Lasciarsi un giorno a Roma, la recensione

Tommaso e Zoe sono una coppia da ormai dieci anni. Una coppia collaudata, affermata, affiatata. Una di quelle coppie a cui, ormai, non serve nemmeno il matrimonio per potersi definire marito e moglie. Zoe (Marta Nieto) è una donna in carriera a capo di un’importante azienda che progetta videogame mentre Tommaso (Edoardo Leo) è uno scrittore alle prese con la sua ultima pubblicazione, un romanzo al quale deve cambiare il finale poiché considerato troppo triste dall’editore. Costretto dalle circostanze a redigere di nascosto una posta del cuore, Tommaso inizia a spacciarsi profeta d’amore sotto il nickname Marquez fino a quando, un giorno, riceve una lettera proprio da Zoe che chiede aiuto su come poter lasciare il suo compagno dopo una convivenza lunga dieci anni. Il problema? Lei non lo ama più! Tommaso, al pari di una doccia ghiacciata, scopre così che la sua relazione perfetta è in piena crisi e adesso non può fare altro che sfruttare la copertura di Marquez per poter recuperare il rapporto con Zoe prima che sia troppo tardi.

Dopo cinque anni dalla sua ultima opera come regista (Che vuoi che sia), Edoardo Leo torna dietro la macchina da presa dimostrandosi ancora una volta autore sensibile ed intelligente, capace di maneggiare tematiche abusatissime dal cinema e farle proprie all’insegna di prodotti tanto delicati quanto originali.

Con Lasciarsi un giorno a Roma Edoardo Leo scende in campo per affrontare di petto una rom-com nuda e cruda ma lo fa a modo suo, dunque in maniera sottile e a dir poco intelligente, scegliendo una prospettiva anomala per questo genere di film: non un amore che fatica a nascere tra mille avversità e disavventure (come avviene nella maggior parte delle romantic comedy) bensì su un amore che ha ormai sparato tutte le sue cartucce, non ha più niente da offrire ma nonostante tutto fatica a cessare. Ed è proprio qui, di fatto, che risiede l’intuizione da apprezzare di Leo.

Nella storia dell’arte – sia che si parli di cinema ma anche di canzoni, poesie, romanzi etc. – ci hanno sempre raccontato le pene d’amore che sorgono all’inizio di un rapporto e non quando questo è ormai consolidato da anni. Sofferenze legate all’infatuazione che a volte non è ricambiata o che nasce in modo sbagliato e secondo tempistiche poco favorevoli. Troppo spesso, quindi, ci vengono raccontate le crisi d’amore puntando il dito sulle difficoltà che sorgono in partenza, scegliendo come campo d’azione quel momento in cui i due innamorati non stanno ancora insieme. Si devono battere contro tutto e tutti, andando persino contro loro stessi pur di essere una coppia. Perché la morale è giusto che sia sempre quella: l’amore vince su tutto. È questo quello che tanti innamorati – vero pubblico delle rom com – vogliono sentirsi dire. Almeno al cinema l’amore deve vincere sui sentimenti negativi e l’happy end deve essere sempre dietro l’angolo.

Ed è proprio dalla sopravvalutazione dell’happy end che Edoardo Leo erige tutto il discorso che sta alla base del suo ultimo film, ironizzandoci persino su con le controversie che sorgono tra il protagonista e l’editore a proposito del finale troppo amaro posto alla base del suo ultimo romanzo. Un finale triste che nessun lettore vorrebbe mai leggere in quel tipo di romanzo.

Lasciarsi un giorno a Roma palesa tutte le sue intenzioni sin dal bellissimo titolo, dimostrando che ciò che interessa all’autore romano non è raccontare la nascita di un amore bensì la sua fine. L’epilogo di una storia d’amore lunga, che è stata bellissima, ma ormai si è spenta e non ha più niente da offrire. Sembra quasi di risentire le note della magnifica canzone Farewell di Francesco Guccini mentre si susseguono le scene di Lasciarsi un giorno a Roma, quella canzone figlia di tante realtà che recita in una strofa chiave: “Ma ogni storia ha la stessa illusione, sua conclusione; e il peccato fu creder speciale una storia normale”.

