Elemental, la recensione

Fino ad oggi la Pixar si è mossa in due macro-ambienti tematici, ben sviluppati a sagacemente sviscerati in ogni loro accezione: l’amicizia e la famiglia. È in quei territori che si sono costruite e articolate le avventure di Woody e Buzz di Toy Story o di Marlin e Dory in Alla ricerca di Nemo e sequel, le follie un po’ naif di Inside Out e Soul, le peripezie e le aspirazioni di Up e Ratatouille, le problematiche infantili/adolescenziali di Coco, Luca e Red. Ma l’amore tra due individui, quello ancora per la Pixar è un territorio inesplorato, non fosse per quella dolcissima, ma inevitabilmente asettica, anomalia che è love-story robotica tra Wall-E e Eve. Oggi però ci pensa Peter Sohn, autore del soggetto e regista di Elemenatal, a colmare questa lacuna con il primo lungometraggio dichiaratamente romance (seppur social-avventuroso) di casa Pixar.

Ember Lumen è una ragazza di fuoco, letteralmente, ed è un’abitante di Element City, dove i suoi genitori sono arrivati dalla terra del fuoco quando lei era ancora nel grembo di sua madre. Qui, il papà di Ember ha tirato su un negozio di alimentari con l’idea di lasciarne la gestione a sua figlia e infatti la ragazza sta velocemente imparando ad essere la degna erede che suo padre spera, se non fosse per un carattere eccessivamente fumantino che mal si sposa con i capricci e le esigenze della clientela. Proprio durante il primo stressante giorno di saldi, lasciata sola in negozio dal fiducioso padre, Ember dà in escandescenza causando un danno alle tubature che risucchiano all’interno del negozio Wade, un giovane ispettore sanitario fatto di acqua. Wade nota molte irregolarità nel negozio dei Lumen e, dopo averne preso nota, fugge attraverso le tubature non ascoltando le preghiere di Ember. Ora la ragazza è nei guai perché quella visita inattesa può portare alla chiusura del negozio, quindi il suo obiettivo è ritrovare Wade e dissuaderlo dal far procedere la denuncia nei confronti del suo negozio.

Ma questo è solo l’incipit della grande storia che compone Elemental, che ben presto, come si diceva, dà vita a una anomala love story tra due personaggi che per natura non sono fatti per stare insieme: fuoco e acqua.

La bella intuizione di Peter Sohn, che ha dichiarato di essersi ispirato alla storia della sua famiglia di immigrati coreani negli Stati Uniti, è di raccontare le difficoltà dell’integrazione culturale di alcune minoranze e come l’amore può essere il vero motore capace di farle superare.

Ember è figlia di immigrati, quindi è la prima generazione nata a Element City, ma la sua cultura – così come accade, nella realtà, alle comunità asiatiche o indiane nelle grandi metropoli – è molto chiusa e l’integrazione diviene particolarmente complessa anche per chi, a tutti gli effetti, è originario di questa altra realtà. È un problema comune nelle grandi città cosmopolite che viene rappresentato con grande intelligenza in Elemental portando la protagonista Ember a scontarsi tanto con la “cultura dominante” degli esseri di acqua, che ha sempre scansato chiudendosi nel suo quartiere di fuoco, quanto con la prima vera “cotta” – è proprio il caso di dirlo! – che avviene proprio nei confronti di un ragazzo appartenente a questa etnia/cultura.

Elemental gioca, così, con tutta una serie di caratteristiche proprie dei vari elementi della natura (ci sono personaggi anche di Terra e Aria) con i quali è possibile costruire momenti divertenti ma anche chiare metafore della diversità che si può quotidianamente riscontrare in ogni metropoli. E la diversità è arricchimento, si sa, così nel bel film di Peter Sohn ogni personaggio può uscirne migliore, superando i pregiudizi e le proprie chiusure personali e culturali.

La formula Pixar è subito percepibile in Elemental, con un pizzico di Zootropolis che fa capolino soprattutto nel racconto corale metropolitano, ma l’attenzione è tutta incentrata sui sentimenti e sulle emozioni che la storia sa suscitare, grazie a una costruzione molto curata di ogni personaggio che abilmente evita gli stereotipi, a cominciare dal bizzarro Wade, un ragazzo sensibile ed eccessivamente emotivo che non può fare a meno di esternare le sue emozioni con frequenti (e comicissimi) pianti.

Inoltre, quello che conquista in Elemental è il world building molto affascinante, un lavoro importante da un punto di vista grafico, geografico e architettonico che mira alla costrizione da zero di una città – Element City – in cui ci sono vie, quartieri, edifici a misura di elemento con caratteristiche che, di volta in volta, richiamano l’acqua, il fuoco, la terra e l’aria.

Purtroppo, negli Stati Uniti Elemental non è partito bene al botteghino, facendo registrare il peggior esordio ad oggi di un film Pixar, forse a causa della pessima abitudine che la Disney sta instillando ai propri spettatori con le recenti finestre di rilascio su Disney+, oppure per un sentimento negativo che l’animazione targata Disney sta generando in una fetta di spettatori per la questione dei contenuti inclusivi e tematiche di rilievo sociale. Non sappiamo quale sia la ragione di questo insuccesso, ma è un peccato negarsi la bella esperienza cinematografica che Elemental può dare al pubblico, perché è un film visivamente bellissimo e con tematiche adulte e importanti, trattate però con quella leggerezza tipica dei prodotti Pixar.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il world building di Element City.
  • Il modo come sono affrontate alcune tematiche di rilevanza sociale.
  • Se siete stufi del cartoon Pixar di qualità c’è molta altra roba più infantile in giro su cui vi potete orientare
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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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