The Counselor – Il procuratore, la recensione

Ciò che è unito in Terra, morte taglierà,
ciò che sembra amore, vanità di vanità,
e prima del tempo che sembra svanire
anche se non la vedi la senti venire,
quando sei dentro lei, e tu lo racchiudi,
ed è quel momento che tu  e tu t’illudi.
Verrà la morte e taglierà il legame,
cosi sottile e forte, cosi bello e infame.

Così recitava una strofa di La ballata della morte di Tiziano Sclavi e chi viaggia sulla trentina e ha dimestichezza con il fumetto Dylan Dog, non farà fatica a collocarla. L’ultimo film di Ridley Scott, The Counselor – Il procuratore, sembra proprio una lunga e beffarda ballata della morte, una danza corale che riflette sulla pochezza della vita umana, del singolo individuo, in un mare di indifferenza e malvagità che è il mondo. Non è ben chiaro se questo messaggio fosse voluto o meno, ma quello che più colpisce di questo film, che di per sè non è del tutto riuscito, è proprio questo cruciale gioco di vite, in cui l’uomo è al pari di una formica.

Michael Fassbender è il "procuratore"

Michael Fassbender è il “procuratore”

Scott porta in scena tutti (o quasi) personaggi negativi, tipi da cinema americano pulp, delinquenti e spacciatori, e li immerge in un plot che si fatica non poco a seguire con attenzione, tanti sono gli eventi che s’incastrano in maniera quasi casuale. Fulcro centrale della storia è Michael Fassbender, un avvocato americano di successo che gestisce traffici illeciti in Messico. Il suo cliente “preferito” è Reiner (Javier Bardem), che gestisce un traffico di droga insieme alla sua compagna Malkina (Cameron Diaz), ma all’avvocato piace tenere un piede in due scarpe e allo stesso tempo sta in affari con il misterioso Westray (Brad Pitt). Ovviamente non può filare tutto liscio e quando un cartello della droga si mette sulla loro strada, la situazione degenera.

In un andirivieni di belle macchine, ghepardi tenuti al guinzaglio e letali meccanismi di morte, c’è anche spazio per l’amore e qui entra in ballo Laura (Penelope Cruz), l’unico personaggio positivo della vicenda che forse, proprio per questo motivo, è marginale ma allo stesso tempo motore degli eventi. Laura è la coscienza dell’avvocato, l’unico motivo al mondo per cui lui potrebbe uscire dai suoi traffici illeciti. In fin dei conti “smetto quando voglio” è la logica che fa agire il personaggio senza nome interpretato da Fassbender, ma come efficacemente è mostrato nel finale, è il destino (e il potere, con esso) ad avere sempre l’ultima parola.

Cameron Diaz e Penelope Cruz "pupe" dei malavitosi

Cameron Diaz e Penelope Cruz “pupe” dei malavitosi

Scott a questo giro non mette troppa personalità nel suo lavoro e, per forza di cose, la regia è la grande sconfitta di The Counselor, messa in ombra soprattutto dal lavoro di Cormac McCarthy, che in questo film esordisce come sceneggiatore per il cinema. McCarthy non è nuovo al grande schermo, visto che alcuni suoi celebri romanzi sono diventati film di successo (Non è un paese per vecchi e The Road), ma qui si mette in gioco in prima persona e pur non portando al cinema un soggetto troppo accattivante, anzi decisamente risaputo e conforme a certe argomentazioni da crime-movie che oggi spopolano anche in tv, porta a segno una serie di dialoghi davvero memorabili. Il racconto di Reiner sul gioco di seduzione di Malkina che ha per oggetto il parabrezza della sua auto è da antologia e anche le varie caratterizzazioni dei personaggi sono senz’altro riuscite.

Il cast di The Counselor è di quello da grandi occasioni, anche se nel calderone all stars a farsi davvero ricordare è Cameron Diaz che da corpo a una femme fatale “con le palle” che incide per fascino e bravura.

Insomma, tra dialoghi taglienti che qualcuno definirebbe tarantiniani, scene splatter che colgono di sorpresa lo spettatore e un pessimismo di fondo che quasi stupisce, The Counselor sa farsi apprezzare. Purtroppo manca totalmente d’originalità, Scott probabilmente l’ha diretto con la mano sinistra e Pitt e Fassbender a tratti sembrano disorientati come lo spettatore che non riesce a raccapezzarsi nella vicenda. Riuscito, ma solo in parte.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Ottimi dialoghi.
  • Personaggi ben caratterizzati.
  • Interessante visione pessimistica.
  • E’ da molto tempo che non si vedeva una Cameron Diaz così in forma.
  • Trama inutilmente complicata.
  • Manca di personalità registica.
  • Fassbender e (soprattutto) Pitt sembrano capitati lì per caso.
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