The Lobster, la recensione

Cast stellare per un film alquanto stravagante, composto da: Colin Farrell, Rachel Weisz, Léa Seydoux, Ariane Labed, Ben Whishaw e John C. Reilly.

The Lobster è il primo film in lingua inglese del greco Yorgos Lanthimos, regista degli acclamati Kynodontas e Alps.

In un futuro immaginario, essere single è un reato. I single vengono arrestati e tradotti in un elegante albergo, dove sono serviti e riveriti. Ma l’albergo, che ha i corridoi così incredibilmente somiglianti a quelli dell’Overlook Hotel di Shining, è soltanto la superficie di una sadica prigione, in cui i clienti/prigionieri hanno 47 giorni per trovare l’anima gemella, pena la trasformazione in un animale a loro scelta. Ed è quanto succede a David, un introverso self-made-man, che ha il volto di un pacifico Colin Farrell, che rischia la trasformazione in astice. Ma, al di fuori di questa prigione dorata, esiste un gruppo di ribelli di cui non tutti sanno l’esistenza.

Il film, erroneamente presentato come uno sci-fi, è invece un’opera difficile da definire. Dello sci-fi ha solo l’ambientazione in un futuro distopico, ma di fatto esordisce come una commedia drammatica, inizialmente intrisa di un buon umorismo nero. Finisce, poi, per essere una versione più elevata della saga degli Hunger Games, in cui il personaggio di Léa Seydoux sembra essere l’erede di Katniss Everdeen. In effetti, Lanthimos utilizza un’insolita trama da adventure/sci-fi come pretesto per raccontare una serie di banali luoghi comuni sul rapporto di coppia, che diviene poi una riflessione sull’amore.

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Il film piace per la sua unicità, tenendo accesa l’attenzione dello spettatore. Tuttavia, ha una serie di problemi con cui non riesce a far fronte: innanzitutto, la voglia del plot di voler sorprendere a tutti i costi, inscenando a raffica tutta una serie di colpi di scena, che finiscono spesso per sfiorare il nonsense. In secondo luogo, il voler attingere ad un materiale cinematografico troppo vasto ed eterogeneo: in sostanza, il film inizia come un’opera inglese degli anni ’60, ma, nel corso del film, si susseguono rimandi a Stanley Kubrick, Lars von Trier, Wes Anderson e Roy Andersson, per non parlare del cinema da box-office.

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Lo spettatore finisce per rimanerne straniato: di fronte a un materiale così vasto, fatica a trovare la giusta reazione. Ne consegue che il film, da un incipit convincente e coinvolgente, slitta verso un andamento sempre più faticoso, come se volesse a tutti costi trovare un senso, quando è originale già solo per l’idea.

Il finale pacifica molto questo percorso tortuoso, ma le reazioni dello spettatore potrebbero risentirne.

Claudio Rugiero

PRO CONTRO
  • E’ un oggetto particolare e originale.
  • L’iniziale humour noir.
  • La prima parte del film, perfettamente narrativa-descrittiva, convince sulla descrizione dei ritmi che scandiscono la vita in albergo.
  • E’ il film di un regista che ha voluto un po’ strafare.
  • Va avanti quando sembrerebbe finito da tempo, raggiungendo il finale con non poche forzature.

 

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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The Lobster, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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