Roma 2014. Tre Tocchi, la recensione
Mai come oggi, la parola “crisi” è una tra le più usate nel linguaggio di tutti i giorni. La crisi della società, del lavoro e della famiglia sono argomenti che ci riguardano in prima persona, che smuovono le nostre coscienze e condizionano le nostre azioni. Allo stesso tempo, però, per alcuni, sembra che questa cosiddetta “crisi” non esista, e certe categorie di persone appaiono, agli occhi di altri, immuni da tale piaga sociale. Si pensi agli attori. Successo, soldi, donne. Sarebbe inconcepibile pensare che anche loro possano soffrire degli stessi problemi che affliggono noi persone comuni. Eppure, per il regista Marco Risi, non sembra essere così. Con il suo ultimo Tre tocchi, approdato al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Gala, viene esplorata la condizione precaria di sei attori, e amici, che hanno in comune due grandi passioni: il calcio e la recitazione. Sei personaggi in cerca di un ruolo, potremmo dire. Nel lavoro, così come nella vita.
Antonio è un giovane attore di teatro che ancora non ha ben chiara la strada da intraprendere; Gilles, bello e di successo, si mantiene grazie a una serie tv di dubbia qualità; Leandro è appena ritornato nella sua Napoli, e fa la drag queen per degli spettacoli teatrali a luci rosse. Max e Vincenzo non ce l’hanno mai fatta: sempre troppo “vecchi” per essere provinati, il primo fa l’acchiappino in un ristorante, e l’altro sfoga le sue insoddisfazioni attraverso il sesso. Infine c’è Emiliano, doppiatore a tempo perso che si guadagna da vivere facendo il facchino in un hotel.
La volontà di perscrutare a fondo la vita di questi sei uomini è elemento costante nella narrazione. La macchina da presa diventa, così, occhio indagatore che si addentra nei meandri di un mondo maschilista, scandito da audizioni, partite di calcio e donne.
Negli spogliatoi, Risi indugia sulla loro nudità, su un certo modo di parlare, sboccacciato e becero, che da subito mette in risalto quel senso di poca ricercatezza che accompagnerà il film fino alla fine. Il problema più grande è che non si empatizza mai con nessuno dei protagonisti; le loro personalità sembrano essere rinchiuse dentro scatole ben confezionate, ma troppo lontane dai propositi iniziali del film. La ricerca antropologica sulle debolezze dell’uomo si trasforma, piuttosto, in un ritratto semi abbozzato di figure di cui si scorgono solo pochi tratti. Convenzionale anche il modo di trattare la donna come mero contenitore delle frustrazioni sessuali del maschio, al quale, non riuscendo a prendere in mano le redini della sua vita, resta quantomeno la sacrosanta soddisfazione di dominare come si deve una femmina.
Inutili le brevi incursioni in un territorio surreale e onirico, che scandiscono le giornate in hotel di Emiliano, che sogna di essere un attore famoso. Anche qui il machismo ha la meglio e, tra le sue fantasie, c’è quella di schiaffeggiare Valentina Lodovini. Ad accentuare questo senso generale di distacco, interpretazioni che fanno riferimento a una certa teatralità, troppo artificiose e prive di naturalezza. Nel (breve) momento in cui la scena si sposta sul campo di calcio, il film tenta di esplorare il tipico cameratismo maschile, dove si respira l’appartenenza quasi sacra a una causa comune. Nondimeno, lo spirito di amicizia e la vena poetica calcistica, metaforicamente usata solo nel titolo, vengono dimenticati e bellamente sorvolati. Tre tocchi uscirà nelle nostre sale giovedì 13 novembre, e sarà distribuito da Ambi Pictures.
Noemi Macellari
PRO | CONTRO |
|
|
Lascia un commento