Venezia80. Io Capitano di Matteo Garrone, la recensione
Al suo undicesimo lungometraggio, Matteo Garrone si confronta con un tema sociale che da anni ormai solleva l’opinione pubblica mostrando, spesso e volentieri, il peggio degli esseri umani, un tema strumentalizzato dai media e dalla politica, ovvero quello dell’immigrazione clandestina. Ma Garrone, con Io capitano, ha la sensibilità di non affrontare questo tema da nessuna prospettiva politica, raccontando con estrema neutralità l’avventura di due adolescenti senegalesi nell’impresa di raggiungere l’Europa.
Noi siamo abituati a conoscere queste storie dai reportage, spesso tragici, dei TG, filtrati ovviamente dallo sguardo di chi riceve e spesso subisce come una piaga l’immigrazione clandestina. Garrone ribalta la prospettiva e ci mostra chi quel viaggio assurdo decide di intraprenderlo, con tutte le difficoltà del caso, gli ammonimenti e l’ingenuità di chi si aspetta la terra promessa e invece si trova a fare un percorso infernale.
Seydou e Moussa sono cugini, entrambi adolescenti, e vivono a Dakar in Senegal. Non se la passano benissimo ma neanche sono in condizioni critiche, però Moussa sta mettendo da parte soldi da mesi con l’intento di fare un viaggio che attraverso il deserto e il mare lo porterà in Europa dove può esaudire i suoi desideri, soprattutto con la musica. Per far questo coinvolge il cugino, che invece vorrebbe trovare un lavoro che gli consenta di far vivere negli agi sua madre e le sue sorelle. Nonostante il divieto dei loro genitori, una notte, Seydou e Moussa partono di nascosto: il primo obiettivo è fare un passaporto falso per attraversare il confine. Ma il viaggio verso la Libia è davvero duro e il pericolo di essere rapiti dai predoni si fa sempre più reale. Per i due ragazzi sarà un’avventura tremenda che metterà a dura prova la loro forza di volontà.
Dopo la brillante prova con il cinema fantastico offerta prima con Il racconto dei racconti e poi con Pinocchio, Garrone si cimenta con il cinema del reale, da lui già affrontato con accezioni crime, drammatiche e perfino da commedia amara (come non menzionare il bellissimo Reality?), ma in Io capitano c’è comunque spazio per la fantasia con due momenti onirici toccanti che sono la materializzazione del senso di colpa del protagonista, prima verso la signora che non è riuscito a salvare, poi verso la madre che non ha neanche salutato. Ma non è difficile intravedere nella struttura di Io capitano più di un riferimento allo stesso Pinocchio che ha inaugurato il sodalizio artistico tra Garrone e Massimo Ceccherini, co-sceneggiatore insieme allo stesso regista, Andrea Tagliaferri e al grande Massimo Gaudioso anche in questa occasione. Perché il viaggio che affronta Seydou, in fin dei conti, non è così distante da quello di Pinocchio, entrambi hanno irresponsabili compagni di viaggio e incontrano sul loro cammino ostacoli e aiutanti, ed entrambi terminano la loro avventura in mare.
Se il parallelismo con l’opera di Collodi è una possibile chiave di lettura di Io capitano, abbiamo comunque a che fare con un’epica avventurosa dal respiro molto ampio che ci racconta il viaggio di un ragazzo tra mille avversità. In questo caso specifico, si tratta di un migrante senegalese, ma l’iter compiuto da Seydou poteva appartenere anche a un personaggio della mitologia antica o a un moderno avventuriero delle storie per ragazzi.
Ma il soggetto scelto da Garrone riesce davvero a far la differenza perché ha il potere dell’empatia che una storia reale sa trasmettere. Infatti, Io capitano si rifà alla vera storia di Mamadou Kouassi, che all’età di vent’anni circa si è trovato ad attraversare mezzo mondo per cercare una condizione più umana in cui vivere, con i pericoli che vediamo nel film.
Kouassi è stato chiamato da Garrone per fare da consulente alla sceneggiatura e, a sua stessa dichiarazione, il film ha sia l’obiettivo di sensibilizzare chi in Europa riceve i migranti, sia di ammonire i migranti che pensano di trovare la terra promessa; perché la percezione che in Africa c’è dell’Europa, vista attraverso internet e i social, è incredibilmente distorta. In una scena chiave del film, un conoscente di Seydou e Moussi che è tornato da un viaggio clandestino in Europa avverte i ragazzi del pericolo, del fatto che non c’è accoglienza, della possibilità di morire durante il viaggio, ma i ragazzi sono ormai stregati da un luogo idealizzato, dalla possibilità di diventare rapper di successo. È questo il cortocircuito che viene a crearsi, è una questione di aspettative, con tutta una serie di figure che su queste aspettative costruiscono un vero e proprio business di vite umane.
Io capitano, per questo motivo, è un film importante che sa parlare realmente allo spettatore, sa farlo appassionare alla storia di questi ragazzi sprovveduti ma tenaci, e soprattutto crea una grande empatia verso di loro, un’empatia che si trasforma in emozione sincera. La traversata in mare durante la quale Seydou deve addirittura caricare sulle sue spalle la responsabilità di centinaia di vite è un momento di grandissimo cinema con un climax catartico realmente commovente, liberatorio.
Ma tutto il film è composto da scene madri che rappresentano un esempio di maestria cinematografica, dalla traversata del deserto al centro di detenzione in Libia. Garrone è uno dei talenti migliori che abbiamo oggi in Italia e Io capitano rappresenta l’apice della sua carriera, un film praticamente perfetto, capace di parlare a un pubblico molto ampio (nonostante sia completamente in senegalese e francese, sottotitolato in italiano) attraverso un’appassionante avventura, lì dove qualcun altro avrebbe trovato la scorciatoia del più banale documentario, come ha fatto Gianfranco Rosi con Fuocoammare.
C’è bellezza in ogni fotogramma di Io capitano, nella splendida fotografia di Paolo Carnera, nelle musiche originali di Andrea Farri, negli effetti speciali “invisibili” e nell’interpretazione dei bravissimi protagonisti Seydou Sarr e Moustapha Fall, che non sono professionisti ma se la cavano meglio di molti attori di mestiere.
Io capitano è stato presentato in concorso all’80ª Mostra del Cinema di Venezia ed è nei cinema a partire dal 7 settembre.
Roberto Giacomelli
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