Suffragette, la recensione

Al via, ieri sera, il 33° Torino Film Festival. C’è stato un toccante tributo a Parigi, un’orchestra di giovani talenti del conservatorio di Torino che ha regalato al pubblico Momenti di Gloria e 8 e 1/2, c’è stata la madrina Chiara Francini, forse un po’ meno spumeggiante del solito ma che è riuscita a far fronte con ironia alle piccole, tenere gaffes nell’organizzazione e in qualche modo hanno costituito intrattenimento anche loro.

Ci sono stati bellissimi mazzi di fiori verdi, bianchi e viola, donati alle fantastiche donne che si sono susseguite sul palco, comprese la regista Sarah Gavron, la sceneggiatrice Abi Morgan e la produttrice Faye Ward. Sì, perché verde, bianco e viola, ovvero Green, White e Violet erano i colori e il simbolo del più grande movimento femminista che a inizio secolo gridava: Give Women Vote.

Un cast, sia tecnico che artistico, per la prima volta quasi interamente femminile, un film per la prima volta girato all’interno della House of Parliament, il primo film su un argomento tanto delicato quanto importante, insomma Suffragette porta con sè un sacco di primati e, con essi, un sacco di attese.

La storia prende il suo avvio dalla figura di Maude Watts (Carey Mulligan), operaia in una lavanderia, moglie, madre; una donna che nella sua miseria è riuscita a ritagliarsi piccoli attimi di felicità, che condivide principalmente con il figlio, e che suo malgrado e per puro caso viene coinvolta nel movimento di disobbedienza politica delle suffragette.

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Maude cerca in tutti i modi di non farsi coinvolgere da quello che le sta succedendo attorno ma quando la collega Violet (Anne-Marie Duff), malmenata dal marito violento, non può più portare la sua testimonianza di fronte allo stesso Primo Ministro Lloyd George, Maude seppur riluttante prende il suo posto e dà una toccante testimonianza su quella che era la vita delle lavoratrici nella Londra di inizio secolo. Questo muove in lei qualcosa e, anche se lei cercherà di negarselo fino alla fine, questo è il momento in cui diventa una suffragetta.

Pian piano Maude entra a fare parte del movimento, conoscendo le grandi donne che vi militavano come l’irrefrenabile Edith Ellyn (interpretata da una meravigliosa Helena Bonham Carter), farmacista, laureata in chimica e mente sempre attiva di azioni sovversive.

Quando il Parlamento rifiuta di modificare la legge di voto, Maude e le compagne riunite per il verdetto vengono malmenate e arrestate. Da quel momento la vita della signora Watts non sarà più la stessa: il marito non si fida più di lei e minaccia di allontanarla da casa e di fatto Maude diventa un paria sociale, evitata da tutti, uomini e donne, che la giudicano una vergogna. Nonostante le umiliazioni che deve subire Maude non riesce a distaccarsi dal movimento e anzi ne viene sempre più coinvolta soprattutto grazie alla comparsa della stessa Emmeline Pankhurst (Meryl Streep), fondatrice delle suffragette e costretta alla vita da latitante.

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Le vite di Maude e le compagne si intrecciano e proseguono fra arresti, maltrattamenti, licenziamenti e attacchi alle istituzioni. Maude deve rinunciare alla sua famiglia e all’amato figlio ma la lotta deve continuare.

Sarà solo grazie ad un ultimo, grande gesto che le suffragette otterranno la visibilità che il loro movimento merita.

Un film forte e appassionato che si impone di trattare uno degli argomenti più potenti e delicati della storia contemporanea. Un film struggente senza scadere nel patetico, con una grande intensità che non diventa mai mainstream. La vicenda non ha bisogno di abbellimenti o effetti speciali: ha in sè stessa l’importanza e la dignità dell’essere raccontata, e se poi a raccontarla è un cast d’eccezione allora il successo è assicurato. Carey Mulligan, fortemente voluta per la parte, ci regala una Maude fragile e combattiva, un personaggio che diventa persona e con cui chiunque si può immedesimare e Helena Bonham Carter riesce perfettamente a portare sullo schermo la complicata e carismatica figura di Edith. Poi c’è la grande, seppur breve, presenza dell’inimitabile Maryl Streep, volto che dona alla Pankhurts la giusta verve di cui aveva bisogno.

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Forse in alcuni punti il film può risultare lento, sembra quasi che si voglia indugiare su meccanismi che si ripetono quasi ciclicamente ma questo, forse, aiuta ad entrare in quella che era la quotidianità di queste donne che dal nulla sono riuscite a trovare la forza di lottare per un futuro migliore. Ne deriva anche il fatto che non ci sono grandi colpi di scena, non ci sono scene dall’estrema pateticità che ci strappano, quasi con violenza, qualche lacrima a metà film e d’altronde è giusto così: un’esagerata messa in scena poteva rischiare di distogliere l’attenzione di quella che era la vera storia delle suffragette.

Questo non impedisce alla pellicola di pretendere, sul finale e sui titoli di coda, tutta quell’emozione che aveva sapientemente montato durante il film e tu, spettatore, con un moto che sa quasi di pacifica liberazione, sei ben felice di concedergliela.

Michela Marocco

PRO CONTRO
  • Un grande cast di donne al loro meglio.  Sceneggiatura ben scritta che non esagera.
  • Il primo film sull’argomento che merita di essere visto.
  • Un po’ lento in alcuni frangenti.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Suffragette, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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