The Wolf of Wall Street, recensione

Sfrenato, scatenato e sfrontato sono solo alcuni degli aggettivi adatti a descrivere l’ultima fatica di Martin Scorsese che, dopo l’inedita parentesi di Hugo Cabret, torna sui nostri schermi con l’eccentrica dark comedy The Wolf of Wall Street. Scorsese, attraverso la vicenda esemplare e autentica di Jordan Belfort (il film è tratto proprio dall’autobiografia di quest’ultimo) mostra senza censure né inibizioni i (molti) vizi e le (inesistenti) virtù del mondo dell’alta finanza, popolato da demagoghi avidi e dalla favella suadente, abili venditori di fumo interessati non solo a far soldi, ma a farne tanti il più in fretta possibile.
Questo è il mondo in cui approda l’ingenuo ventiduenne Jordan (Leonardo DiCaprio), che ha abbandonato gli studi di odontoiatria per intraprendere la carriera di broker e garantire una vita migliore a se stesso e alla mogliettina Teresa (Cristin Milioti). Durante il suo primo giorno a Wall Street, Jordan conosce Mark Hanna (Matthew McConaughey), che diventerà il suo mentore e lo inizierà ai ‘trucchi’ del mestiere (cioè ‘spostare i soldi dalle tasche del cliente alle proprie’): disinvolta parlantina, droga, autoerotismo. Di lì a qualche anno, Jordan fonda con il suo braccio destro – il maldestro e inarrestabile Donnie Azoff (Jonah Hill) – la propria società di broker, la Stratton Oakmont, e, grazie a una serie di abili truffe perpetrate ai danni di milioni di investitori, diventa sfacciatamente ricco, dando vita a un impero napoleonico la cui unica regola è vivere senza regole. Jordan può permettersi di spendere cifre spropositate per banali capricci, di veleggiare su uno yacht di 50 metri e di viziare la bomba sexy Naomi (Margot Robbie), sposata in seconde nozze. Naturalmente, nonostante tutto ciò, continua a indulgere nel consumo patologico di sostanze illegali di ogni tipo, a organizzare festini bacchici di proporzioni bibliche e a condurre una vita all’insegna del lusso e dell’eccesso…

Un sensuale gioco di seduzione tra Belfort (DiCaprio) e la seconda moglie Naomi (Margot Robbie).

Un sensuale gioco di seduzione tra Belfort (DiCaprio) e la seconda moglie Naomi (Margot Robbie).

Impossibile restare indifferenti di fronte a tutto quello che, in quasi tre ore di film, succederà sotto i vostri occhi. Che Leonardo DiCaprio sapesse come si dà una festa, lo avevamo intuito guardando Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann; il film di Scorsese ci offre, in proposito, la conferma definitiva. Preparatevi a vederne accadere delle belle, negli uffici della Stratton Company: da una gara di tiro a segno con ‘freccette’ umane, alla sfilata di prostitute seminude, passando per un innocente pesciolino rosso fagocitato senza pietà.
DiCaprio, anche produttore del film e candidato al Premio Oscar come Migliore Attore Protagonista per il ruolo di Belfort, è in forma smagliante e si cimenta in un’interpretazione straordinariamente naturale, pur nella sua necessaria esagerazione, e destinata a lasciare il segno. A lui, oltre al ruolo di mattatore assoluto della pellicola, è anche affidato il compito di condurre lo spettatore per mano nei meandri della storia e svelarci i suoi segreti; missione che assolve guardandoci dritto negli occhi, senza pudore né reticenze, rendendoci, nostro malgrado, suoi complici benevoli.
Già, perché nonostante Jordan Belfort sia senza ombra di dubbio un imbroglione, un depravato e un individuo moralmente deplorevole (lo vedrete, tra le altre cose, sniffare coca direttamente dall’ano di una squillo e farsi sodomizzare con una candela), è obiettivamente molto difficile resistere al suo carisma e non spassarsela nell’assistere ai suoi sregolati bagordi.
A DiCaprio va, inoltre, riconosciuto il merito di aver magistralmente restituito le contraddizioni della personalità del broker: ora machiavellico stratega e ambizioso sbruffone; poi, all’improvviso, candidamente impacciato e come un pesce fuor d’acqua se al di fuori del proprio raggio di dominio.
Performance notevoli anche quelle di Jonah Hill e Matthew McConaughey; il primo dimostra ancora una volta di essere un attore incredibilmente versatile, portando sullo schermo un personaggio istrionico e incontenibile, sorprendente e decisamente folle. I memorabili duetti con DiCaprio danno luogo a sequenze esilaranti, una su tutte quella relativa all’effetto tardivo di alcune pasticche che finirà in una lotta selvaggia con il filo del telefono e in uno sventato soffocamento.
McConaughey non appare in scena che per pochi minuti, ma garantiamo che la sua presenza si farà notare eccome, tanto per l’inedita impronta che l’attore riesce a conferire a Mark Hanna quanto perché gli insegnamenti impartiti dal suo personaggio all’ancora ingenuo Jordan influenzeranno profondamente l’agire di quest’ultimo nel corso della sua ascesa al potere.
Nel cast, si distinguono anche Rob Reiner, Kyle Chandler, Jean Dujardin e Joanna Lumley.

