Venezia 76. Borotmokmedi (The Criminal Man)
Borotmokmedi (The Criminal Man) del regista georgiano Dmitry Mamuliya è un film inserito, forse per sbaglio, nella sezione “Orizzonti” della Mostra del Cinema di Venezia.
Esterno – giorno: ci troviamo su strade che si snodano alla periferia di Tblisi, tra collinette spoglie e nulla d’altro. Un uomo, sceso dalla sua auto, si ritrova ad assistere da lontano ad una esecuzione. Un malcapitato viene freddato da tre colpi di pistola per poi venire abbandonato su un prato. Il casuale testimone attende che le auto degli assassini si dileguino per poi avvicinarsi e studiare con calma la scena del delitto. Decide di chiamare la Polizia solo dopo essere giunto a casa. Compone il numero, attende e poi riappende.
Prima domanda: la Polizia, in Georgia, non vede il numero del chiamante? È un film, non facciamoci caso.
Dopo questo evento, il nostro protagonista si appassiona ai casi delittuosi e intraprende una metamorfosi, tutta interiore, che lo porterà a diventare lui stesso un criminale.
Prima di addentrarci nel giudizio critico occorre precisare che il film è suddiviso in quattro capitoli ma la Sala Darsena stava già svuotandosi alla fine del secondo. Noi siamo stati stoicamente sulla poltroncina fino alla fine per essere del tutto obiettivi.
Saremo didascalici.
Scenografia: livida e anonima.
Ritmo: lentissimo.
Recitazione: monocorde, piatta, fastidiosa.
Sceneggiatura: battute che sembrano inserite a caso. Scollamento pressochè totale tra una scena e l’altra. Quadri sconnessi con infinite e inutilmente lunghe sequenze silenziose.
Le turbe interiori vengono rappresentate con inespressivi primi piani privi di intensità che si protraggono in esacerbanti lungaggini. Per riuscire ad arrivare fino ai titoli di coda occorre essere pervasi da un amore incondizionato verso il Cinema per poi scoprire che sarebbe stato meglio dedicarsi ad altro.
Il regista georgiano sembrava intenzionato ad emulare i Maestri del cinema sovietico come Tarkovskij ma senza minimamente arrivare al risultato. Mamuliya ha fatto il passo più lungo della gamba, scoprendo che l’utilizzo delle metafore attraverso immagini è molto rischioso. O sai cavalcare la tigre, o ne vieni sbranato.
Marcello Regnani
PRO | CONTRO |
Siamo quasi certi che non verrà distribuito in sala. | Tutto. |
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