Criminal, la recensione

Alcuni film diventano d’interesse comune per l’utilizzo che si fa degli attori e questo, spesso, accade quando troviamo un attore solitamente legato a ruoli positivi improvvisamente trasformato in un mostro. Succedeva, per esempio, al compianto Robin Williams quando interpretò il cattivo in Insomnia di Christopher Nolan (e ancora prima nel sottovalutato One Hour Photo), o di recente a Steve Carrel per il personaggio negativo di Foxcatcher. Ma ora la stessa cosa accade anche a Kevin Costner, che era già stato psicopatico nel thriller Mr. Brooks e ora si trasforma in un inedito antieroe in Criminal.
A volere l’attore di Balla coi lupi nel ruolo di protagonista è stato il regista Ariel Vromen, già apprezzato con il noir The Iceman, che qui ha cucito addosso a Costner un ruolo che, di fatto, è tutto il film. Un antieroe alla Jena Plissken, per intenderci, che ha un passato da serial killer, un’indole violenta e la particolarità di non riuscire a provare emozioni a causa di un’anomalia congenita all’emisfero sinistro del cervello. E proprio come accadeva al protagonista di Fuga da Los Angeles, anche il Jericho Stewart di Criminal è coinvolto in una missione che implica la salvezza del mondo.
In seguito alla morte dell’agente segreto Bill Pope, la CIA decide di sperimentare un avveniristico trapianto di memoria per scoprire dove l’agente deceduto ha nascosto una sacca contenente soldi e informazioni cruciali per un’importante missione di caratura internazionale. Ma affinché il trapianto possa riuscire c’è bisogno di un soggetto ospitante che abbia una particolare predisposizione cerebrale e l’unico a portata di mano è il pluriomicida Jericho Stewart che, appunto, ha una malformazione al cervello che lo rende immune ai sentimenti e alle emozioni. L’esperimento inizialmente non sembra aver successo, Jericho riesce anche ad evadere ma pian piano comincia a manifestare i ricordi di Bill.
Dunque, abbiamo un attore cult in declino da anni – Kevin Costner – che aveva già avuto il battesimo del b-movie action un paio di anni fa con 3 Days to Kill prodotto da Besson, la Millennium Films di Avi Lerner alle spalle già artefice delle coriacee saghe tutte muscoli e pallottole di I Mercenari e Attacco al Potere, così era lecito aspettarsi un film da pop-corn, birra e rutto libero… e in parte Criminal lo è. Ma solo in parte.
Criminal è condito dalle migliori intenzioni, le più idiote che possiate immaginare, perché lo script di Douglas Cook e David Weisberg (quelli di The Rock, eh!) è così assurdo e i personaggi fanno così ripetutamente le scelte sbagliate che non si può che prendere tutta l’operazione per una gigantesca e goliardica cazzata. In ciò il film diverte e non poco, c’è violenza gratuita fomentante, Kevin Costner mono-espressivo che per lo più si esprime con suoni gutturali, Jordi Mollà immancabile cattivo che qui somiglia a Fabio Volo e le cosce infinite di Gal Gadot che non guastano mai.
Però, allo stesso tempo, il film prende prevedibilmente una strada buonista. Jericho non rimane quel figlio di puttana che conosciamo all’inizio, i ricordi dell’agente segreto contaminano il cervello bacato dello psicopatico e istillano anche buoni sentimenti legati alla famiglia. E su questo, un po’, il film delude perché il cinismo iniziale appare come uno specchietto per le allodole e il sociopatico Jericho Stewart si trasforma nel Bryan Mills di Taken – Io vi troverò.
Il cast da grandi occasioni annovera anche Ryan Reynolds (che crepa a 10 minuti dall’inizio), un Gary Oldman tutte urla, Tommy Lee Jones mesto e dimesso, Michael Pitt doppiato con accento alla francese e Scott Adkins nel solito ruolo da villain.
Insomma, il divertimento c’è, le goliardate non mancano, ma il film tiene fin troppo il freno tirato. Era lecito aspettarsi una tamarrata più massiccia. Ma tant’è e, in fin dei conti, ci si può anche accontentare per una serata da disimpegno puro.
Se il film andrà bene, si sono pure lasciati la strada spianta per la serializzazione!
Roberto Giacomelli
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