Scream VI, la recensione

Con 140 milioni di incasso, a fronte di un budget di 24 milioni, Scream 5 è stato l’unico film capace di detronizzare dal podio del botteghino dell’inverno 2022 Spider-Man: No Way Home, che capeggiava gli incassi da diverse settimane, un risultato che ha immediatamente spinto Paramount Pictures a dare semaforo verde alla produzione di un nuovo capitolo. E così arriviamo a Scream VI, un numero dietro il titolo che comincia a diventare impegnativo per una saga da major, a maggior ragione se siamo nei territori del genere horror, felicemente e facilmente serializzabile ma spesso schiavo di una pigra flessione della curva della qualità all’avanzare dei capitoli. E invece, colpo di scena, quella di Scream è una saga che regge il peso degli anni e della meccanica narrativa che ne sta alla base e dopo l’enorme scoglio del passaggio di testimone dal compianto Wes Craven al duo Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett avvenuto nel quinto film, anche il sesto mostra una freschezza e una verve che non ci saremmo aspettati.

Una donna sta aspettando per cena in un locale di New York il suo appuntamento al buio, ma l’uomo è in ritardo e quando il telefono squilla, inizia l’ennesimo incubo ma con esito decisamente imprevedibile. Nel frattempo, Tara e Sam Carpenter, insieme ai loro amici Mindy e Chad, sopravvissuti al massacro di Woodsboro, si sono trasferiti nella Grande Mela, dove Tara, Mindy e Chad frequentano l’università. Se Tara sembra aver elaborato e superato velocemente il trauma degli eventi di un anno prima, Sam appare molto più scossa e tormentata, come si evince anche dalle sue sedute di psicanalisi con il dott. Stone; inoltre la ragazza sta affrontando anche una shitstorm sui social network perché considerata da alcuni “complottisti” la vera artefice dei delitti di Woodsboro. Quando Ghostface si materializza nuovamente proprio a New York, Sam sa già che dovrà sopravvivere ancora una volta alla furia omicida di qualche psicopatico emulatore di suo padre, Billy Loomis.

Se il quinto Scream era dichiaratamente un requel, quindi un sequel che seguiva la logica del reboot, riportando tutto all’origine del “mito”, Scream VI è la conferma che ci troviamo nel bel mezzo di un’articolata saga e, come spiega la nipote di Randy Meeks nell’immancabile ed esplicativa scena chiave, le regole sono ancora una volta differenti dal solito. Il monologo cinefilo di Mindy – interpretata dalla brillante Jasmin Savoy Brown – non fa una piega, ma lo spettatore intuisce abbastanza presto che lo scopo di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett e dei loro sceneggiatori James Vanderbilt e Guy Busick è di seguire la strada già spianata da Wes Craven e rielaborare alcuni concetti/temi e suggestioni che erano già presenti in Scream 2.

Così, se la scena introduttiva di quel magnifico sequel del 1998 è diventata ormai iconica per la forza cinefila che la muoveva (parliamo della scena con Jada Pinkett nel cinema che proietta Stab) e stravolgeva le regole poste nel film precedente, l’intro di Scream VI fa la stessa cosa alzando ancora di più la posta in gioco e addentrandosi in territori mai esplorati prima dalla saga. Un ribaltamento di prospettiva che, effettivamente, sulle prime prende in contropiede lo spettatore e annuncia quanto possa essere imprevedibile il film appena iniziato.

I parallelismi con Scream 2 continuano mostrandoci i personaggi fuori da Woodsboro e alle prese con il college, ma per la prima volta la saga creata da Kevin Williamson trova location in una grande metropoli, New York, scelta accuratamente e omaggiata all’inizio del film con le immagini di Venerdì 13 – Parte VIII: Incubo a Manhattan che scorrono in tv.

L’ambientazione metropolitana è la vera grande novità del film e viene ben sfruttata da Bettinelli-Olpin e Gillett per mettere in scena le aggressioni di Ghostface anche in luoghi pubblici come i vicoli bui e fumosi, i minimarket h24 e le stazioni e i vagoni della metropolitana, nell’indifferenza generale dei newyorkesi. Un luogo apparentemente difficoltoso in cui ambientare uno slasher movie ma che dà, al contrario, la possibilità di sperimentare le coreografie dei delitti e giocare con quel senso di falsa sicurezza data dalla presenza della folla, una folla cieca e assuefatta alla violenza della città che diventa del tutto invisibile per i protagonisti di Scream VI.

E poi c’è Ghostface, mai visto così furioso, determinato, distruttivo e spudorato nel portare a segno gli omicidi, una macchina di morte che comincia a far diventare un ricordo gli impacciati killer dei primi film, che si ferivano e inciampavano. Qui Ghostface, con inquietante maschera usurata dal tempo, è meno istintivo, più pianificatore, sembra quasi avere esperienza nel delinquere e porta avanti un lucido piano che riserverà davvero tante tante sorprese.

Scream VI è un grande omaggio a tutta la saga, autocelebra il passato di Scream pur allontanandosi – per stessa ammissione del killer nel prologo – dal metacinema. “Chi se ne frega dei film!”, esclama Ghostface, e quell’atmosfera gioiosamente nerd di Scream 5 che giocava con le psicosi del web e ironizzava sulle pericolose pieghe che può prendere la fanbase tossica di un film vengono messe da parte per una costruzione narrativa più “concreta”, che porta però lo spettatore a una serie di colpi di scena davvero ben architettati.

In Scream VI c’è la nuova generazione di protagonisti, capitanata da Melissa Barrera e Jenna Ortega, c’è tutto uno stuolo di new entries, tra le quali anche i volti noti del piccolo e grande schermo Samara Weaving, Dermot Mulroney e il Flash Thompson dei nuovi Spider-Man Tony Revolori; ma – proprio come nel precedente film – c’è anche la vecchia guardia, rappresentata stavolta dalla Gale Weathers di Courtney Cox e dalla rediviva Kirby Reed di Hayden Panettiere, vista in Scream 4. Ad essere assente è Neve Campbell e la sua Sydney Prescott, un’assenza dettata da questioni produttive ma che nel film è resa narrativamente credibile e giustificata da Gale Weathers in uno scambio di battute alla fine del primo atto del film.

Con Scream VI abbiamo la conferma che la saga horror più iconica degli anni ’90 è passata in buone mani e ha ancora qualcosa da dire perché capace di evolversi con l’evoluzione stessa del genere. Bettinelli-Olpin e Gillett hanno una grande padronanza del linguaggio che stanno affrontando e hanno perfettamente capito lo spirito di Scream, strizzando l’occhio al proprio pubblico di riferimento. Il loro è un atto di rispetto verso la saga, il genere horror, Wes Craven e i loro spettatori, il modo migliore per portare avanti un vero mito del cinema dell’orrore ed esplorando anche nuovi aspetti del franchise.

Scream VI funziona meglio del previsto, diverte, emoziona e spaventa ed è un piacere urlare a pieni polmoni ancora una volta.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un’introduzione sorprendente e spiazzante.
  • Il film esplora situazioni inedite pur rimanendo perfettamente fedele alla saga.
  • Gli autori hanno un grande rispetto per la saga e i suoi spettatori e un amore sincero per il genere, questo si evince di continuo.
  • Con un po’ di scaltrezza si riescono ad anticipare diversi colpi di scena, anche se il film è decisamente complesso.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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