Venezia 71. The Humbling, la recensione

Hemingway aveva le braccia più lunghe!”, afferma Simon Axler, il protagonista di The Humbling interpretato da Al Pacino, dopo aver tentato goffamente il suicidio usando un fucile come il leggendario scrittore. Un Al Pacino sul viale del tramonto, quindi, ma solo sul grande schermo.

Questo Festival del Cinema di Venezia 2014 sembra seguire il tema dell’attore in decadenza, non a caso, dopo Birdman, ecco che in questa pellicola Al Pacino si ritrova ad essere un famosissimo attore teatrale vecchio e stanco che crede di aver improvvisamente perso tutto il suo grande talento e che si ritira a vita privata dopo essersi gettato dal palco nel pieno di una performance. Da quel momento in poi, Simon è solo e disperato, l’unico suo pensiero è il suicidio. Nella sua vita, però, entra una giovane donna omosessuale, figlia di una sua vecchia collega, che gli confessa di aver sempre avuto una cotta per lui. Grazie a lei, Simon riesce a ritrovare la forza di vivere e di ritornare sul palco.

La prova attoriale di Al Pacino, sembra inutile dirlo, è eccezionale. Lo spettatore è catapultato nel suo mondo e insieme a lui si perde senza riuscire, come il protagonista, a separare la finzione dalla realtà. Eppure, tutti potremmo pensare, almeno leggendo la trama, che The Humbling sia un film drammatico, e invece no: ci sorprenderemo, durante la visione del film, a ridere e sorridere delle disavventure del povero Simon.

humbling immagine 1

Il regista Barry Levinson ha deciso di dare un taglio grottesco alla pellicola che, nonostante i temi trattati, rimane un ibrido tra commedia e dramma, solo apparentemente inconciliabili. Tanti i personaggi grotteschi che si ritrovano sulla strada di Simon dopo che Peegen entra nella sua vita, talmente strani da fargli rimpiangere la triste solitudine che viveva prima di ritrovare quella donna che una volta era solo una bambina e con cui aveva solo un rapporto di gentile vicinato.

The Humbling è la trasposizione cinematografica del penultimo romanzo omonimo dello scrittore Philiph Roth, del quale il regista ha mantenuto quelle che sono le particolari atmosfere che possiamo assaporare pienamente nella pellicola. Insieme al protagonista viviamo ogni aspetto della vita di un artista, dalla sfera lavorativa a quella privata che sembrano diventare sempre più una cosa sola man mano che la storia procede davanti agli occhi dello spettatore. Simon non fa che domandarsi, e domandare, “Ero credibile?” come se la risposta affermativa degli altri fosse la sua unica ragione di vita. È così che decide di seguire una terapia per riuscire finalmente a ritrovare il suo equilibrio, peccato, però, che proprio durante gli incontri conosca una donna che presto diventerà per lui un vero e proprio problema. Insomma la vita del povero Simon Axler non fa che complicarsi sempre di più fino ad arrivare all’incredibile climax finale che, ovviamente, non vi anticipiamo, ma che vi diciamo essere davvero speciale e coerente con l’intera linea narrativa della pellicola.

Rita Guitto

PRO CONTRO
  • Barry Levinson, con l’aiuto di un grande Al Pacino, riesce a far vivere in prima persona le vicende del protagonista, grazie al particolare taglio narrativo del montaggio.

 

  • I personaggi secondari, come la stessa Peegen, non sono abbastanza caratterizzati ma soltanto abbozzati, lasciando troppo spazio ad Al Pacino che si ritrova solo a tenere sulle spalle un intero film.

 

VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Venezia 71. The Humbling, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.