FEFF22. Gundala, la recensione

Che il successo planetario del Marvel Cinematic Universe avesse scoperchiato il vaso di Pandora dei cinecomics lo sapevamo già, ma con il passare degli anni ci stiamo rendendo conto che quella sapiente lezione produttiva (e narrativa) di universo condiviso sta contagiando anche cinematografie insospettabili. Tra gli ultimi Paesi al mondo a tentare le carte della trasposizione cinematografica di un fumetto nella formula dell’universo condiviso c’è l’Indonesia che nel 2019 ha lanciato nei cinema nazionali Gundala, primo film di quello che è già stato denominato BumiLangit Cinematic Universe (BCU).

Presentato in anteprima italiana al 22° Far East Film Festival, Gundala prende il là da un celebre supereroe creato nel 1969 dal fumettista Harya “Hasmi” Suraminata e pubblicato negli anni con successo dalla BumiLangit che, proprio come la cugina statunitense Marvel, ha avviato un iter anche nella produzione cinetelevisiva con i BumiLangit Studios. E Gundala è proprio il primo passo verso la costruzione di un mondo popolato dai supereroi del fumetto indonesiano, un mondo che nell’impostazione narrativa data dal regista e sceneggiatore Joko Anwar più che alla Marvel guarda alla lezione del DC Extendend Universe.

Gundala

Tutto inizia con una sigla grafica che illustra, in successione, proprio i vari supereroi della BumiLangit (vi ricorda nulla?), dopo di che facciamo la conoscenza del piccolo Sancaka, orfano di un operaio vessato dalle ingiustizie dei potenti datori di lavoro, che si ritrova dall’oggi al domani anche abbandonato dalla madre. Costretto a crescere nella povertà assoluta, a procurarsi da mangiare con piccoli furti e allenato alle arti marziali da un ragazzo che lo accoglie nel suo nascondiglio, Sancaka scopre di avere un potere soprannaturale: attira i fulmini e, invece di rimanere folgorato, assorbe la loro energia che lo rende invincibile. Col passare degli anni, Sancaka diventa addetto alla sicurezza in una fabbrica di Giacarta e viene preso di mira da un mefistofelico boss mafioso, Pengkor, che sta tramando un piano diabolico per avvelenare le scorte di riso destinate alla popolazione.

Gundala

La prima cosa che salta all’occhio dello spettatore guardando Gundala è l’estro libertario di una cinematografia, come quella indonesiana, che può infarcire di violenza e crudeltà anche un prodotto destinato al grande pubblico come un cinecomic. E, attenzione, non ci troviamo alle prese con un prodotto come Joker, quindi destinato a un pubblico preferibilmente adulto, ma un cinecomic per famiglie in cui c’è spazio per l’ironia, gli effetti speciali, le storie d’amore a lieto fine e la lotta alle ingiustizie, proprio nell’ottica della formula Marvel. Solo che questa nota “oscura” che pervade Gundala e che pone l’accento sulla violenza grafica e su tematiche abbastanza forti come l’abbandono di minori e la manipolazione fetale, dona al film di Joko Anwar quel sapore freak che, come si diceva, sembra cercare un compromesso con una dimensione cinefumettistica più adulta, proprio come inizialmente avrebbe voluto fare il DC Extendend Universe (fallendo, poi, a causa degli scellerati interventi su Justice League).

Eppure, anche in Gundala si può notare qualche nota stonata, che si fa sempre più stridente con l’avanzare dei minuti.

Gundala

L’ottimo incipit pone l’attenzione sulle disuguaglianze sociali di una società in cui la distinzione tra poveri e ricchi è troppo netta per passare inosservata. Operai che chiedono un trattamento più umano, datori di lavoro che reprimono con la violenza queste richieste, morti sospette che hanno il sapore di una strategia mafiosa ben mirata. Gundala funziona proprio nel costruire un mondo fatto di ingiustizie, un mondo che chiede a gran voce un (super)eroe. E il minutaggio prima che Sancaka si trasformi in Gundala è ingente, perfettamente scandito nell’ottica della origin story, dove a circa metà strada il racconto si dirama in due mostrando anche il cammino (e il passato) del villain, Pengkor, il cui processo di formazione è speculare a quello di Sancaka, solo con scelte morali differenti.

Gundala

Ma, nel momento in cui il film si avvia verso un epilogo e ci si rende conto che c’è ancora troppo da dire, notiamo una flessione di scrittura che – proprio da lezione DCEU – tende a correre e gettare nel calderone più elementi di quelli che effettivamente possono essere sviluppati. Il piano del villain è un po’ fumoso, si pone l’enfasi sulla necessità di una morale per la formazione delle nuove generazioni, ma l’attenzione ricade sugli scagnozzi di Pengkor, pittoreschi personaggi protagonisti di sessioni di combattimento con Gundala. E così si ha l’impressione che le potenzialità narrative siano per lo più inespresse, sottomesse alla voglia di dichiarare il proprio amore per la dimensione più puramente spettacolare con pirotecniche scene d’azione a colpi di silat, l’arte marziale indonesiana.

Gundala

Anche il finale aperto del film, con l’introduzione di altri supereroi e supercattivi, nonché la caratteristica scena post-credits, la dice lunga sugli obiettivi dei BumiLangit Studios… Ma attenzione! Gundala non si è comportato al botteghino come sperato, surclassato da film infinitamente più piccoli, come l’horror dello stesso regista Joko Anwar Impetigore. Vedremo mai il proseguo del BumiLangit Cinematic Universe?

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’inizio (promettente) di un universo cinematografico condiviso tutto indonesiano!
  • Spettacolari scene d’azione.
  • Nel progredire, il film si perde in troppi elementi e sottotrame non sufficientemente sviluppate.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 6.5/10 (su un totale di 2 voti)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
FEFF22. Gundala, la recensione, 6.5 out of 10 based on 2 ratings

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.