Fai bei sogni, la recensione

Massimo è giovanissimo quando muore sua madre, con la quale aveva un rapporto al limite del simbiotico. La sua è una ferita che non si rimargina ma si attenua quando, da adolescente e poi da adulto, Massimo (Valerio Mastandrea) decide di innalzare attorno a sé una fortezza di indifferenza emotiva. Saranno necessari numerosi incontri, in particolare quello con la dottoressa Elisa (Bérénice Bejo), per aiutarlo ad affrontare il dolore e a scoprire la verità sulla morte della madre.

Il film di Marco Bellocchio è denso, ostico, lugubre; e non solo per il tema che tratta. È rigido e opprimente in tutte le sue componenti, dagli ambienti fino alla recitazione degli attori: persino nelle scene di ballo si avverte un’artificiosità che contrasta con la leggerezza di cui queste dovrebbero essere portatrici. Il peso sul cuore di Massimo diventa un peso che avverte anche lo spettatore, invischiato com’è in questa coltre più grigia del cielo di Torino, dove è ambientata parte della vicenda.

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Sembra che nei film incentrati sulla morte i toni debbano essere per forza patetici, o, al contrario, grevi fino alla nausea. Al secondo caso appartiene Fai bei sogni: terribilmente prolisso e lento, ogni tanto si avvale di elucubrazioni filosofiche (si veda il dialogo tra il giovane protagonista e il professore interpretato da Roberto Herlitzka) ma più spesso di immagini simboliche. Del resto accade spesso che nel cinema di Bellocchio contino più le suggestioni visive che le parole; ma se le immagini possiedono una flebile forza comunicativa, allora tutto perde di senso.

La madre di un amico, il suicidio di un uomo d’affari, un professore che pontifica su Dio e il paradiso, le morti di Sarajevo, rappresentano tutti archetipi dal valore simbolico immediato ma debole: ci vuole poco a comprendere che sono tutti rimandi palesi alla morte della madre. L’unico che fatica a capirlo è proprio Massimo. Di fatto gli episodi e i personaggi che contribuiscono alla rinascita del protagonista sono meteore, si affacciano velocemente nella sua vita e poi scompaiono (a parte il personaggio di Bérénice Bejo, la cui presenza è radiosa), inglobati inoltre in una struttura narrativa sfilacciata.

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Anche il momento spartiacque della lettera risulta, invero, di un’ovvietà quasi imbarazzante – e nient’affatto sconvolgente, come invece afferma uno dei personaggi -, ma la colpa di quest’espediente è da imputare a Massimo Gramellini, autore del libro da cui è tratto il film.

Fai bei sogni è al cinema dal 10 novembre, distribuito da 01 Distribution.

Giulia Sinceri

PRO CONTRO
La presenza di Bérénice Bejo. Ostico, lento, prolisso, sfilacciato.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Fai bei sogni, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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