Dunque, è proprio qui che risiede la sincerità di Lasciarsi un giorno a Roma, raccontare quelle piccole e a tratti tossiche sofferenze che sorgono quando un amore è ormai finito ma non si ha il coraggio per chiuderlo definitivamente. Un coraggio che viene a mancare perché subentrano tanti fattori, primi fra tutti l’abitudine e la quotidianità. E così si decide di procrastinare, rimandare l’inevitabile e continuare a portare avanti un rapporto di facciata che diventa giorno dopo giorno sempre più soffocante e deprimente. Proprio in base a questo discorso, che per certi versi sembra assumere un ruolo antagonista rispetto al suo genere d’appartenenza (la romantic comedy, appunto), si distingue per estrema bontà il finale che Edoardo Leo sceglie per il suo film. Un finale tanto semplice quanto significativo, autentico ed emozionante, un finale che non si può non apprezzare se nella vita ci si è trovati davvero nella situazione di amare una persona per poi perderla subito dopo. Perderla non per errore ma perché era giusto così.

Alla sua quinta regia, dunque, Edoardo Leo conferma il suo talento come autore oltre che attore e ci regala una commedia romantica squisita che guarda molto al modello internazionale piuttosto che a quello degli anni d’oro della commedia all’italiana. Ma nella messa in scena di un film dai tratti così universali e fuori dal tempo, Lasciarsi un giorno a Roma riesce ad essere anche profondamente attuale nonché uno dei primi film ad integrare in modo decisamente naturale all’interno della narrazione l’esistenza di un passato recentissimo in cui è esistito il lockdown forzato da covid-19. Un lockdown che ha spinto le persone a vivere per due mesi chiuse in casa, senza vedere nessun altro, generando inevitabili ripercussioni – tanto positive quanto negative – all’interno del rapporto di coppia.

Un’opera che, potenzialmente, avrebbe potuto sfiorare la perfezione se non fosse stato per un paio di scelte non troppo felici che Edoardo Leo (e i suoi altri sceneggiatori, tra cui l’inseparabile Marco Bonini, Damiano Bruè e Lisa Riccardi) prende durante il corso del film. Prima fra tutte l’idea di lasciare troppo spazio all’elemento “comico” soprattutto nella prima parte del film.

Lasciarsi un giorno a Roma è una commedia (non un film comico!) dai tratti drammatici, un film agrodolce in cui è giusto che la dinamica sia sbilanciata in favore dell’agro, e perciò risultano tragicamente fuori luogo i siparietti pseudo-comici inseriti soprattutto nel primo atto durante l’improbabile (oltre che piena di cliché) sfida di cucina tra amici. In quei momenti si respira una triste caduta di stile che mai ci saremmo aspettati da Edoardo Leo. Un po’ per lo stesso principio, di conseguenza, convince poco la seconda trama del film che vede protagonisti Elena (Claudia Gerini), l’ultra impegnata sindaca di Roma, e suo marito Umberto (Stefano Fresi), un professore che ha perso qualunque momento di intimità da quando sua moglie è stata eletta come primo cittadino della Capitale. Una sottotrama poco funzionale ai fini della storia principale e che non fa altro che sottrarre serietà ad una storia madre che ha tutt’altre ambizioni e tutt’altra importanza.

In definitiva, Lasciarsi un giorno a Roma è un’atipica romantic comedy che riesce ad essere sincera e reale pur mantenendo intatta quell’aura incantata e sognante che caratterizza da sempre questo genere di produzioni (soprattutto di stampo hollywoodiano). Peccato per alcuni elementi fuori posto, senza di quelli Edoardo Leo avrebbe potuto firmare una delle opere più interessanti della sua carriera da regista.

Lasciarsi un giorno a Roma è una produzione Sky Original e pertanto non lo si trova in sala bensì è stato distribuito direttamente su SkyCinema Uno e la piattaforma streaming Now a partire dal 1° gennaio 2022 diventando – di fatto – il vero film italiano di capodanno.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Edoardo Leo, alla sua quinta regia, si conferma autore ambizioso e intelligente.
  • Una rom-com sincera che riesce a parlare della fine di un rapporto d’amore in modo decisamente autentico e lontano da frivoli cliché cinematografici.
  • Le scene ambientate durante la gara di cucina fra amici uccidono l’ambizione del film e concedono inutilmente troppo spazio al fattore comico.
  • La sottotrama tra Gerini e Fresi non convince.
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