Trolls World Tour, la recensione

In questo periodo, le intro dei pezzi dedicati alle nuove uscite sono molto simili. Ci ritroviamo a parlare di titoli originariamente destinati alla sala che vengono dirottati sul mercato VOD a causa dell’emergenza coronavirus. Non fa sconti il cinema d’animazione che, anzi, nell’attuale utenza casalinga si augura di trovare riscontri inattesi. È il caso di Trolls World Tour che dopo aver esordito in alcuni paesi (ma non in patria), nei quali ha raggranellato quasi un 1 milione e 900 mila dollari, viene deviato sul circuito video on demand. In Italia, è disponibile dal 10 aprile su Sky Primafila, Apple TV, Chili, Google Play, Infinity, Rakuten Tv e Timvision. Primo film della DreamWorks (con distribuzione Universal) ad essere disponibile per il digital download mentre era ancora in sala.

Trolls World Tour è il sequel di quel Trolls che nel 2016 aveva portato a casa 347 milioni di incasso globale e che, successivamente, aveva già dato vita ad un corto per la tv nel 2017 (Trolls Holiday) e, a partire dal 2018, ad una serie animata in 2D (Trolls – La Festa Continua). Quello che diventa il quinto film della DreamWorks ad aver generato un franchise dopo Shrek, Madagascar, Kung Fu Panda e Dragon Trainer, prende spunto dalle troll dolls create dal danese Thomas Dam nel 1959, le buffe bamboline dai capelli colorati divenute oggetto di culto nel corso degli anni.

Trolls World Tour

La formula del primo capitolo era semplice: un mini-mondo che cerca di rifarsi un po’ a quello dei Puffi, di cui sembra una versione psichedelica contraddistinta da colori squillanti, personaggi sorridenti e tante canzonette pop. Un titolo non del tutto convincente per la sua estrema semplicità, oltre che per una predisposizione così marcata al canto – un parametro, quest’ultimo, che chiaramente dipende molto dalla percezione dello spettatore e dal suo approccio fin troppo soggettivo al genere musical. Una ricetta che non cambia molto in questo sequel che alterna aspetti positivi ad elementi che funzionano meno.

Partiamo dalle cose buone. Dal punto di vista visivo e dell’animazione nulla da ridire, c’è la ricerca di un design sfizioso e ragionato, che ha modo anche di diversificarsi (tra poco ci arrivo), così come la resa visiva è qualitativamente apprezzabile, al punto che per quanto tu possa essere brutto e cattivo ti verrà voglia di accarezzare i capelli di un Troll almeno una volta.

Trolls World Tour

Sul versante narrativo l’idea vincente è quella di espandere la mitologia dei Trolls. I protagonisti Poppy e Branch scoprono che nel mondo dei Trolls non esistono soltanto il loro regno e la loro gente contraddistinti dall’amore per la musica pop, bensì sei diverse tribù che si esprimono attraverso sei differenti tipi di musica: Pop, appunto, e poi Funk, Country, Techno, Classica e Rock. Una nuova minaccia insorge quando la regina Barb e suo padre Re Thrash decidono di distruggere tutti gli altri tipi di musica per permettere al solo Rock di regnare supremo. Quando il mondo si trova in pericolo, Poppy, Branch e i loro amici partono per un viaggio nel tentativo di visitare tutte le diverse terre e unire tutti i Troll in armonia contro Barb. La trovata delle sei corde musicali da riunire ricorda quelle delle Gemme dell’Infinito di marveliana memoria, mentre il piano (e relative ambizioni di conquista) di Barb rimanda all’Orm di Aquaman.

Lo spunto funziona, arricchire lo schema solletica la curiosità data dalla novità, apre una finestra su una porzione di quel mondo ancora inesplorata e fornisce il carburante all’avventura itinerante. Ma, soprattutto, si rivela espediente utilissimo a veicolare un evidente (ed importante) contenuto sociale fatto di diversità, (in)tolleranza, integrazione, razzismo, bullismo, impacchettando il messaggio in modo da essere appetibile e comprensibile dal pubblico di giovanissimi. Non sarà il primo o tantomeno l’ultimo film per i più piccoli a puntare su questo tipo di messaggio, sicuramente sfruttato ma purtroppo sempre così attuale da ritenere opportuno parlarne una volta in più e non in meno.

