Wounds, la recensione

Tra tutti i generi cinematografici l’horror è da sempre tra quelli più attenti a raccontare la realtà che lo circonda, seppur con il suo linguaggio e i suoi stilemi ancorati al cinema di “genere”. Una tendenza che non poteva non spingere tanti registi ad effettuare una critica feroce e aspra nei confronti delle nuove tecnologie e le influenze che queste hanno avuto sulle persone e la società tutta. Da Videodrome di Cronenberg fino a Pulse e Cell, passando per i recenti Friend Request e Unfriendend, sono infatti una miriade i titoli, chiaramente di qualità molto diversa fra loro, che hanno toccato questa tematica in periodi storici diversi e sulla scorta delle tecnologie del periodo di riferimento.

A questa lunga lista si aggiunge ora Wounds, film prodotto da Netflix e diretto da quel Babak Anvari già autore del tanto acclamato – più dalla critica che dal pubblico, per la verità – Under the Shadows. Il regista iraniano sbarca dunque sul mercato americano con un thriller/horror nel quale conserva la sua impostazione da cinema d’autore fondendola con i ritmi e i gusti del pubblico occidentale, ottenendo tuttavia come risultato un prodotto senza personalità e spessore e con un plot ed un’estetica della tensione poco definite ed efficaci.

Wounds

Will è un uomo piacente e brillante che convive con la sua amata Carrie e lavora in un bar nella periferia di New Orleans frequentato da personaggi ambigui e clienti divenuti ormai amici. La sua vita viene sconvolta quando una sera nel locale scoppia una rissa ripresa al cellulare da un gruppo di ragazzini. Uno di questi dimentica il proprio smartphone che viene raccolto da Will: tutto nella norma se non fosse per il fatto che il cellulare diventa per il protagonista una fonte di visioni sinistre, follia e terrore puro.

Wounds

Al termine della visione di Wounds si ha la sensazione di aver assistito ad un enorme contenitore di idee suggestive, intelligenti e dall’enorme potenziale, sfruttate però non nel modo in cui avrebbero meritato. Il grande demerito di Anvari, infatti, è quello di non riuscire a trovare una linea stilistica e narrativa coerente, unitaria e capace di mettere su uno script avvincente e che sappia coinvolgere il pubblico. Sullo schermo si alternano così momenti da thriller puro, altri da horror demoniaco e altri ancora che cercano di criticare – come detto sopra – le nuove tecnologie e il loro utilizzo smodato: tematiche e approcci stilistici interessanti che però vengono raccontati con confusione e con una freddezza tali da creare distacco tra lo spettatore e ciò che accade nel film.

Wounds

Il regista iraniano, insomma, realizza un autentico buco nell’acqua, un ibrido in piena regola nel quale non mette in mostra né le sue abilità da regista autoriale né la propensione ad adattarsi al cinema di genere vero e proprio con annesso gusto dell’intrattenimento e gestione della tensione, qui del tutto assente.

Le uniche note liete provengono dalle buone prestazioni del cast, su tutti Armie Hammer molto abile a dare sostanza ad un protagonista la cui evoluzione e discesa nel terrore viene ben tratteggiata, e da alcuni pezzi di bravura da parte di Anvari che dimostra così indubbie qualità non ancora espresse in pieno.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Buon cast, in cui spicca Armie Hammer.
  • Tanti approcci stilistici e narrativi mal sviluppati e assortiti.
  • Storia poco coinvolgente e ritmi lenti.
  • Un film di conseguenza ibrido e senza personalità.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: -1 (da 1 voto)
Wounds, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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