Priscilla, la recensione del film di Sofia Coppola

Nel 1959, Priscilla Beaulieu è la figlia adolescente di un ufficiale americano di stanza in Germania. Una sera, per distrarla dalla malinconia portata dal trasferimento, un giovane militare conosciuto in un diner e la moglie, la accompagnano ad una festa dove sarà presente anche la superstar Elvis Presley, anche lui di stanza nella zona.

Fin dal primo incontro tra i due scocca la scintilla, ma Priscilla è ancora una bambina ed Elvis un cantante famoso in tutto il mondo, oltre che un uomo di dieci anni più vecchio di lei.

Dopo un paio d’anni e lunghe trattative con i genitori, la ragazza ancora diciassettenne, con il supporto dell’amato, riesce a partire alla volta di Memphis dove andrà a vivere con la famiglia di Elvis nella loro villa, “Graceland”.

Lontana dagli affetti e catapultata in una vita di privilegi, ma anche di grandi rinunce e falsità, Priscilla trascorrerà anni difficili a “fianco” del Re del Rock, fino all’amara ma necessaria decisione di separarsi da lui, avvenuta nel 1972.

Priscilla è l’adattamento dell’autobiografia Elvis and Me scritto dalla stessa Priscilla Presley, che è anche produttrice del film.

Presentato in concorso a Venezia 80, Sofia Coppola ritorna alla regia nella sua dimensione migliore, – che in qualche modo richiama il Marie Antoinette del 2006 – accompagnandoci attraverso un racconto biografico che rappresenta il percorso di trasformazione della donna, dalle curiose frivolezze, fantasie e timori dell’adolescenza, al disincanto e alla auto-consapevolezza della vita adulta.

Trattandosi di Elvis e Priscilla, naturale viene il confronto con il recentissimo Elvis, film del 2022 di Baz Luhrmann, dove il Re è interpretato dal giovane Austin Bulter. Ma se il film di Luhrmann esalta, com’è giusto, il lato spettacolare del protagonista, che fa da contrasto alla fragilità della sua vita privata e Bulter offre al pubblico un Elvis “protagonista”, con cui il pubblico empatizza schiacciato dal successo e con grandi occhi azzurri pieni di sentimenti; nel film della Coppola l’Elvis di Jacob Elordi, dai lineamenti e dalla fisicità più duri e “grossolani” rispetto a Butler, riesce a trasmettere perfettamente l’immagine dell’uomo visto attraverso gli occhi della giovane Priscilla.

Dove l’Elvis venticinquenne che seduce la ragazzina, ha il fascino del “campione di football” della scuola, tutto sorrisi e promesse, l’Elvis uomo è un borioso, schiacciato da una vita di responsabilità e aspettative – rappresentata dall’aleggiante presenza del “Comandante”, con cui lo vediamo solo rapportarsi per telefono -, che considera Priscilla una sorta di gioco, una “proprietà” di cui disporre come “sfogatoio”, delle sue personali aspettative. Non potendo decidere per sé stesso, decide per lei.

È così che l’innocente Priscilla Beaulieu, con la gonna a ruota, i capelli castani raccolti in una coda e il trucco appena accennato, viene trasformata in Priscilla Presley, “sposa simbolo” del Re del Rock: i cui capelli nerissimi sono sempre più cotonati e il trucco sempre più marcato “per esaltare gli occhi”, le dice Elvis. Il picco di tale “trasformazione”, dell’assoluta spersonalizzazione della donna in favore dell’ideale maschile, lo vediamo forse in uno dei momenti più delicati per lei: in occasione della nascita della figlia Lisa, quando prima di andare in ospedale, Priscilla si prepara meticolosamente per uscire di casa con un trucco impeccabile, un abito elegantissimo e i capelli che toccano il cielo.

In Priscilla c’è l’amore, ma è un amore disturbato. La discesa di Elvis verso il delirio è graduale ma costante, enfatizzato dal tema ricorrente delle “pillole”, che inghiotte di continuo e che chiaramente influenzano il suo comportamento, ma delle quali ormai non può più fare a meno. La Priscilla adolescente le prova con risultati disastrosi, la Priscilla donna le rifiuta, ma per Elvis è troppo tardi: “non dirmi cosa fare, non sei un medico“.

Cailee Spaney è la Priscilla perfetta, almeno per questa storia. Minuta, dolce ma con lo sguardo forte, in grado di trasmettere appieno lo sviluppo emotivo della protagonista, fino alla drammatica decisione finale.

Lasciare Elvis non è semplice, sia perché è stato il suo punto di riferimento per quasi tutta la vita, sia perché, nonostante ormai consapevole dell’uomo “rotto” dietro il successo, resterà per sempre il suo grande amore.

Priscilla è un film a tratti delicato, a tratti duro, dove la Coppola riesce abilmente a fondere lo sguardo dello spettatore a quello della protagonista, soprattutto nella fase dell’adolescenza, dove restiamo “ingannati” insieme a lei dallo splendore del Re del Rock.

Un film da vedere e apprezzare, anche per il modo con cui ancora oggi la regista si distingue nel raccontare sfaccettature dell’universo femminile.

Susanna Norbiato

PRO CONTRO
  • Sceneggiatura ben strutturata.
  • Ottimo cast.
  • Attenzione ai dettegli.
  • Nulla di pervenuto.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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