Archivio tag: movies inspired

Ippocrate, la recensione

Ippocrate, antico medico greco, famoso per aver messo sullo stesso piano professionalità e morale.

Ippocrate, film prodotto nel 2014 e uscito in Italia nel 2018, cerca una morale nella professionalità di medici parigini, il cui lavoro spesso impone di ignorare i principi del medico greco.

Una breve sinossi: il giovane medico Benjamin (Vincent Lacoste), figlio del capo reparto di medicina interna – branca ospedaliera ben delineata nel telefilm Doctor House (spesso citato in maniera ironica in questo lungometraggio) – inizia a lavorare a Parigi nello stesso reparto del padre; con lui è arrivato a esercitare la professione anche un altro medico abbastanza giovane, Abdel (Reda Kateb), algerino, che ha già avuto modo di fare esperienza nel suo Paese, ma che adesso vuole trasferire la sua famiglia in Francia. Attraverso le esperienze di questi due dottori, il regista punta a screditare parte del sistema sanitario francese.

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Abracadabra, la recensione

Periferia di Madrid. Carlos è un operaio tifoso del Real Madrid dall’indole animalesca e aggressiva. Insensibile verso sua moglie, la casalinga Carmen, e la figlia adolescente, un giorno Carlos accetta di farsi ipnotizzare durante la festa di matrimonio di un suo amico. Da quel momento la vita di Carlos cambierà: l’esperimento di ipnosi fa sì che lo spirito di uno sconosciuto, defunto 35 anni prima, entri nel suo corpo, trasformandolo in un’altra persona. Inizialmente colpita positivamente dal cambiamento di suo marito, Carmen capisce che lo spirito intruso potrebbe essere una minaccia per la sua incolumità e quella di sua figlia, così cerca un modo per scacciare il nuovo Carlos…

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Insyriated, la recensione

Insyriated è un film davvero difficile. Certo non per quanto riguarda la messa in scena, in quanto il film è ambientato unicamente nella casa-fortezza di una famiglia siriana, di cui ci viene mostrata una giornata tipo di ordinaria follia. Ma il regista belga Philippe Van Leeuw, pur trattando tale materia in maniera lineare e rigorosa, finisce per spezzare più volte la routine artefatta della famiglia, in modo da mostrarci tutto l’orrore che si nasconde oltre le tende del loro appartamento.

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Omicidio al Cairo, la recensione

Il Cairo, gennaio 2011. Sullo sfondo delle proteste che portarono alla rivoluzione egiziana del 25 gennaio, il poliziotto corrotto Nouredin Mustafa (Fares Fares) indaga sull’omicidio di una nota cantante.

Sembrerebbe di trovarsi di fronte a una trama lineare, ma in realtà questa, a lungo andare, si rivela alquanto stratificata. Del resto non potrebbe essere altrimenti, perché la storia e la società egiziana non sono mai state realtà semplici da analizzare: il regista Tarik Saleh lo sa bene e riflette quest’aspetto nel suo Omicidio al Cairo.

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Corpo e anima, la recensione

Nel film Corpo e anima sarebbe calzata a pennello Rihanna che canta “We found love in a hopeless place”. Perché i due protagonisti Endre (Morcsányi Géza) e Maria (Alexandra Borbély) si incontrano in un posto che più “hopeless” non si può: un mattatoio.

Lui è il direttore finanziario, lei un’addetta al controllo qualità. Entrambi possiedono un carattere solitario che li porta a studiarsi da lontano senza tentare un vero approccio, anche perché nel mattatoio regna un ambiente pettegolo e a tratti meschino. Tutto cambia quando Maria e Endre, grazie a un test psicologico, scoprono di fare lo stesso sogno ricorrente, nel quale sono due cervi che si incontrano in un bosco innevato.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Good Time, la recensione

Connie (Robert Pattinson) e Nick (Ben Safdie) sono due fratelli che commettono una rapina in banca. Subito dopo vengono braccati dalla polizia, e nella fuga si salva solo Connie mentre Nick viene arrestato: il fratello a piede libero passerà una notte infernale nel tentativo di farlo uscire dal carcere.

