Qui e là, la recensione

Qualcuno condanni in esilio chiunque continui a riproporre il cosiddetto cinema-verità, soprattutto quando racconta una verità di cui, sinceramente, non ce ne frega assolutamente niente. Basta scenari poveri e desolati che trasudano squallore, basta attori presi dalla strada che riescono ad apparire così visivamente poco interessanti, basta con silenzi assordanti e inquadrature in cui il regista si è scordato di gridare lo stop, basta con la fotografia documentarista , basta con scorci di realtà. Vogliamo il cinema, la narrazione, l’affabulazione, o anche l’astrazione o il surrealismo, vogliamo immagini, simboli, sublimazioni, musiche, regia, attori, sceneggiatura, ritmo (RITMO!). Vogliamo il cinema come macchina produttrice di sogni, linguaggi e di sensi e non sterile riproposizioni di vite in qualche parte del globo (per questo esistono già i documentari). Sembra un mantra che nessuno mai coglie, eppure il realismo tanto cercato da certo cinema non si raggiunge semplicemente riprendendo una realtà, ma attraverso degli effetti di realismo che devono passare attraverso l’immedesimazione, la storia, i personaggi.

Qui è là è tutto ciò che non vorrei mai vedere in un film, un prodotto che sprizza autorialità e neorealismo nel modo sbagliato. Qui e là è la storia vera di Pedro che torna a casa in un piccolo villaggio di montagna del Messico, dopo aver lavorato per anni negli Stati Uniti (questo dato tra l’altro l’ho appreso dal pressbook visto che nel film non trapela). Ora tutto quello che vuole è dare una vita migliore alla sua famiglia e mettere su una band: i Copa Kings.

La famiglia protagonista del film

La famiglia protagonista del film

Qui è là sono 110 minuti di paesaggi brutti, di pura noia, di assenza di ritmo, di mancanza di sguardo registico e di emozioni. Persino la musica è orribile e non aiuta a dare ritmo alle già fiacche immagini. Il film fatica ad andare avanti, minuto dopo minuto, e trasuda desolazione e squallore sia nella fotografia che nei personaggi, per qualche strana ragione, uno più brutto dell’altro (d’altra parte non sono attori, ma ognuno interpreta se stesso). E visto che, secondo il regista spagnolo Antonio Mendez Esparza, Qui e là è una storia sulla bellezza della vita familiare, sui sentimenti, sulla speranza, e sull’unità della famiglia, credo che il film abbia fallito miseramente in tutti i punti.

Molti continueranno a sventolare la bandiera del cinema-verità, della sofferenza espressa da Esparza attraverso la vita dei contadini messicani, del realismo degli attori-non attori. In molti festival in cui il film ha trionfato l’avranno elogiato per questi motivi (è vincitore della “Settimana della critica” al festival di Cannes 2012, tanto per citarne uno…) . Ma  voi non credetegli: l’unica sofferenza sarà la vostra in sala. Parola di uno che ha sofferto.

Lorenzo Giovenga

PRO CONTRO
  • Concilia il sonno
  • Fastidiosamente e fintamente autoriale
  • Personaggi, paesaggi, musiche brutte
  • Inquadrature dalle durate bibliche
  • Noia e assenza di ritmo
  • Non riesce a raccontare nulla e a veicolare nessun senso

 

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Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Qui e là, la recensione, 4.0 out of 10 based on 1 rating

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