Un tirchio quasi perfetto, la recensione
Se sperate di ritrovarvi immersi in una commedia dal taglio semplice e geniale come lo era Giù al Nord, abbassate le aspettative. Un tirchio quasi perfetto (al secolo “RADIN!”, letteralmente “Avaro!”) è un discreta commedia, a tratti troppo furba, che scorre via in maniera elegante e mai volgare, senza purtroppo riuscire ad intaccare molto lo spettatore.
Inutile disquisire su quanto inopportune ed inadeguate siano a volte le traduzioni italiane dei titoli, ma una cosa va chiarita: non ci troviamo davanti al remake di un vecchio film con Adriano Celentano o Lino Banfi, ma alla visione di un prodotto cinematografico nuovo sul quale pesa un titolo dal sapore stantio, al pari di quello che dovrebbe avere la bustina di ketchup scaduta, luculliano condimento di una cena del protagonista della pellicola.
La nuova fatica del francese Fred Cavayé, che sarà in sala dal 16 marzo prossimo, distribuita da Bim Distribuzione, ci presenta François Gautier, straordinariamente interpretato da Dany Boon, tirchio cronico, eccessivamente e grottescamente spilorcio ma, allo stesso tempo, musicista di raro talento. Uno che si fa pagare l’affitto dalla figlia appena conosciuta.
In confronto l’Avaro di Molière risulta uno scialacquatore di denari.
La tirchieria patologica, a tratti irritante e meschina, è vissuta come una vera e propria malattia. Gautier incarna il prototipo del taccagno, l’archetipo di colui che si dedica a tempo pieno al Dio denaro. Ma quanto ripaga essere tirchi? Quando costa la spilorceria, in termini di relazioni interpersonali? Qual è il prezzo della menzogna? Nella seconda parte del film, che risulta piena di alti e bassi, ci si interroga anche un po’, in modo molto molto leggero, senza troppo sconvolgimento intellettivo, su quanto sia importante l’equilibrio, in ogni campo della vita.
In sintesi, Un tirchio quasi perfetto è un prodotto credibile e piacevole, senza troppe pretese, che si regge dignitosamente sulla maestria di Boon.
Piccola riflessione non direttamente legata al film: durante la visione ci si trova a pensare inevitabilmente a un ipotetico remake made in Italy. Motivo per il quale, mentalmente, durante la visione ci si improvvisa esperti casting e si iniziano a sostituire i visi dei protagonisti, con quelli dei soliti attori comici nostrani. Gioco che, in questo caso, risulta piuttosto semplice… provare per credere, si accettano scommesse!
Ilaria Berlingeri
PRO | CONTRO |
89 min. di divertissement, grazie all’ottima interpretazione di Dany Boon. | I troppi alti e bassi del film, che rendono la trama farraginosa. |
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