Il primo giorno della mia vita, la recensione

C’è sempre una possibilità per poter andare avanti nella vita, ma non tutti lo sanno. Bisogna essere in grado di non lasciarsi sopraffare dagli eventi e di non cedere davanti alle difficoltà. I quattro protagonisti (due donne, un uomo e un bambino) de Il primo giorno della mia vita, il quattordicesimo lungometraggio di Paolo Genovese, che esce nelle sale cinematografiche il 26 gennaio, sono degli outsiders, persone che hanno toccato il fondo e hanno deciso di farla finita, scegliendo la strada del suicidio.

Arianna (Margherita Buy), Napoleone (Valerio Mastandrea), Emilia (Sara Serraiocco) e Daniele (Gabriele Cristini) vivono la loro vita con immensa sofferenza, non riuscendo a intravedere una luce in fondo al tunnel. L’improvviso incontro con un uomo misterioso (Toni Servillo), appassionato di jazz e con un passato burrascoso alle spalle, ma che ha molto da insegnare, li mette davanti a un’ultima opportunità, quella che potrebbe ribaltare la loro sorte: sette giorni per decidere se porre fine alla loro vita o ripensarci e andare avanti, perché la vita va vissuta, fino in fondo.

Paolo Genovese ritorna al cinema con l’adattamento del suo omonimo romanzo, edito nel 2018 dalla casa editrice Einaudi. Il regista romano ha scritto la sceneggiatura insieme a Rolando Ravello, Isabella Aguilar e Paolo Costella, concentrandosi sulla vita di questi quattro aspiranti suicidi, ognuno con un proprio vissuto che li ha segnati profondamente. E anche in quest’opera ritroviamo Roma, una città meravigliosa con i suoi scorci mozzafiato e i suoi numerosi quartieri, tra questi possiamo intravedere Roma Termini, Piazza Vittorio e dintorni.

La pioggia sembra essere la protagonista de Il primo giorno della mia vita, quasi a voler descrivere l’immensa sofferenza dei quattro personaggi, il loro stato d’animo e la profonda solitudine che li circonda. Ognuno di loro è stato colpito in maniera drastica da un evento che ha segnato in maniera indelebile la propria esistenza. Genovese, come aveva fatto in precedenza con Perfetti sconosciuti e The Place, segue i personaggi con la macchina da presa, soffermandosi sui i loro primi piani, avendo cura di non tralasciare nessun dettaglio. A differenza delle sue opere precedenti dove aveva prediletto gli interni, qui mostra allo spettatore una Roma notturna, quasi spettrale, diversa da come siamo abituati a vederla. Inoltre, si affida a un cast di bravissimi attori: Margherita Buy, Valerio Mastandrea, Sara Serraiocco, Elena Lietti, Thomas Trabacchi, Giorgio Tirabassi e la partecipazione straordinaria di Lino Guanciale. Ma il merito va soprattutto a Toni Servillo, che conferma il suo immenso talento di attore versatile con un ruolo diverso dai soliti precedentemente interpretati.

Quel che però manca in quest’opera è la capacità di saper descrivere in maniera efficace la sofferenza vissuta dai protagonisti, anche la storia della morte della figlia di Arianna viene solo menzionata, non viene mostrato realmente il dolore di una mamma per questa enorme perdita, stessa cosa per l’incidente capitato a Emilia e il cyberbullismo vissuto da Daniele, episodi che avrebbero aiutato lo spettatore ad empatizzare con i protagonisti.

Ne viene fuori un’opera che avrebbe potuto sfruttare appieno il proprio potenziale, attraverso la storia dei quattro personaggi, ma che non riesce a centrare appieno l’interesse dello spettatore se non per il finale che regala un colpo di scena sorprendente.

Giovanna Asia Savino

PRO CONTRO
  • Il cast di attori da Margherita Buy, Toni Servillo, Valerio Mastandrea fino ad arrivare alla partecipazione di Lino Guanciale, tutti in parte.
  • La meravigliosa città di Roma, attraverso i suoi scorci mozzafiato e il fascino che emana soprattutto di notte.
  • La sceneggiatura non riesce a tratteggiare in maniera efficace i protagonisti. Non viene realmente mostrata la sofferenza che stanno vivendo, se non in minima parte. Lo spettatore non riesce a empatizzare con loro.
  • Alcuni personaggi, come quello interpretato da Elena Lietti o da Lino Guanciale, non vengono approfonditi.
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