Che déjà-vu. Sembra una storia già sentita mille volte quella di Good Time, e in effetti è così. Ma è anche vero che non annoia mai, nonostante i cliché presenti; anzi, ben vengano se sono raccontati così. Perché il film diretto dai fratelli Safdie fa quello che ogni buon thriller dovrebbe fare: tenere incollati allo schermo. Tutto il sacrosanto tempo.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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A casa nostra, la recensione

È una necessità stringente, un bisogno definito a livello fisico quello che muove Lucas Belvaux e gli fa girare A Casa Nostra. Urgente, immediato, radicato nella contemporaneità in maniera quasi scandalosa, il racconto declina le sue riflessioni, tante complesse e dannatamente scomode, servendosi di un tempo ben preciso, e questo tempo non può che essere quello presente.

Il film rientra nella tradizione del cosiddetto cinema d’impegno, o cinema a vocazione sociale. Per maggior chiarezza e precisione, cinema politico. Certo l’etichetta ha i suoi limiti (un mezzo espressivo che parla delle persone e alle persone può essere non politico?) ma anche i suoi vantaggi, e vale la pena di usarla perché serve adeguatamente lo scopo di una semplificazione introduttiva.

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Il cittadino illustre, la recensione

E’ stato il primo film in concorso per il Leone d’Oro alla 73^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia a ricevere un applauso unanime da parte della Sala Darsena. Infatti ha stregato proprio tutti Il cittadino illustre, la pellicola argentina firmata da Mariano Cohn e Gaston Duprat, che racconta il ritorno nella piccola cittadina di Salas da parte del suo cittadino più illustre, il premio Nobel per la Letteratura Daniel Mantovani.

E se qualcuno si chiedesse come sia stato possibile conquistare una critica che nell’ultima settimana non ha risparmiato nessuno, ebbene la risposta risiede nella semplicità.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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The Assassin, la recensione

Si può fare la recensione di un film che non si è compreso a pieno? È questo il caso di me e The Assassin, film di Hou Hsiao-Hsien, vincitore del Premio alla Regia di Cannes nel 2015, e che esce in Italia il 29 settembre con Movies Inspired.

Parto da ciò che è chiaro: il prologo. I primi dieci minuti mettono le basi per tutto il film: ci viene presentata l’Assassina, estremamente capace, ma rea di provare dei sentimenti, e, per castigo, costretta a uccidere suo cugino, di cui era promessa sposa. Questi dieci minuti, uniti alla contestualizzazione storica posta in calce – siamo nel Medioevo cinese, con la lotta fra corte imperiale e più o meno grandi feudatari – sono l’impianto narrativo di The Assassin.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Ma Loute, la recensione

Inizio Novecento. In un piccolo paese di pescatori arriva una famiglia borghese che una volta l’anno apre la grande casa in stile egiziano-tolemaico (a me sembrava più neoclassico per gli interni ma tant’è) per godersi la villeggiatura: le passeggiate sulla spiaggia, l’acqua salmastra e la vista sulla collina “così suggestiva”. Compongono la famiglia gli sposi Fabrice Luchini e Valeria Bruni Tedeschi, la sorella di lui Juliette Binoche, e le loro figlie, tra cui l’enigmatica e androgina Billie (la giovane Raph). Tutti personaggi che vantano un indistinguibile vita propria e decisamente sopra le righe il cui percorso si incrocerà con quella di una famiglia di pescatori e il loro taciturno figlio chiamato Ma Loute (nome del protagonista ma anche termine desueto per dire donna) il quale si innamorerà immediatamente della giovane di buona famiglia. Tuttavia l’estate sarà rovinata da una serie di sparizioni sulle quali indagheranno un obeso detective (doppiato magnificamente in italiano da Mino Caprio alias Peter Griffin, le cui fattezze ricordano per stazza e portamento l’iconico Oliver Hardy) e il suo tanto buffo quanto elegante assistente.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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