare in auge il celebre cacciatore extraterrestre. I fan della saga lo ameranno!

Prey è disponibile dal 5 agosto in esclusiva su Star, la sezione per adulti di Disney+.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Già solo il concept è di quelli vincenti: un Predator nel 1719 che si scontra con i comanches.
  • Un survival movie crudo e ritmato.
  • Amber Midthunder è molto brava e il suo ruolo non era affatto facile.
  • Il Predator “preistorico” è davvero minaccioso.
  • La CGI degli animali in alcune scene (tipo quella dell’orso).
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Prey, la recensione del prequel di Predator, 8.0 out of 10 based on 1 rating

One Response to Prey, la recensione del prequel di Predator

  1. Fabio ha detto:

    Bella recensione per un gran bel film che però se uscito 15 anni fa avrebbe potuto essere un vero capolavoro, invece l’agenda politica ci ha messo le mani, l’elemento girl Power c’è e secondo me un po’ infastidisce e rende tutto troppo surreale, la ragazzina pareva più letale di Predator in certi frangenti e dubito che nel 1700 esistessero donne indiane guerriere quella era una società totalmente patriarcale. Detto ciò il film è comunque ganzo e super gore e il feral Predator è davvero fighissimo.

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    Valutazione: 4.0/5 (su un totale di 1 voto)
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