Jordan getta sprezzante banconote dal suo yacht come fossero caramelle.

Jordan getta sprezzante banconote dal suo yacht come fossero caramelle.

Martin Scorsese ha optato per una messa in scena all’insegna della leggerezza e di una energica comicità; si esime dal dare giudizi sulla vicenda – tantomeno sulla condotta di Belfort – prediligendo una narrazione lineare, che si limita a raccontare come l’insaziabile sete di denaro conduca inevitabilmente alla perdita della ragione e di tutto quanto si sia costruito fino ad allora. Nessun moralismo, dunque, in nome di una sovrabbondanza di vorticosi e deliranti impulsi visivi e sonori, quasi fossimo direttamente nella testa del nostro sconsiderato protagonista.
La nostra istintiva e spontanea inclinazione a salire sull’ottovolante di Jordan e tuffarci con lui in un vortice autodistruttivo di sesso, droga e sperpero, lascia intuire che, probabilmente, Scorsese insinui che c’è un potenziale Jordan Belfort in ciascuno di noi. Se solo avessimo avuto il suo eccezionale intuito, avremmo agito diversamente? Belfort, accecato dalla cupidigia, non è stato in grado di accettare che era arrivato il momento di fermarsi; tuttavia, lo biasimiamo davvero per avere oltrepassato ogni limite?

Altrettanta morigeratezza non si riscontra, per forza di cose, nella scenografia; buona parte della pellicola si svolge in ambienti grandiosamente lussuosi, quali lo Xanadu di Jordan, o orgiasticamente chiassosi quali i già citati uffici della Stratton Company.
La sintassi cinematografica si presta a sua volta a questo divertissement evenemenziale, improntata a un montaggio serrato, carrelli virtuosistici e ritmi frenetici. Insomma, nessuna trovata registica particolarmente originale, ma lo stile scanzonato tipicamente consono al cineasta italo-americano. Interessante anche la scelta del commento musicale, di cui segnaliamo la chicca Gloria di Umberto Tozzi.

Che apprezziate o meno il film, sarà impossibile non appassionarsi alla storia di Jordan, famelico edonista, schiavo di un desiderio inappagabile e alla rincorsa di aspirazioni senza meta.
The Wolf of Wall Street spiazzerà, divertirà e, chissà, forse scandalizzerà il suo spettatore. Non dimentichiamo, infatti, che i dialoghi, incalzanti e coinvolgenti, sono caratterizzati da uno spiccato turpiloquio e che alcune sequenze per così dire ‘estreme’ potrebbero urtare la sensibilità dei facilmente impressionabili. A proposito della durata della pellicola, bisogna aggiungere che, giunti al macro segmento finale, inizia a far sentire il proprio peso e che, probabilmente, una manciata di minuti in meno avrebbero contribuito a mantenere sempre su altissimi livelli l’attenzione spettatoriale. Questa, in ogni caso, non raggiunge mai neanche lontanamente la soglia della noia.

The Wolf of Wall Street arriverà nelle nostre sale il 23 gennaio, distribuito da 01 Distribution.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • L’interpretazione di Leonardo DiCaprio è destinata a entrare nella storia del cinema.
  • La vicenda sfrenata, coinvolgente e assurda come soltanto le storie vere sanno essere.
  • La pellicola riesce a intrattenere, spiazzare e calamitare l’attenzione in virtù di un ottimo cast e un ritmo narrativo solido e di buon livello.

 

  • Qualcuno potrebbe infastidirsi per il linguaggio non proprio esemplare adottato e per la stravaganza eccessiva di alcune situazioni.
  • Sottrarre una decina di minuti alla durata complessiva avrebbe reso l’insieme più facilmente digeribile.

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The Wolf of Wall Street, recensione, 9.0 out of 10 based on 1 rating

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