Wes Craven: una riflessione personale

Wes Craven ci ha lasciati.

Stroncato da un tumore al cervello che, pudicamente, non aveva annunciato pubblicamente, il settantaseienne regista americano se ne è andato in silenzio, lasciando letteralmente in lacrime uno stuolo di fan e generazioni di cineasti che a lui si sono ispirati.

A mente fredda, a una giornata dalla scomparsa di uno dei più grandi artisti del panorama horror internazionale, vorrei abbandonarmi a una considerazione sull’argomento. Parole forse in disordine che non hanno nulla a che fare con il taglio editoriale solito di DarksideCinema, ma che rappresentano solo il dispiacere di chi il cinema l’ha imparato ad amare grazie a un autore che oggi, improvvisamente, non c’è più.

Innanzitutto, Craven è stato un pioniere, uno di quei punti essenziali nel percorso evolutivo che il cinema americano ha seguito tra gli anni ’60 e ’70 , postmoderno, come qualcuno potrebbe puntualizzare. Il genere di riferimento è l’horror e lo stile anarchico e di rottura con cui Craven si è presentato con i suoi due primi film, L’ultima casa a sinistra e Le colline hanno gli occhi, è stato di assoluta influenza per tutto il cinema di genere a venire. Insieme a George Romero, John Carpenter, Tobe Hooper e David Cronenberg, Craven è stato l’iniziatore per quel new horror che ha rivoluzionato il genere; non è un caso se molti suoi film sono stati oggetto di remake negli anni recenti e molti autori si sono sempre detti ispirati dal suo operato, perché Craven ha fatto la storia, c’è poco da dire.

LAST HOUSE ON THE LEFT, THE - Silver Ferox Design v1In molti, negli anni, lo ricordano per essere il papà di Freddy Krueger, l’icona cinematografica horror più importante dagli anni ’80 a oggi, o per aver diretto la fantastica tetralogia di Scream. Ma Craven non è stato solo un punto di riferimento per la nascita del filone slasher, piuttosto ha firmato alcuni gioielli che scavano a fondo nel marciume dell’America, ridefiniscono le istituzioni primarie e hanno una sedimentazione fortissima nella critica a una società che Craven derideva con caustico affetto.

Un dato che mi ha fatto stringere il cuore è rappresentato da alcuni stati in cui mi sono imbattuto sui più famosi social network all’indomani della notizia della morte del regista di Nightmare on Elm Street. Insieme a link ad articoli da redazione spettacoli di noti giornali e i canonici R.I.P., ho riscontrato che molte persone parlavano di Craven come artista che ha influenzato la loro carriera. Si tratta di personaggi del settore, sia mainstream (ad esempio il regista di Saw e Insidious James Wan) che ultra indie, ma anche semplici fan che nella vita si occupano di tutt’altro. Questa cosa ha avuto l’effetto di un morsetto al cuore perché ho pensato di non essere solo, abituato a leggere il nome di Craven attribuito ai quei due magnifici film di grande successo e speso accostato – nei forum specializzati – all’aggettivo sopravvalutato. Personalmente Craven è stato tra le cinque persone più influenti nella mia vita e se la mia passione per il cinema è iniziata con l’horror e per qualcuno sono diventato anche un “penna autorevole in materia”, questo è grazie a Wes Craven.

Nightmare-on-Elm-StreetNightmare – Dal profondo della notte è stato, a onor di memoria, il primo film veramente horror che da bambino vidi, un colpo di fulmine che mi ha iniziato al genere e mi ha fatto affezionare in maniera maniacale a Freddy Krueger. Da lì Craven c’è sempre stato: il suo nome è stato ripreso in Dylan Dog – altro punto fermo nella mia formazione culturale e umana – per il nome della via in cui l’Indagatore dell’incubo abita, il suo primo film, L’ultima casa a sinistra, è stato per anni al centro delle mie ricerche, introvabile chimera mai distribuita in home video ai tempi delle videocassette, che da adolescente mi ha spinto fino al recupero di un vhs americano, che inevitabilmente ero costretto a guardare (e riguardare) in bianco e nero per una questione di codifiche. E la gioia di stringere tra le mani, da bambino, la videocassetta CBS Fox del primo Nightmare, trovata su un banco del mercatino di Porta Portese alla non certo esigua cifra di 20 mila lire, poi la ricerca spasmodica con scambi e copie pirata dei suoi film più introvabili con altri appassionati in giro per l’Italia, in un’epoca in cui internet non c’era ancora. E ancora Scream come sottofondo delle prime cotte amorose, il costume di ghostface come evergreen per le feste di Halloween di almeno un lustro a seguire e l’emozione da occhi lucidi quando entrai in sala per vedere Scream 4, ultimo bellissimo film di Craven dall’irrimediabile effetto madeleine in chi, come me, quindici anni prima era adolescente e il primo capitolo lo amò alla follia.

Deadly Friend (1986)Una vita scandita da ricordi legati, direttamente o indirettamente, a Wes Craven.

Un vero pugno nello stomaco quando, lunedì 1 settembre, la notifica di un messaggio privato su Facebook mi ha svegliato annunciandomi la triste notizia di cui mai avrei sospettato. La prima reazione è stata di andare a spulciare subito gli ultimi aggiornamenti di stato sul social network, speranzoso in una falsa notizia, constatando, invece, che tutti lo confermavano. E pensare che la sera prima avevo cominciato a guardare la serie tv Scream leggendo, con una certa speranza e avida foga, il nome di Craven tra i produttori esecutivi.

Grazie Wes, grazie sinceramente di tutto. Oggi sono quello che sono anche per merito tuo.

Roberto Giacomelli

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