Venezia 76. Guest of Honour

È un buon film quello diretto da Atom Egoyan (candidato all’Oscar con Il Migliore Domani). La storia è molto semplice: David Thewlis (Remus Lupin in Harry Potter) è un padre di famiglia, ispettore sanitario nei ristoranti della città, cui è morta la moglie, e che ha una figlia che finisce in prigione per aver portato avanti un flirt con un ragazzo suo studente.

La vicenda si compone di tre diverse narrazioni, tutte condotte dalla figlia Veronica (Laysla de Olivera) che si presenta a padre Greg (Luke Wilson), per dargli informazioni utili sul padre per il suo elogio funebre. Le tre narrazioni sono: il profilo del padre, la storia di lei come insegnante e del rapporto con il suo studente, la storia di Veronica da piccola, intrecciata con il cancro della madre e il vivere del padre.

Il ritratto che ne esce è quello di una famiglia con una sua dignità, sempre legata alla figura del padre, il quale riesce a convivere perfettamente con il dolore portato dalla sua sposa, ma non con i complessi che sembra aver avuto Veronica.

Veronica è infatti l’oggetto del dubbio psicologico che arriva ad attanagliare anche gli spettatori. È una donna all’apparenza matura, solida, innamorata del suo lavoro, ma che a tutti gli effetti ha avuto da piccola una mancanza nel rapporto col padre, mancanza che si è manifestata più avanti con il flirt che ha danneggiato un suo studente, tanto da portarlo al tentato suicidio.

Ecco che in un paio di casi il punto di vista della protagonista diventa inattendibile. E che cosa accade quando la tua guida sul set dimostra di non essere del tutto centrata? Gli spettatori vanno leggermente a disagio. Questo disagio non è lo stesso che si presenta in altri film, quel disagio che ci porta a smarrire la bussola. Questo non accade perché abbiamo una serie di sicurezze che sono già state costruite e convalidate, quando scopriamo l’inattendibilità della nostra fonte.

Tuttavia, è molto interessante vedere il disagio psichico di una donna, rappresentato in modo convincente e leggero, appena accennato, come vedere la punta di un iceberg che cela una mole prorompente sotto di sé. È questa, a mio avviso, la grande capacità che ha Egoyan, primo sceneggiatore di questa opera. Si può convivere con il proprio disagio, può diventare parte di noi stessi e lo possiamo portare in giro con nulla, con una semplicità disarmante. Ma quello prima o poi emerge. Ecco che la sacrestia diventa l’ufficio di un terapeuta, sul divanetto ci si vorrebbe distendere e semplicemente parlare del confronto con la realtà. Padre Greg lo sa, e per questo non forza la situazione, non impedisce a nessun pensiero di scorrere, lascia che la donna si metta a nudo con sé stessa, in primis.

Il risultato è un avvincente film psicologico, che non assume la pesantezza caratterizzante il genere. Un’ora e quaranta di introspezione, con un montaggio che subisce i gusti nazionali canadesi (colori molto vivaci quando parliamo dei flashback), una sceneggiatura davvero ben scritta, degli attori di buona qualità, dialoghi profondi e capacità di inserirsi molto bene dentro uno spaccato di vita assai drammatico.

Roberto Zagarese

PRO CONTRO
  • Sceneggiatura.
  • Recitazione.
  • Musiche.
  • Costumi.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +4 (da 6 voti)
Venezia 76. Guest of Honour, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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