Venezia 73: Les beaux jours d’aranjuez

Wim Wenders e Peter Handke si risiedono a tavolino dopo ventinove anni (Il cielo sopra Berlino, 1987) per adattare la celebre pièce del drammaturgo austriaco a un film 3D dal carattere fortemente esistenzialista.

A cosa serve utilizzare la tecnica del 3D per produrre una pellicola interamente ambientata nel giardino di una villa nell’ile-de-France? Se ve lo state chiedendo, vuol dire che il cinema di Wim Wenders non fa per voi. Il maestro tedesco infatti conferma anche in questa occasione la volontà di ricreare uno spazio al confine con l’immaginazione (unico riferimento reale la Tour Eiffel in sottofondo) dove i due attori protagonisti (Sophie Semin e Reda Kateb) non sono un uomo e una donna, bensì diventano L’uomo e La donna contemporanei. Ed è proprio questo l’intento del regista: inscenare un dialogo tra il genere maschile e quello femminile, un dialogo dal ritmo incalzante e caratterizzato dalla più completa onestà intellettuale, specialmente quando si arriva al fulcro della discussione: l’assenza nella società contemporanea di un vero rapporto maschio-femmina, come quello risalente ai “bei giorni di Aranjuez.”

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Aranjuez è infatti una città della Spagna conosciuta per i suoi giardini e per il Palazzo Reale in cui visse Filippo II di Spagna durante il periodo di maggiore splendore per il suo Regno. In questo senso il regista invoca un ritorno al passato, a quando cioè le persone agivano con decisione e senza nascondersi dietro alla comodità della tecnologia.

Seguendo questa logica di pensiero infatti, Wenders mette in scena solo oggetti di altri epoche (il juke box e la macchina da scrivere – in funzione – posta a fianco di un tablet – spento).

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Da un punto di vista strutturale prevale la suddivisione in quattro atti, intervallati da pezzi anni ’60 – ’70 e dalle note di Nick Cave (che compare mentre suona il piano).

Complessivamente, dunque, questo film si rivolge ad un pubblico di nicchia, a chi crede ancora nel cinema intellettuale e ha voglia di mettere in discussione sé stesso, i propri giudizi e quelli dell’epoca in cui vive.

Roberto Zagarese

PRO CONTRO
  • Ottima recitazione di Sophie Semin.
  • Dialoghi ben scritti.
  • Ottimo montaggio.
  • Sophie Semin meriterebbe un compagno all’altezza, sempre che esista.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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