C’è ancora domani, la recensione

Già campione di incassi a due settimane dall’uscita in sala, C’è ancora domani è l’esordio alla regia di Paola Cortellesi, nelle vesti di regista, sceneggiatrice e protagonista della propria opera prima. Un esordio che vede l’attrice romana interpretare Delia, una donna delle borgate romane del secondo dopoguerra, madre di tre figli e moglie di un uomo violento. Il film segue la quotidianità della donna tra le commissioni giornaliere, i doveri di madre e le sofferenze di un matrimonio travagliato; il tutto senza mai dimenticare la centralità dei sentimenti della protagonista.

Il punto di forza di questo film è infatti la splendida capacità di riuscire ad amalgamare i vari elementi senza mai perdere di vista la propria stella polare: Delia. Il personaggio della Cortellesi, diversamente da altri molto marginali, è, insieme alla figlia Marcella, il meglio scritto ed elaborato di tutta la pellicola. Una figura capace di rendere sullo schermo le complessità della vita di una donna negli anni ‘40, un personaggio prismatico che lotta internamente tra la ricerca di un’indipendenza e l’accettazione delle proprie condizioni subordinati di madre e moglie.

Tutti gli altri personaggi che attraversano la vita della protagonista risultano invece acerbi, poco sviluppati; fatta eccezione per il marito Ivano, magistralmente interpretato da Valerio Mastandrea, la cui scrittura quadrata è funzionale alla storia. Un uomo duro e freddo, un monolite che si oppone, anche fisicamente, alla libertà e all’individualità della moglie Delia. Altra menzione d’onore nel cast è sicuramente Emanuela Fanelli che, nel ruolo dell’amica Marisa, rende i pochi minuti sullo schermo squisiti e preziosi.

In 118 minuti Paola Cortellesi riesce a trascinare lo spettatore in una Roma che non si era mai vista, l’impianto scenico strizza l’occhio al neorealismo in maniera estremamente metacinematografica. Questo realismo posticcio accentua i toni e ricalca il concetto che tutto ciò che vediamo in scena è vero e metafora al contempo. La Roma del dopoguerra della Cortellesi potrebbe essere la Bolzano di oggi perché tolta la romanità delle voci e le location di borgata, i temi trattati sono universali e arrivano ad ogni tipo di pubblico.

C’è ancora domani è infatti il nostro Barbie, anche più bello; il film prende a piene mani dalla nostra tradizione cinematografica e al posto di un empowerment femminile in stile americano sceglie di mettere al centro la donna che trova forza nelle proprie debolezze, che affronta i veri demoni di un patriarcato violento. Le mille storie di violenza domestica e famiglie disastrate abitano i nostri schermi, cinematografici e non, e le nostre cronache da sempre e la Cortellesi riesce a trasporre tutto ciò in una commedia che affronta e sviscera la complessità di questi fenomeni senza nascondersi dietro a pupazzi o strani stacchetti musicali.

Un film che riesce ad arrivare dritto al cuore dello spettatore e a consegnare un bellissimo messaggio di speranza e redenzione senza scadere mai nel banale, ma anzi esplorando in maniera complessa e accurata l’intimità e l’amore tra madre e figlia e l’amicizia femminile.

Se il paragone con il film della Gerwig viene naturale, è naturale anche riscontrare che la Cortellesi porta per la prima volta nel cinema italiano un film anti-nostalgico che parla del passato come di un luogo terribile dove le cose erano ben peggiori.

Un film sincero, potente e incredibile dove la Cortellesi realizza un esordio alla regia cosciente e solido. Un’opera quanto mai necessaria nel panorama italiano e che si spera sia l’inizio di una prolifica e qualitativa carriera.

Emanuele Colombo

PRO CONTRO
  • Protagonista incredibile.
  • Temi.
  • Personaggi secondari molto marginali.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +1 (da 1 voto)
C'è ancora domani, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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