Argentina, 1985. La recensione del film sulla nascita della democrazia argentina

È il 1984 in Argentina, da soli 7 mesi è caduta la dittatura militare del generale Jorge Videla che dal 1976 deteneva con i suoi collaboratori il potere assoluto, lasciando al suo posto una nascente democrazia, con tutte le sue difficoltà e speranze.

Gli ex comandanti del regime, Jorge Rafael Videla, Emilio Eduardo Massera, Roberto Eduardo Viola, Armando Lambruschini, Orlando Ramón Agosti, Omar Graffigna, Leopoldo Galtieri, Jorge Anaya e Basilio Lami Dozo, vengono arrestati e messi sotto processo ordinario, e non alla corte marziale come previsto per i militari, organizzazione in cui molti ancora provano simpatie per l’ex regime.

Il pubblico ministero incaricato di indagare sui crimini del fascismo argentino e a raccogliere testimonianze e prove per cercare di incriminarli è Julio César Strassera (Ricardo Darín), affiancato dal giovane Luis Moreno Ocampo (Juan Pedro Lanzani).

Il film narra quindi la storia del processo alla giunta militare Argentina, un caso storico in cui sono imputati gli ex comandanti criminali che hanno ordinato torture, violenze, omicidi e sequestri che hanno portato alla scomparsa di 30mila persone (i desaparecidos argentini).

Se inizialmente Julio sembra impaurito e non volersi mettere in mezzo per paura delle possibili ripercussioni sulla famiglia, mostrandosi esageratamente paranoico e portando spesso a momenti comici, in seguito prende in mano la situazione capendo la possibilità storica di incarcerare i criminali che hanno tolto la libertà all’Argentina, in quello che diventa un processo al fascismo.

Diffidente della polizia e del governo, Julio Strassera e Luis Moreno Ocampo si circondano di giovani volontari motivati e pieni di speranza, con i quali attraversano l’Argentina per cercare testimonianze e capi d’imputazione da poter usare al processo, entrando in contatto con storie drammatiche di violenza ma anche al desiderio di cercare di ripartire.

La posta in gioco è altissima: se la giunta militare dovesse infatti essere assolta sarebbe considerata innocente, e vincerebbe la narrazione di politici, militari e personaggi dei media ancora vicini al fascismo, per cui le torture e le violenze fossero una esagerazione e che i metodi duri del regime fossero volti a controllare i rivoltosi e l’anarchia, incolpando le vittime e trasformandole in colpevoli.

Argentina, 1985 narra un momento fondamentale della storia argentina, non raccontando la caduta del regime di Videla, ma concentrandosi sul dopo, sulla ricostruzione, sul fare i conti con il proprio passato per poter costruire un nuovo futuro e poter dire “nunca màs”, mai più.

Il film racconta questo evento alternando momenti leggeri e divertenti a dolorosi pugni nello stomaco, in uno stile classico per i film di questo genere e senza particolari virtuosismi tecnici, ma che nel complesso riesce appieno, tanto che le 2 ore e 20 minuti di durata non pesano per nulla e quasi si vorrebbe continuare a seguire le storie dei protagonisti, che ricordano molto le foto di archivio delle persone reali su cui sono basati.

Un film che è un documento della memoria collettiva di un popolo e della sua liberazione, Argentina, 1985 raccontandoci il passato può dirci ancora molto sul presente ed è sicuramente tra i film presenti alla 79ª Mostra del Cinema di Venezia che vale la pena recuperare, anche solo per conoscere meglio una storia importante e da non dimenticare.

Mario Monopoli

PRO CONTRO
  • Riesce ad alternare momenti leggeri a momenti drammatici con il giusto equilibrio.
  • Narrazione di un evento storico fondamentale della storia argentina e importante.
  • Formalmente è un film abbastanza classico ma comunque ben fatto.
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Argentina, 1985. La recensione del film sulla nascita della democrazia argentina, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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