Il fuoco della vendetta, la recensione

Dopo essere stato presentato in anteprima all’edizione 2013 del Festival Internazionale del Film di Roma, dove si è aggiudicato il premio della giuria per miglior opera prima o seconda, Out of the Furnace, che in Italia diventa Il fuoco della vendetta, arriva nei cinema grazie a Indie Pictures, a partire dal 27 agosto.

Quella di Russell Baze è una storia dura ed estremamente drammatica che ci racconta la vita di un brav’uomo, un quarantenne che tiene costantemente il basso profilo, vive in un paesino industriale della Pennsylvania, lavora in un’acciaieria, ha un padre in fin di vita, una bella fidanzata con cui progetta di metter su famiglia e un fratello, Rodney, reduce dell’Iraq, che è indebitato fino al collo e partecipa a incontri di lotta clandestini per pagare il suo strozzino. Russell fa quello che può per dare una parvenza di dignità alla sua vita e a quella dei suoi cari, ma una sera causa un terribile incidente d’auto, dove perdono la vita una donna e il suo bambino.

Dopo diversi anni passati in carcere a scontare la sua colpa, Russell torna in libertà e trova una realtà ancor più dura di quella che aveva lasciato: suo padre è morto, la sua ragazza lo ha lasciato e suo fratello è finito nei guai con un boss locale, lo spietato Harlan DeGroat.

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Da questo lunghissimo momento preparativo, Il fuoco della vendetta entra nel vivo della storia, una vicenda nerissima che diventa improvvisamente un film di vendetta di quelli che rientrano di prepotenza nella migliore tradizione del cinema americano.

A scrivere e dirigere il tutto c’è Scott Cooper, che si era già distinto nel 2009 con l’intenso Crazy Heart e anche in quel caso si esplorava la miseria di una realtà sociale (e personale) di un’America lasciata in balia degli eventi. Lì c’era Jeff Bridges a interpretare un cantante country improvvisamente messo di fronte a quelle responsabilità che non si era mai preso, qui c’è Christian Bale operaio che di responsabilità si è caricato fin troppo, ma ciò sembra non bastare ad una sorte che gli è decisamente avversa.

Cooper, utilizzando in maniera fantastica la colonna sonora di Dickon Hinchliffe – già compositore per Un gelido inverno – , costruisce un contesto decadente e dimesso mostrandoci il tipico scenario degli Stati Uniti immersi nella depressione. Braddock, in Pennsylvania, è il classico paesino anonimo e anomalo, immerso nel verde ma ancorato a una tradizione industriale il cui cuore è rappresentato dall’altoforno dell’acciaieria, location attorno a cui pulsa l’intera vicenda, non a caso sottolineata nel titolo originale del film.

Quella di Il fuoco della vendetta è una storia di presa di coscienza, di tentativo di crescita interiore che si trasforma inevitabilmente in una involuzione, dallo status di civiltà a quello animalesco, come se l’uomo, malgrado gli sforzi compiuti, sia destinato a scatenare prima o poi i suoi istinti primari e più violenti. L’uomo è cacciatore e a poco serve risparmiare la vita di un cervo se poi si è messi di fronte a una cacciagione più pericolosa, con la quale o si diventa predatori o si finisce prede.

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Il fuoco della vendetta, pur dilatando i tempi narrativi e soffermandosi poco sull’azione e molto sulla costruzione degli eventi, è un’opera coerente e stratificata, attentissima alla presentazione dei personaggi e al loro agire, che conduce quasi sempre verso il baratro. L’epilogo è marchiato a fuoco fin dai primi minuti di visione e ogni spettatore sa dove condurrà, ma la cosa interessante è proprio seguire l’iter che porta a quegli eventi.

Grandissimi prove attoriali per Christian Bale e Casey Affleck, che interpreta suo fratello Rodney, anche se il personaggio che probabilmente colpirà più di tutti per la caratterizzazione sopra le righe è il villain Harlan DeGroat di Woody Harrelson. Completano il cast Willem Dafoe, Zoe Saldana e Forest Whitaker.

Un film che lascia il segno e sapere che in produzione ci sono i nomi di Leonardo Di Caprio con la sua Appian Way e, soprattutto, Ridley Scott con la sua Scott Free, elevano ancor più la portata qualitativa di Il fuoco della vendetta.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un’intensa storia di vendetta che sa costruire con maestria i personaggi.
  • Attori bravissimi e in parte.
  • Storia dall’ampio respiro che sa gestire bene la componente drammatica.
  • Forse la parte introduttiva è fin troppo dilatata.
  • Un po’ d’azione in più non avrebbe guastato.
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