Greenland, la recensione

Mentre il mondo intero guarda con fascino l’attraversamento di una cometa nei cieli terrestri, l’ingegnere edile John Garrity, in crisi con sua moglie Allison e pronto a festeggiare il compleanno del figlioletto Nathan, riceve un’allerta presidenziale: il passaggio della cometa non è un evento innocuo come i media stanno dicendo, ma entrerà in rotta di collisione con la Terra e causerà un’estinzione di massa più disastrosa di quella che portò alla morte dei dinosauri. John e la sua famiglia sono stati selezionati per trovare salvezza in un bunker governativo segreto, insieme ad altre persone, e hanno poche ore per presentarsi all’aeroporto e concludere tutte le procedure utili ad essere messi in salvo. Ma non hanno fatto i conti con un imprevisto: Nathan, che soffre di diabete, ha smarrito la sua insulina e questo dettaglio potrebbe compromettere l’imbarco!

Questo è l’incipit di Greenland, il disaster-movie diretto da Ric Roman Waugh e interpretato da Gerard Butler e Morena Baccarin che Lucky Red, in collaborazione con Universal Pictures, ha distribuito nei cinema italiani l’8 ottobre, in un periodo drammatico per i cinema di tutto il mondo che ha fatto optare invece la distribuzione internazionale per una release direttamente in streaming. Drammatico per ragioni legate alla pandemia da covid-19, che sta letteralmente distruggendo il mercato cinematografico in sala, una situazione che in prospettiva della seconda ondata che sta travolgendo buona parte dei Paesi del mondo ci trascina in un’atmosfera tragicamente vicina a quella che si respira in Greenland, quindi ai dettami del disaster-movie.

GREENLAND

Non avremmo mai pensato di poter provare nella realtà quelle sensazioni legate al mondo della fiction, ma guardare oggi – autunno 2020 – un film con Greenland fa un certo effetto, crea un’empatia verso i personaggi maggiore di quella che avremmo provato anche solo dieci mesi fa, amplifica il dramma, a maggior ragione considerando che quello di Ric Roman Waugh è un film molto focalizzato sui rapporti umani, sulla famiglia, più di quanto lo sia sulla catastrofe stessa.

In fin dei conti Greenland, come buona parte dei film dello stesso genere, ci racconta il prima e non il mentre o il dopo, quindi l’attesa della catastrofe, i meccanismi psicologici che si innescano nelle persone che sanno che stanno andando incontro alla probabile fine. Speranza, rimpianto, tristezza, disperazione, serenità, violenza: un misto di emozioni che si susseguono nei rappresentati dell’umanità che il film decide di raccontare, con un impianto però meno corale di quello a cui solitamente siamo abituati.

Greenland

La sceneggiatura di Chris Sparling, infatti, è molto incentrata sulla famiglia Garrity, sul loro status di privilegiati (sono stati sorteggiati per sopravvivere in un bunker governativo) che a mano a mano che la storia procede diventa più una condanna che una benedizione. Loro hanno dei problemi legati alla fedeltà coniugale (a John piacciono le relazioni extraconiugali, dettaglio molto insolito per i protagonisti di questi film familisti ma perfettamente in linea con il percorso di redenzione del personaggio) e un figlio diabetico che potrebbe rappresentare un serio problema nell’ottica di un disastro come quello che sta per avvenire, inoltre lo status di “prescelti” li fa improvvisamente percepire da chi li circonda come egoisti, malvagi, bersagli da abbattere (e magari prendere il loro posto), simbolo di un sistema corrotto, fonte di forte invidia; vedono negli sguardi di amici e parenti che si trovano costretti ad abbandonare un sentimento di grande delusione, verso di loro, verso il Sistema, verso la vita. A tal proposito è molto intensa e davvero terribile la sequenza in cui viene chiesto ai Garrity di portare con loro una bambina, amichetta di Nathan, ma che non è stata selezionata.

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Ric Roman Waugh, che è un artigiano di gran mestiere e in passato ha firmato ottimi prison movie come La fratellanza e Snitch – L’infiltrato, ma anche action meno ispirati come Attacco al Potere 3, sembra essere perfettamente a suo agio con il materiale fornitogli e sa gestire, bilanciandoli, tanto il dramma famigliare quanto le scene action e di distruzione. Greenland centellina i momenti di vera catastrofe, affidandoli per lo più alle immagini che scorrono nei servizi del TG o ai found footage rubati dai social, e spinge il pedale dell’azione in rari momenti come quello dell’assalto all’aeroporto (che sembra uscito direttamente da un film sugli zombie!), la colluttazione in un furgoncino, la pioggia di detriti e l’incidente aereo, ma gestisce meravigliosamente i momenti di alta tensione. Ad un certo punto, la famiglia Garrity si troverà divisa e l’obiettivo primario non sarà più quello di scampare alla cometa ma di ricongiungersi ai propri cari per passare insieme gli ultimi istanti di vita: questo blocco del film da vita a sequenze di grande intensità emotiva e di adrenalina sicura che riescono a fare di Greenland un degno esponente del disaster movie senza che ci siano troppe e ingombranti connessioni con il cinema delle “meteore killer” del passato (pensiamo a classici come Quando i mondi si scontrato, Meteor, Armageddon, Deep Impact, tutti molto differenti tra loro e da Greenland).

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Gerard Butler è ormai perfetto per i ruoli da eroe “umano” che riesce con il suo carisma a reggere un personaggio che in mano ad altri interpreti sarebbe potuto risultare molto più monocorde, ben spalleggiato da Morena Baccarin, che ricordiamo nella serie Gotham e in Deadpool, nel ruolo di una mamma/moglie/donna tosta e determinata ma anche fragile e iperprotettiva.

Unico neo di un film che, per il suo genere, funziona molto bene, è l’epilogo: se tutto fosse terminato un paio di minuti prima, staremmo parlando di un gran bel film, invece a causa di una chiusura “poco coraggiosa”, dobbiamo parlare “solo” di un bel film.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Narrativamente coeso e capace di trovare una strada che lo differenzi dagli altri film sulle meteore killer.
  • Emotivamente d’impatto.
  • Gerard Butler e Morena Baccarin pienamente promossi.
  • L’epilogo è stonatissimo.
  • Un po’ di originalità in più nel tratteggio dei personaggi non avrebbe guastato.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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