Freeheld: amore, giustizia, uguaglianza – la recensione
Se dovessimo utilizzare una sola parola per definire il merito principale di Freeheld, sceglieremmo “ricordare”. Viviamo in un momento di ipervisibilità del cosiddetto genere omosessuale al cinema e in Tv e la storia vera raccontata da Freeheld ci invita a riconsiderare l’attuale situazione sociale e culturale (almeno negli USA) come il frutto di anni ed anni di lotte sociali e politiche in nome di una parità di diritti conquistata da pochissimo tempo.
Freeheld, adattamento del cortometraggio omonimo vincitore del premio Oscar nel 2007, è una pellicola estremamente poco militante e, data la portata della vicenda, questa scelta potrebbe far dubitare molti. Scritto dallo sceneggiatore di Philadelphia, Ron Nyswaner, il film è sostanzialmente una storia d’amore che lascia ai margini la politica e non approfondisce le questioni spinose. La storia di Laurel Hester e Stacie Andree è presentata in maniera molto standard: primo incontro, prima uscita, innamoramento, casa, cane ecc… Le due donne riescono, nonostante le difficoltà quotidiane imposte dagli ambienti omofobi che le circondano, a costruirsi una vita insieme. Quando il cancro colpisce Laurel, detective da più di 20 anni, lei darà inizio ad una battaglia legale per garantire che i soldi della pensione vadano alla sua compagna.
La pellicola appare nettamente divisa dall’evento tragico della malattia di Laurel: dopo una prima parte molto canonica, troppo lunga ma ben fatta, Freeheld dà il meglio di sé nella seconda metà, mostrando definitivamente la scelta di non concentrarsi in maniera rigida e monolitica sulla lotta politica preferendo descrivere una tragedia personale come riflesso di un problema collettivo. Il film non è perfetto ed alcuni dialoghi non brillano certo per originalità ma le due attrici regalano al pubblico due interpretazioni toccanti e coinvolgenti.
Ultimamente Julianne Moore ci sembra sempre malata al cinema: dopo l’Oscar per l’immensa interpretazione di Still Alice, incarna tutta la forza di una donna che urlerà fino all’ultimo respiro la parità dei diritti per ogni individuo, e nulla di più. Il personaggio è perfettamente nelle corde della Moore che lo rende sfaccettato in tutte le sue sfumature, dall’amore all’ambito lavorativo. Ellen Page, grande promessa di Hollywood lanciatissima da Juno nel 2006, torna ad un ruolo di grande spessore dopo diverse parti minori negli ultimi anni; nonostante la sua età, tiene testa alla sua controparte femminile, superandola in alcuni momenti molto riusciti. Abbiamo apprezzato la non standardizzazione ed approfondimento curato dei personaggi che circondano le protagoniste. L’attivista gay interpretato da Steve Carell conferisce quel tocco comico perfettamente equilibrato nel dramma complessivo, mentre il detective interpretato da Michael Shannon è un personaggio tutto da scoprire e da apprezzare nel corso della pellicola. La storia mette in risalto pregi e difetti di tutti gli uomini (etero e gay) e, tra le righe, suggerisce che non sempre urlare le proprie ragioni aiuta. L’unico difetto, nella parte finale del film, risulta il soffermarsi sul dolore della malattia in un paio di sequenze assolutamente non necessarie.
Per concludere, dobbiamo sottolineare che Freeheld riesce a far ricordare, come dicevamo in apertura, ma non riesce ugualmente bene ad analizzare gli eventi. Negli ultimi anni, il genere omosessuale sta cercando di uscire dalla nicchia dei festival tematici provando a raggiungere il grande pubblico. La pellicola compie questo passaggio ma, forse, per farlo non rende giustizia alla storia. Un po’ come già accaduto per Philadelphia, la storia risulta emozionante e le interpreti sono in gran forma ma sembra che per creare un prodotto che arrivi a tutto il pubblico (eterosessuale) si lascia poco spazio ai problemi veri. In fondo, è solo una storia d’amore come tante altre ma, mentre l’amore viene raffigurato, la sua portata simbolica viene lasciata in ombra. Allo stesso tempo, se il film farà ricordare agli Americani le lotte passate, a noi servirà a riflettere e a mostrare la nostra arretratezza culturale. Perché ormai mezzo mondo è riuscito a capirlo ma a noi sembra tanto difficile: “E’ solo amore. Perché vi terrorizza tanto?” (cit. “Get Real”)
Matteo Illiano
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