Trolls World Tour

In generale, qualcuno potrebbe dire che il film è un po’ troppo “cantato”, ma la medesima caratteristica c’era anche nel primo capitolo, quindi almeno stavolta non ci si può lamentare di approcciare con aspettative sbagliate. Andando in concreto sui difetti, potrebbe risultare una critica pretenziosa ma Trolls World Tour viene meno sulla scrittura, che risulta un po’ superficiale, sbrigativa. Il tour del titolo non è costante, alcune tribù sono oggetto di un mordi e fuggi rispetto ad altre, non tutte hanno il dovuto approfondimento. Il lato avventuroso non è avvincente quanto l’idea di base prometteva (e permetteva) e lo stesso umorismo non mette a segno gag particolarmente ficcanti (quanto meno per lo spettatore un po’ più cresciuto). Il profilo delle varie tribù è piuttosto stereotipato, mentre dal punto di vista musicale c’è uno svilimento delle caratteristiche dei vari generi verso la ricerca della classica orecchiabilità da canzoncina da film d’animazione generico. In pratica, poteva essere un’occasione per aprire maggiormente la mente del ragazzino nei confronti del vastissimo universo musicale, che purtroppo resta variegato solo sulla carta. E poi anche basta con i luoghi comuni, dare alla tribù (del mio amato) Rock il ruolo dei cattivi è una mossa scontatissima, neanche fossimo nella Bomont di Footloose!

Trolls World Tour

Nota (di demerito) a parte per la versione italiana. E per la piaga tutta nostrana di affidare il doppiaggio dei film d’animazione a personaggi (più o meno) famosi al posto dei doppiatori. Già scegliere un attore non è sinonimo di riuscita – un attore (nello specifico, italiano) non è necessariamente un bravo doppiatore, ma questo è il meno rispetto a quando (spesso) le voci vengono affidate a persone che non hanno nulla a che vedere col mondo del cinema o (qualora si volesse bypassare questo aspetto) dimostrano di non avere la minima dimestichezza con la materia. Faccio un nome a caso: nella versione originale il personaggio di Branch è doppiato da Justin Timberlake mentre da noi viene affidato a tale Stash dei The Kolors (che prende il posto di Alessio Bernabei, voce nel primo Trolls) sulla cui discutibile performance non mi esprimo troppo (mi dicono che abbia lo sputo facile e in redazione abbiamo terminato gli ombrelli). E potrei continuare con la Michielin, Elodie e via discorrendo. Italianità che si ripercuote anche sul comparto canoro, ma questo lo lascerei ai vostri gusti (e le vostre orecchie).

Trolls World Tour

Comunque sia, considerando il target di riferimento, è probabile che certe critiche lascino il tempo che trovano, ci sono buone possibilità (ed elementi nel film) che il pubblico di bambini apprezzi ancora una volta la coloratissima spensieratezza dei Trolls, magari trovando il tempo per un primo approccio (anche se soft) nei confronti di temi più maturi ed intelligenti. Almeno è quello che si augurano Universal e DreamWorks che puntano proprio su quell’utenza di giovanissimi per raggirare il potenziale ostacolo dei 15,99 € necessari attualmente per la visione on demand, un prezzo lancio non proprio accattivante per il quale potrebbe essere determinante l’incredibile potere di persuasione dei bambini.

Francesco Chello

PRO CONTRO
  • Espansione della mitologia dei Trolls.
  • Inserimento di temi/messaggi socialmente rilevanti.
  • Ottimo livello grafico/visivo.
  • Stereotipi e luoghi comuni sui generi musicali.
  • Avventura e umorismo poco incisivi.
  • Versione italiana peggiorativa.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Trolls World Tour, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.