I morti non muoiono, la recensione

Lo zombi è uno dei “mostri” postmoderni più affascinanti e complessi perché è riuscito con efficacia a raccontare la società, a farsi metafora del malessere, dell’omologazione, del capitalismo imperante che porta al consumismo, della futilità della vita e dei beni attorno a cui tutto ruota. Inoltre, lo zombi è riuscito a svecchiarsi, rinnovarsi, contaminarsi, celebrarsi rimanendo costantemente sulla cresta dell’onda del panorama horror internazionale e facendosi protagonista di successo al cinema, sui fumetti, nei videogiochi e in televisione.

Anche i sassi sanno che il papà putativo dello zombi come lo conosciamo oggi è George A. Romero, giustamente celebrato in ogni dove e dal quale siamo tristemente orfani, che ha saputo donare (a suo dire inconsapevolmente… all’inizio) nuovi significati e una mitologia originale all’immagine del morto vivente slegandolo dalla tradizione religiosa. Da allora – e parliamo del 1968, anno d’uscita del capolavoro La notte dei morti viventi – il nuovo archetipo dello zombi è stato utilizzato da altri, citato, smembrato, ricomposto e riciclato, rimanendo sempre vivo nell’immaginario popolare, grazie anche a prodotti di successo come il serial fumettistico-televisivo The Walking Dead.

Oggi, a un passo dall’inizio del terzo decennio del XXI secolo, quel mito horror/pop viene adottato da un autore originale e sensibile come Jim Jarmusch, celebratissimo esponente del new-indie e già alle prese con un altro archetipico personaggio horror, il vampiro, nel film di successo del 2013 Solo gli amanti sopravvivono.

i morti non muoiono

I morti non muoiono (The Dead Don’t Die) è stato scelto per aprire la competizione del 72° Festival di Cannes, scelta singolare per un film sui morti viventi se non fosse per il nome del regista e sceneggiatore, abbonato alla Croisette dai tempi di Stranger Than Paradise (1984). Solo che le fin troppo alte aspettative sono state tradite e quella di Jim Jarmusch è una zombie-comedy sciocchina, poco divertente, per nulla suggestiva e men che meno ispirata.

Centerville, in Ohio, è “un posto gradevole in cui vivere”, come recita il cartello che da il benvenuto in città. Qui lo sceriffo Cliff Robertson e i suoi colleghi Ronnie e Mindy passano il tempo a cercare ladri di galline, spettegolare sulla “stramba” Zelda, che ha preso in gestione le pompe funebri, ed abbuffarsi nella tavola calda del paese, finché proprio il diner diventa teatro di un duplice orrendo omicidio: due donne sono state massacrate, come “sbranate da una o più belve”. Ma questo è solo il preludio a una vera e propria resurrezione di massa dal cimitero della città. Sarà colpa degli sconvolgimenti climatici che hanno modificato l’inclinazione dell’asse terrestre?

i morti non muoiono

Con il suo stile sognante e surreale, Jarmusch racconta la provincia americana da un punto di vista per lui inedito: quello della zombedy. Cavalcando l’onda, ormai un po’ affannata, dei film comico/grotteschi nati da una costola del bellissimo Shaun of the Dead – L’alba dei morti dementi (2004) di Edgar Wright, il regista di Daunbailò si lancia in un troppo lungo susseguirsi di sketch legati insieme da personaggi deboli e un filo narrativo esilissimo. Ne viene fuori un racconto sfilacciato e fiacco che si sviluppa quasi tutto in una notte, durante la quale i personaggi – capitanati dal terzetto di poliziotti – non fanno altro che sopravvivere agli attacchi degli zombi. Zombi che comunque arrivano a film abbondantemente iniziato, un tempo necessario a preparare un’atmosfera e un senso del pericolo imminente che abbiamo vissuto da spettatori fin troppe volte, esattamente nello stesso modo.

Ci si chiede, allora, se I morti non muoiono sia solo un joke per far sì che Jarmusch esprima il suo – fino ad ora celato – amore per il genere zombesco, visto anche l’insistito riferimento a La notte dei morti viventi e un momento particolarmente gratuito e fuori contesto in cui (si suppone) sia Plan 9 From Outer Space di Ed Wood l’oggetto della strizzata d’occhio. Però il dubbio sulle intenzioni di Jarmusch si pone nel momento in cui l’epilogo, con tanto di voce narrante, trae le fila del film imbastendo una morale che è la stessa, identica, a cui era giunto manifestamente nel 1978 George Romero con Zombi e su cui si è basata buona parte del cinema zombesco dell’autore di Pittsburgh e dei numerosi suoi emuli.

the dead don't die

Lo zombi nel film di Jarmusch è l’essere umano schiavo della massificazione, dei beni di consumo e della tecnologia? Ma dai! Un’ora e quarantacinque minuti per dirci esattamente quello che ci hanno già detto (e meglio) tantissimi film e diversi autori in circa 50 anni di cinema, fumetti e televisione.

Al di là della delusione data dalla visione d’insieme de I morti non muoiono, il film appare poco riuscito anche per singoli elementi. L’ironia, su cui palesemente si è insistito anche in fase promozionale, funziona a corrente alterna e se è sicuramente carino il momento in cui i personaggi disquisiscono della stessa sceneggiatura del film che stanno interpretando, gran parte delle gag risultano fiacche e incapaci di far sorridere, spesso ammortizzate anche dai ritmi fin troppo dilatati che le riguardano.

I personaggi, poi, non lasciano mail segno. Bill Murray dà vita a uno sceriffo poco carismatico, superato in personalità dal vice impersonato da Adam Driver che, a conti fatti, è il personaggio più interessante proprio per la sua particolarità metafilmica. Chloe Sevigny è pressoché non classificata, così come Danny Glover, RZA, Selena Gomez e Tom Watts narratore/osservatore scevro dalle corruzioni materiali. Steve Buscemi è il bigotto reazionario trumpiano che deve convivere, suo malgrado, con una società multietnica, un personaggio che avrebbe potuto dare di più al film se non fosse stato utilizzato solo per un paio di pose; Tilda Swinton, invece, è una samurai scozzese impresaria di pompe funebri che ha diritto di esistere nel film solo perché Jarmusch voleva autocitare Ghost Dog.

i morti non muoiono

Sgangherato, povero di idee, noiosetto. I morti non muoiono è un buco nell’acqua su tutta la linea che si avvale di un grande cast per non raccontare nulla di pregnante.

Non piacerà agli amanti dell’horror e dello zombie-movie e deluderà i fan di Jarmusch, praticamente un film destinato ad essere dimenticato.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un’aria stralunata e surreale che, se ben utilizzata, poteva fare la differenza.
  • Un cast comunque di tutto rispetto.
  • Idee vecchie utilizzate come scintilla di tutta la narrazione.
  • Ironia fiacca.
  • Ritmi inutilmente dilatati che spingono il pedale della noia.
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