Le due vie del destino, la recensione

Eric (Colin Firth) è un uomo schivo e misterioso; Patti (Nicole Kidman) una donna romantica e volitiva. I due, entrambi in fuga dal passato, si incontrano per caso, su un treno, ed è subito amore. Ma i treni, per Eric, rappresentano molto di più di quanto Patti possa immaginare; ella capisce ben presto che i ricordi dell’uomo che ama sono troppo umilianti per essere condivisi e troppo dolorosi per riuscire a conviverci. La donna, per sperare che Eric si liberi una volta per tutte dei fantasmi che assillano le sue notti, dovrà farsi coraggio e scavare, con l’aiuto di Finlay (Stellan Skarsgard), nel vissuto di Eric, risalendo fino al 1942. In quell’anno, nella giungla thailandese, giovani prigionieri di guerra, tra cui gli stessi Eric e Finlay, furono costretti dai giapponesi a lavorare alla costruzione della cosiddetta Ferrovia della Morte: una linea ferroviaria che avrebbe dovuto unire la Thailandia alla Birmania. Cosa è successo di tanto devastante, in quel campo di lavoro, da aver privato Eric della voglia di vivere e impedirgli di essere felice accanto alla donna dei suoi sogni?
Le due vie del destino, diretto da Jonathan Teplitzky e tratto dal romanzo autobiografico di Eric Lomax, racconta una storia intensa, struggente e di forte impatto, collocandosi sulla scia di quel filone cinematografico, che produsse i suoi massimi risultati negli anni Quaranta e Cinquanta, incentrato sulla sindrome post-traumatica dei reduci di guerra. Tale filone raggiunse i massimi risultati con The Best Years of Our Lives (1946) di William Wyler e Il Ponte sul Fiume Kwai (1957) di David Lean. Da questi capolavori, il film di Teplitzky mutua la cruda onestà con la quale mostra, da una parte, le disastrose ripercussioni che gli eventi bellici hanno sulla psiche degli uomini e, dall’altra, i maltrattamenti cui questi ultimi furono sottomessi nel corso di uno degli episodi più gravi della Seconda Guerra Mondiale ma, forse, meno conosciuti. Le due vie del destino si distingue, invece, dal punto di vista del messaggio che veicola, configurandosi come un appassionato e veemente inno alla potenza salvifica dell’amore e del perdono come uniche vie di rinascita.

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Il  carisma degli interpreti è notevole. Il Premio Oscar Colin Firth è magnetico e perfettamente in parte. Dopo le ultime prove attoriali decisamente sottotono rispetto alle sue potenzialità, il protagonista di Il Discorso del Re ci ricorda che cosa è capace di fare, calamitando l’attenzione del pubblico e coinvolgendolo intimamente nella vicenda umana di Eric Lomax, nei suoi lunghi silenzi e nei suoi sguardi gonfi di rabbia e malinconia. Decisamente da ricordare anche la performance di Jeremy Irvine, che intepreta Eric Lomax da giovane. Il racconto dei travagli e della rivalsa di Lomax si dipana tra scene di grande potenza visiva, momenti profondamente toccanti, ma mai stucchevoli, e temi importanti trattati con grande equilibrio e cognizione di causa.

Lo spettatore è destinato a vivere un vortice di emozioni – empatia, angoscia, commozione – mentre, poco a poco, scopre la terribile verità assieme a Patti e rivive quei fatidici giorni di cieco terrore accanto a Eric. L’unico eccesso che si potrebbe imputare alla pellicola, è l’indugiare, talvolta, in una sorta di agiografia di Eric Lomax, assimilato in più occasioni a una vera e propria figura cristologica attraverso un’evidente simbologia. Questo, tuttavia, intacca in minima parte l’incisività del racconto, culminante in una sofferta catarsi emotivamente avvincente.

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Le due vie del destino, storia d’amore nel senso più alto del termine, affresco storico crudelmente preciso, viaggio nella complessità delle passioni umane, è senza dubbio un film da non perdere, destinato a turbare, stravolgere e offrire molti spunti su cui riflettere. Il film, distribuito da Koch Media, è in sala dall’undici settembre.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Le grandi interpretazioni di Firth e Irvine.
  • La potenza visiva ed emotiva del racconto.
  • La vivida precisione della ricostruzione storica.
  • L’assimilazione di Lomax a una figura cristologica potrebbe risultare un poco esagerata.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Le due vie del destino, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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