Venezia 71. La vecchiaia di un mastro di chiavi, la ricerca di riscatto di un ex soldato e il torture porn che viene dall’Austria

Ancora proiezioni lagunari alla 71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, con due film in concorso e un terzo della sezione Orizzonti. Parliamo di Manglehorn di David Gordon Green con Al Pacino, Loin des hommes, escursione di Viggo Mortensen nella cinematografia francese e il torture porn austriaco Ich Seh, Ich Seh (Godnight Mommy).

Quest’anno, qui a Venezia, è un po’ l’anno di Al Pacino, volto già noto ai fedelissimi della Mostra del Cinema, che quest’anno ha monopolizzato la giornata del 30 agosto con ben due film, Manglehorn, che è in concorso per il Leone d’oro, e The Humbling, inserito invece nella sezione Fuori concorso. Un 30 agosto ricchissimo per l’agenda dell’ex Michael Corleone, che ha sfilato ben due volte sul red carpet, ha preso parte a due conferenze stampa ed è stato spremuto ben benino da giornalisti e fans.

Il film Fuori concorso, The Humbling, diretto dal grande Barry Levinson e prodotto – tra gli altri – anche dall’italiana Ambi Pictures di Andrea Iervolino e Monika Bacardi, è una commedia meta-teatrale che si tinge di dramma e introspezione, un film tanto divertente quanto amaro e di cui parleremo in maniera approfondita in un articolo a se.

ManglehornManglehorn ha molti punti in comune con il “cugino” Fuori concorso e non solo per la presenza dell’attore-mattatore Pacino. Anche qui tutto si focalizza su un solo personaggio, sulle sue ossessioni, i suoi rimpianti e la voglia di riscattarsi da una serie di scelte sbagliate fatte nel passato che ora gravano come una spada di Damocle sul suo presente. Il protagonista è A.J. Manglehorn, un anziano fabbro titolare di una negozio di chiavi, che vive in solitudine rimuginando sul grande amore della sua vita, Clara, persa ormai da tempo per una serie di cose non dette e non fatte. Manglehorn ha un rapporto turbolento con un figlio che sembra stia seguendo lo stesso iter distruttivo del padre e ha l’unica compagnia nella sua gattina Fanny, che però deve essere sottoposta a un pericoloso intervento perché ha ingoiato una chiave. Tutto ruota attorno a Manglehorn e i suoi tentativi di accostarsi alle altre persone, di farsi una nuova vita a quasi 70 anni, pur vivendo nei cocci di ciò che l’ha segnato.

La sceneggiatura di Paul Logan è ottima nello scavare nel personaggio e nel creare una serie di interazioni con i comprimari che gli danno uno spessore particolarissimo, capace di creare un’empatia nello spettatore che raramente si è provata negli ultimi tempi. Pacino è fantastico, qui nella sua migliore interpretazione da davvero troppi anni a questa parte e la regia minimalista ma molto attenta a stare “sull’attore” di Green è funzionale al film. Un regista che, ricordiamo, sta mostrando di sapersela cavare spaziando con grande disinvoltura tra i generi, visto che partendo dalle commedie Strafumati e Sua maestà, è passato al thriller-drama Joe (lo scorso anno a Venezia) e ora al dramma introspettivo Manglehorn.

Un applauso al finale poetico e liberatorio.

Tra i migliori film visti fino ad ora a questa 71° edizione.

loin des hommes 1Loin des hommes è un altro titolo in Concorso, scritto e diretto da David Oelhoffen e prodotto e interpretato dalla star Viggo Mortensen, che è stato invece l’attrazione principale della giornata del 31 agosto.

Ancora una storia introspettiva che stavolta ha il sapore del film on the road, ambientato in Algeria nel 1954, proprio nel momento iniziale del conflitto che ha contrapposto i rivoluzionari algerini all’esercito francese. In questo scenario Mortensen è Daru, un insegnante francese in un villaggio algerino, che un giorno si ritrova in casa un ribelle in fuga da alcuni soldati che lo vogliono fucilare. Che fare? Consegnare lo scomodo “ospite” all’esercito o trovare riscatto da un recente passato in guerra che ha creato soprattutto riluttanza? Ovviamente Daru sceglie questa seconda soluzione e comincia un lungo cammino insieme a Mohamed fino al confine, dove l’uomo può essere messo in salvo.

Oelhoffen costruisce un film dai temi e dai ritmi classici, una storia di riscatto e di amicizia che assume in più punti il sapore del western, toccando ovviamente argomenti bellici. Loin des hommes è impeccabile nella forma, Viggo Mortensen è un protagonista intenso e si respira quell’epopea epica che oggigiorno raramente troviamo in un film che non sia una produzione hollywoodiana “seria”. Purtroppo, però, tutti gli aspetti positivi di questo film sono anche i suoi limiti perché Loin des hommes sembra un film fuori dal tempo, “vecchio”, alcune motivazioni nell’agire dei personaggi sono trattate in maniera superficiale e le quasi due ore di durata, francamente, si fanno sentire tutte.

ich-seh-ich-seh_foto1Voltiamo pagina e dalla sezione in concorso passiamo a quella Orizzonti. Ich seh, ich seh, che in inglese prende il titolo Goodnight Mommy, è uno dei due horror presenti quest’anno alla Mostra (l’altro è Burying the Ex di Joe Dante). Si tratta di un film duro e molto crudo che va a inserirsi nel mini-filone – floridissimo da Saw e Hostel in poi – del torture porn. Però qui trippa e budella lasciano il passo a una spietata tortura psicologica che solo negli ultimi 15-20 minuti si tinge di rosso con sprazzi di violenza visiva decisamente disturbante, soprattutto se si tiene in considerazione che il gioco vittima/carnefice interessa una madre e i suoi due bambini. Gli austriaci Severin Fiala e Veronika Franz, qui al loro esordio con un lungometraggio, scrivono e dirigono un film che gioca con i nervi dello spettatore, costruisce un intreccio altamente misterioso, crea attese (mantenute), si sbizzarrisce con le caratteristiche più pure dell’horror e punta su un colpo di scena prevedibilissimo ma efficace.

Il soggetto è decisamente intrigante e ci racconta di una donna, che nella vita fa la conduttrice televisiva, che torna a casa dai suoi due bambini dopo essere stata sottoposta a un intervento di chirurgia plastica al volto. La donna ha il viso coperto dalle bende e malgrado il copro e la voce siano chiaramente le sue, i due figli non la riconoscono nei suoi comportamenti. Mettendola continuamente alla prova, i piccoli Elias e Lukas si convincono che la donna tornata a casa e di cui non possono vedere il volto, non sia la loro mamma e così la stordiscono e immobilizzano al letto sottoponendola a ogni tipo di creativa tortura, in modo da farle confessare quello che loro sospettano.

Tra blatte infilate in bocca, bruciature causate con la lente d’ingrandimento e il raggio di luce solare, colla e forbicine, Ich seh, ich seh culmina in un delirio di cattiveria e violenza che ha fatto sussultare (e indignare, stando ai commenti) il pubblico della Mostra. Il film parte lento, forse troppo nel suo temporeggiare per quasi un’ora, ma si respira un’aria di malsano crescendo che porta a conseguenze inevitabili.

Un pugno nello stomaco, non c’è che dire.

Roberto Giacomelli

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